I Neet trentini sono il 15% contro il 26% del resto d’Italia e il 17% dell’Europa
Trento – I dati dell’abbandono scolastico “sorridono” al Trentino. Nel 2015, la percentuale di ragazzi che, tra i 18 e i 24 anni, hanno lasciato gli studi è stata dell’8,7% nella nostra provincia, contro il 14,7% dell’Italia e 11% della media europea. Ancora, i giovani (dai 15 ai 29 anni) che nel 2015 non hanno studiato e non hanno lavorato (in termine tecnico, “Needs”) sono stati il 15% in Trentino contro il 26% del resto d’Italia e il 17% dell’Europa. E’ un sorriso – però – di cui non bisogna fidarsi. I ragazzi che lasciano gli studi e, magari, non trovano lavoro rappresentano un fenomeno nei confronti del quale non è possibile abbassare la guardia perché quegli stessi ragazzi sono il futuro del Trentino. E’ questo il messaggio che arriva dal convegno “Accompagnare i ragazzi nella crescita e al successo formativo”, organizzato oggi presso lfp Sandro Pertini di Trento: un’occasione per discutere delle nuove frontiere del diritto all’istruzione, con la consapevolezza che il ragazzo in difficoltà non può considerarsi una criticità ma una risorsa per tutta la società trentina.
In apertura di convegno, Luciano Covi, direttore di Iprase, ha sottolineato l’importanza di concentrare l’attenzione sulle pratiche che mirano al recupero di situazioni problematiche: prevenire è meglio di curare.
Nel corso del convegno gli interventi hanno posto l’accento su quanto sia urgente oggi interrogarsi sul problema del disagio giovanile, fenomeno, come già evidenziato da molte ricerche, correlato alla complessità della società contemporanea, alle trasformazioni in campo educativo, alle dinamiche del mondo giovanile e ai processi di interazione tra scuola, famiglia e contesto socio-culturale. La concorrenza di tali fattori può incidere negativamente sulla qualità dei processi di insegnamento/apprendimento e, di conseguenza, sul raggiungimento del successo scolastico e formativo. Il fenomeno del disagio include dunque la problematica della dispersione scolastica, intesa sia come abbandono sia come percentuale di studenti con esiti scolastici negativi.
Livia Ferrario, dirigente del Dipartimento della conoscenza della Provincia autonoma di Trento, esponendo i dati relativi all’abbandono scolastico e alla percentuale di giovani che non studiano e non lavorano (Need) ha ricordato le politiche pubbliche in Trentino: “Il ragazzo è per noi un’opportunità che come tale va seguita e va aiutata a raggiungere il successo della formazione. In Trentino abbiamo lavorato per capire e contrastare il fenomeno dell’abbandono scolastico, investendo in tre direzioni: alternanza scuola lavoro, attenti a cogliere le esigenze in termini di richiesta di risorse umane da parte delle aziende; il trilinguismo e il diritto allo studio”. Secondo la dirigenza provinciale, le famiglie trentine sono generalmente attente al percorso scolastico dei propri figli: “Da tempo in Trentino le famiglie investono più nella formazione dei propri figli che nella casa”.
Sul percorso dei ragazzi all’interno del mondo della scuola si è soffermato Luciano Covi: “Oggi non è possibile assumere schemi univoci all’interno del fenomeno dell’abbandono scolastico. Ogni ragazzo segue un percorso a sé. Per questo motivo Iprase partirà nei prossimi mesi con una ricerca che, attraverso un’analisi empirica, cercherà di individuare le cause dell’abbandono, così da prevenire eventuali rinunce da parte dei ragazzi. Parallelamente partiranno una serie di attività di sviluppo professionale per attivare pratiche didattiche funzionali a coinvolgere i ragazzi, offrendo loro motivazioni per il prosieguo del percorso scolastico e formativo”.
Il seminario odierno ha voluto offrire un’occasione di confronto e condivisione delle riflessioni e delle esperienze maturate sia a livello nazionale che provinciale per contrastare i fenomeni della dispersione scolastica, in un’ottica non solo riparativa ma preventiva. “Ognuno di noi può pensarla come vuole anche non credere nelle efficacia di queste pratiche – ha ammonito Andrea Schelfi, dell’Ifp Pertini di Trento -ma, facendo un conto meramente economico, un ragazzo che abbandona la scuola costerà molto di più alla società rispetto al coetaneo che prosegue con successo gli studi”.