Gli esperti: “Piccola Pompei alluvionale”
Concordia Sagittaria (Venezia) – Un imponente complesso monumentale funerario del III secolo d.C. in ottimo stato di conservazione è stato scoperto nel corso di una campagna di scavo a Concordia Sagittaria, fuori dalle antiche mura di quella che fu la colonia romana di Iulia Concordia.
Lo scavo archeologico, finanziato e coordinato dalla Regione del Veneto attraverso fondi comunitari, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, ha riportato alla luce l’intero complesso che comprendeva un podio in blocchi calcarei alto quasi due metri e lungo sei, con i resti di due eleganti sarcofagi sulla sommità, due sarcofagi in pietra poco distanti (il cui contenuto è stato ispezionato nel corso della ricerca), il basamento di un terzo, oltre a resti di una precedente necropoli databile alla fine del I secolo a.C.
Eccezionale è il rinvenimento di un frammento di iscrizione che sembra dare un volto al committente dell’imponente manufatto di oltre 1500 anni fa. È la prima volta dall’Ottocento che viene recuperato in situ un sepolcreto di queste dimensioni e in buono stato. Come accadde a Pompei, la sua conservazione si deve a una calamità naturale: nel V secolo d.C. più alluvioni ricopersero l’area con uno strato di sabbia e detriti, rendendola inaccessibile.
L’intervento è realizzato nell’ambito di “Shared Culture – Progetto strategico per la conoscenza e la fruibilità del patrimonio condiviso”, di cui la Regione del Veneto è partner, e finanziato attraverso il Programma europeo per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013.
Un imponente complesso monumentale funerario dell’inizio del III secolo d.C. in ottimo stato di conservazione è stato scoperto nel corso di una campagna archeologica a Concordia Sagittaria, lungo il tracciato dell’antica Via Annia, fuori dalle mura di quella che fu la colonia romana di Iulia Concordia. Lo scavo, effettuato tra dicembre dello scorso anno e gennaio, e da oggi fino a domenica 23 febbraio meta di visite guidate organizzate dalla Regione del Veneto, ha permesso di recuperare un monumento funebre caratterizzato da un podio in pietra d’Istria, alto complessivamente quasi 2 metri con base di 6,5 metri per 1,8 metri, su cui poggiavano due eleganti sarcofagi gemelli in marmo preconnesio decorato. Di uno si conserva per intero il coperchio fregiato con testa di Medusa su uno dei timpani.
Eccezionale è stato il ritrovamento di un’iscrizione che sembra attribuire un nome al committente del monumento funerario. Potrebbe essere un alto funzionario dell’imperatore romano in terra veneta, Titus Vettius, l’illustre personaggio che oltre 1500 anni fa ne ha ordinato la costruzione, fuori dalle mura dell’antica città.
È la prima volta dall’Ottocento che viene recuperato in situ un sepolcreto di queste dimensioni e in buono stato. La conservazione si deve, come accadde a Pompei, a una calamità naturale: nel V secolo d.C. più alluvioni ricopersero l’area con uno strato di sabbia e detriti alti fino a 90 centimetri, rendendola inaccessibile a predoni e protetta dalle condizioni atmosferiche.
Lo scavo archeologico, finanziato e condotto dalla Regione del Veneto attraverso i fondi comunitari nell’ambito di “Shared Culture – Progetto strategico per la conoscenza e la fruibilità del patrimonio condiviso”, sotto la direzione scientifica di Federica Rinaldi della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, e oggetto di una convenzione tra i due enti, ha riportato alla luce l’intero complesso, una sorta di necropoli familiare o clientelare, che comprendeva sicuramente altri quattro sarcofagi posizionati, probabilmente in un secondo momento, poco distante dal monumento funerario principale, di cui due rinvenuti praticamente integri nell’involucro. Uno di questi riporta l’iscrizione “Il padre Publio Firmiteius Redentor al figlio dolcissimo che visse diciotto anni”, struggente ricordo di un ragazzo morto prematuramente.
I reperti, alcuni di notevoli dimensioni tra cui il podio e i due sarcofagi superstiti (che a dicembre sono stati ispezionati nel contenuto), sono stati successivamente asportati dal sito originario per la fase di studio, la ricomposizione grafica della loro collocazione primitiva e il restauro. Il basamento del monumento principale fu infatti disgregato nel corso del V secolo d.C., dopo l’abbandono dell’area, per predarne le parti metalliche (grappe) che tenevano insieme i blocchi, tanto che all’apertura dello scavo i reperti si presentavano come un ammasso informe di pietre. La disposizione originaria del podio e dei sarcofagi, ricomposta in laboratorio, ricrea l’imponente “quinta” lineare del complesso monumentale costruito per essere ben visibile dalla strada principale dell’antica colonia, il cui tracciato originario corre a 14 metri a nord dal complesso funerario.
Lo scavo ha permesso inoltre di ricostruire la sequenza stratigrafica della necropoli occidentale concordiese. Sotto al monumento funerario sono stati individuati alcuni resti di murature funerarie della fine del I secolo a.C. L’area fu spianata tra II e III secolo d.C. per far posto al grande monumento funebre, successivamente ampliato con altri sarcofagi, i due superstiti furono riutilizzati nel IV secolo d.C. come ossari. Sempre in questo periodo, intorno al monumento furono deposte numerose altre sepolture in semplice fossa o in anfora: nell’indagine ne sono state scavate oltre cinquanta.
Secondo la ricostruzione della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, “si tratta di un rinvenimento eccezionale, sia per la monumentalità e le condizioni conservative del manufatto che per le nuove ed aggiornate informazioni fornite dall’indagine in merito alle necropoli della colonia romana, fino a ora note principalmente dagli scavi ottocenteschi”.
L’esistenza di un monumento funerario a ovest del centro urbano di Concordia Sagittaria fu scoperta casualmente nel corso di una campagna di scavo del 2009 per verificare l’antico tracciato della Via Annia, ma fino a oggi non se ne conoscevano le reali dimensioni e l’importanza. All’epoca furono rinvenuti una serie di blocchi e alcuni reperti, ma per mancanza di fondi l’indagine fu interrotta.