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Allarme per ghiacciai italiani, temperature più alte di 5 gradi

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Persi fino a 50 cm di ghiaccio in poco più di 7 giorni

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NordEst – Il caldo si fa sentire anche ad alta quota e a risentirne sono i nostri ghiacciai dove le temperature, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, sono più alte di 5 gradi superando i 15 gradi centigradi. Un dato allarmante se si considera che i ghiacciai fondono già a zero gradi dice Guglielmina Diolauti, glaciologa dell’Università di Milano.

Con queste temperature “le coperture nevose ad altissima quota si stanno riducendo tantissimo. La maggior parte dei ghiacciai alpini, tra i 2600 e i 3500 metri di quota, dunque, è più esposto alle radiazioni e quindi alla fusione”. Secondo quanto riferisce la ricercatrice “lo zero termico di questi giorni è costantemente superiore ai 4 gradi” e la fusione “è più accentuata del 30-40%”.

Basti pensare che “l’attuale copertura nevosa è quella che solitamente registriamo a metà agosto”. Insomma, “siamo con un mese di anticipo”. La settimana scorsa, “a circa 2800 metri di quota si sono fusi 40-50 cm di ghiaccio in poco più di 7 giorni”. Parliamo di “5 cm al giorno di spessore” e l’estate, ricorda la ricercatrice “dura circa 90 giorni”.

A preoccupare di più è la persistenza di queste temperature così alte: “mai così tanti giorni di seguito. Il ghiacciaio non ha tregua”, neanche di notte, come invece erroneamente si pensa. “Con le stazioni poste sui ghiacciai abbiamo visto che per tutto il periodo estivo la temperatura è sempre positiva anche di notte”. Questo vuol dire che il ghiaccio fonde h24.

A insidiare ulteriormente i 903 ghiacciai italiani è “il protrarsi della stagione di fusione che si estende anche settembre”. Inoltre, “i ghiacciai sono sempre più sporchi e questo attrae più luce, accelerando il processo di fusione”.

A rendere i ghiacciai meno candidi è il black carbon, ossia “detriti e cenere prodotta, ad esempio, dagli incendi o dalla combustione dei motori a diesel sprovvisti di filtro particolato”. Il fenomeno è stato osservato per la prima volta con immagini acquisite da un drone. Una tecnica che rappresenta un’enorme potenzialità per innovare gli studi glaciologici.

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