Verificare immediatamente lo stato della falda acquifera e procedere alla bonifica dell’intera area
Pordenone – “L’Ue intervenga per evitare la contaminazione dalla sostanza tossica e radioattiva torio 232 della falda acquifera nell’area del poligono militare “Cellina-Meduna” in provincia di Pordenone”. Lo chiede l’eurodeputato PD Andrea Zanoni, membro della commissione ENVI Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento europeo, con un’interrogazione alla Commissione europea sui preoccupanti livelli di torio 232 registrati nell’area del poligono militare di Cordenons, San Quirino, Vivaro e San Giorgio della Richinvelda. “I dati dell’ARPA pubblicati a fine dicembre parlano chiaro. Bisogna evitare ogni rischio per l’ambiente e la salute dei cittadini”.
Sotto accusa il poligono militare nel comprensorio dei fiumi Cellina e Meduna dove Zanoni è stato in sopralluogo lo scorso aprile. Il dipartimento provinciale dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA) del Friuli-Venezia Giulia ha comunicato a fine dicembre l’esito delle analisi effettuate in proposito, dalle quali emerge l’allarmante presenza di torio 232 nell’area.
“Il torio 232 è un metallo radioattivo che emette particelle sei volte più pericolose per la salute umana rispetto a quelle rilasciate dall’uranio impoverito e che raggiunge il massimo della tossicità circa 20-25 anni dopo il suo utilizzo – scrive Zanoni a Bruxelles – Inoltre si rischia di devastare l’area dei “Magredi” tutelata quale Sito d’Interesse Comunitario (SIC) e Zona a Protezione Speciale (ZPS) ai sensi delle direttive Habitat 92/43/CEE e Uccelli 2009/147/CE in ragione della grande varietà della flora e della fauna presenti”. Zanoni continua: “Sono urgenti approfondite verifiche sulla falda acquifera, visto che si tratta di terreni molto permeabili e i veleni presenti possono essere facilmente veicolati nel sottosuolo e poi direttamente nella falda. È necessario caratterizzare tutta l’area del SIC con campionamenti sulla matrice del suolo, del sottosuolo, dell’acqua e dell’aria. Dopo la caratterizzazione, utile a determinare il fenomeno di inquinamento sotto il profilo dell’estensione, dell’intensità e della tipologia delle sostanze inquinanti, bisogna passare immediatamente alla fase della bonifica”.
“Ho chiesto pertanto alla Commissione europea sia una verifica su questo caso specifico che notizia di eventuali casi analoghi in altri Paesi Ue proprio per sapere come sono stati affrontati e bonificati”, conclude l’eurodeputato.
L’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA) del Friuli-Venezia Giulia ha comunicato i dati delle analisi effettuate a fine dicembre del 2013 al Comando della 132° Brigata Ariete di Cordenons, al Comando dell’Esercito, alla regione del Friuli – Venezia Giulia, alla provincia di Pordenone, alla prefettura di Pordenone, ai comuni succitati e infine all’ASS (Azienda per i Servizi Sanitari).
Nello specifico, in quattro degli otto bersagli (carcasse di carri armati utilizzati per l’addestramento a fuoco) analizzati dall’ARPA, è stata riscontrata una presenza di torio 232 notevolmente superiore al livello normalmente presente in natura, avente origine artificiale e presumibilmente collegata alle attività di addestramento militare. Si tratta probabilmente dell’eredità lasciata dalle esercitazioni svoltesi tra gli anni ottanta e novanta nel sito: tra il 1986 e il 2003, infatti, le compagnie dell’Esercito italiano avevano in dotazione missili anticarro spalleggiabili “Milan”, che emettevano torio 232 (Gli stessi utilizzati nel poligono interforze di Quirra in Sardegna, tristemente noto per gli effetti prodotti dalla contaminazione da torio 232).
Il Comando della 132° Brigata Corazzata Ariete di Pordenone, ente gestore dell’area demaniale “Poligono Cellina–Meduna”, a ridosso del Sito d’interesse Comunitario (SIC), aveva già effettuato monitoraggi ambientali rilevando limiti superiori alla soglia consentita di cadmio, antimonio, piombo, nichel, zinco, rame e vanadio in tre degli otto siti utilizzati dai militari per gli addestramenti. Le aree interessate dal campionamento sono state recintate con paletti di ferro e filo spinato per impedire l’accesso a uomini e animali, anche posizionando cartelli di divieto di accesso nel raggio di 300 metri. La zona sarà preclusa ad ulteriori attività di addestramento per evitare incrementi dei valori di soglia.
Il SIC del “Cellina-Meduna”, con vicino il SIC delle Risorgive del Vinchiaruzzo, sono gestiti dalla Regione Friuli Venezia Giulia e il presidente dell’associazione ambientalista Mauro Caldana chiede da tempo che si provveda quanto prima a emanare un regolamento che stabilisca le attività vietate e quelle consentite all’interno dell’area e nelle zone limitrofe. I due fiumi che scorrono in questa zona, il Cellina ed il Meduna, formano depositi ghiaiosi con una notevole biodiversità, rappresentata da molte specie faunistiche e vegetali iscritte a diverse liste di specie da salvaguardare.