In Veneto potrebbero entrare in crisi oltre 5mila aziende artigiane sulle 11mila ancora attive
Mestre – La “maledizione” ILVA di Taranto si sta abbattendo non soltanto sulla collettività, ma sull’intera economia italiana, con gravi ripercussioni anche sui piccoli e medi imprenditori. “Con il caso dell’ILVA rischiamo un nuovo effetto negativo che potrebbe investire intere filiere produttive, trascinando nel baratro l’indotto e le comunità locali”. A lanciare l’allarme è il presidente di Confartigianato Imprese Veneto Giuseppe Sbalchiero, che spiega: “da questa vicenda, se non ci saranno interventi concreti e duraturi, anche la nostra regione potrebbe averne delle forti ripercussioni, in quanto la metà delle aziende metalmeccaniche venete si approvvigionano di acciaio proprio dall’ILVA”.
Ora gli stessi imprenditori potrebbero essere costretti a cercare il materiale sui mercati esteri, con inevitabili rincari dei costi, stimabili dal 10 al 20 per cento.
“Se la situazione critica dovesse perdurare, – prosegue Sbalchiero – in regione Veneto potrebbero entrare in crisi oltre 5mila aziende artigiane (delle 11mila ancora attive) e, di conseguenza, venir meno molti posti di lavoro. Non dimentichiamo poi che, proprio sul nostro territorio, a Verona, esiste uno stabilimento, le fonderie Galtarossa, di proprietà dell’ILVA che da lavoro ad oltre 400 persone”.
Confartigianato Imprese Veneto, attraverso il suo sistema confederale, si sta adoperando per richiamare tutti i soggetti in campo ad azioni concrete di responsabilità socio-economica, che evitino il fermo definitivo degli impianti. “Se da un lato è essenziale mantenere attiva la linea produttiva – conclude Sbalchiero – è altrettanto necessario però che vengano avviate al più presto quelle azioni di risanamento nel pieno rispetto delle regole di tutela ambientale e sanitaria, affinché si possano salvaguardare indotto e realtà produttiva, considerati, a livello internazionale, uno dei fiori all’occhiello dell’economia italiana”.
L’Ilva di Taranto non significa solo i 12mila addetti diretti impegnati nella fabbrica. Le sue potenziali dieci milioni di tonnellate di acciaio all’anno equivalgono ai due quinti della produzione totale italiana, sia dei prodotti lunghi sia dei prodotti piani. I soli prodotti piani (coils, nastri e lamiere) si attestano al 74% dell’offerta italiana. Al netto dell’acciaio importato dall’estero, l’Ilva soddisfa il 67% del consumo effettivo del nostro sistema industriale. Una quota enorme. Che pervade in ogni sua parte il Made in Italy. Il 25% della componentistica italiana destinata all’automotive è infatti realizzato con l’acciaio prodotto negli altiforni di Taranto. Lo stesso capita per il 16% dei casalinghi, per il 20% delle macchine e degli apparati meccanici, per l’8% della carpenteria pesante e per il 4% del bianco.