Resta uno dei tumori con la prognosi peggiore, con circa 13 mila nuovi casi l’anno
Verona – Resta uno dei tumori con la prognosi peggiore, con circa 13 mila nuovi casi l’anno per lo più in persone di 60-70 anni, anche se non mancano i pazienti di 40 anni. Contro il cancro del pancreas, però, la ricerca italiana ha messo a punto nuovi schemi terapeutici “con attività molto buone in termini di sopravvivenza mediana”, che fanno ben sperare. A spiegarlo è Davide Melisi, docente di Oncologia medica all’Università di Verona e oncologo medico dell’Istituto del pancreas di Verona, un’eccellenza italiana e internazionale “con oltre 1.500 pazienti seguiti ogni anno, di cui 400 operati, provenienti da tutta Italia e anche dall’estero”, precisa Claudio Bassi, ordinario di Chirurgia generale dell’ateneo e direttore dell’Unità operativa di chirurgia generale dell’Istituto, presso il Policlinico G.B. Rossi (Borgo Roma).
A delineare i progressi nella lotta a questa malattia non a caso sono un oncologo medico e un chirurgo: non sempre infatti contro questo tumore si può ricorrere al bisturi. “Ma oggi, grazie alle terapie, abbiamo reso alcuni pazienti operabili”, rileva Melisi, ‘cervello’ rientrato in Italia dopo esperienze di studio e lavoro che, da Napoli, lo hanno portato a fare ricerca a Huston. Per Bassi la forza dell’Istituto del pancreas sta proprio nell’abbinamento di didattica e ricerca alla clinica. Una vicinanza con i pazienti che ha portato già frutti importanti. “Negli ultimi anni abbiamo ottenuto due nuove linee di trattamento: il folfirinox, una combinazione di quattro farmaci audace che si sta dando buoni risultati, con tassi di risposta elevati, anche se si tratta di un campo di frontiera. Poi – dice l’oncologo – c’è la combinazione con nabpaclitaxel che si sta rivelando una nuova arma interessante”.
E gli studi vanno avanti. L’approccio dei ricercatori è quello di sfruttare i nuovi farmaci biotecnologici a bersaglio molecolare, “testati qui a Verona in studi di fase I, II e III”, ricorda Melisi. Questi trattamenti sono una speranza anche per chi è affetto da cancro al pancreas senza metastasi, ma che non può essere operato: “Abbiamo visto una riduzione della lesione e una conversione all’operabilità”, testimonia Melisi.
“All’Istituto – interviene Bassi – arrivano centinaia di chiamate per consulenze ogni anno, anche dall’estero, corredate di Tac e risonanze: ci chiedono se, secondo la nostra esperienza, alcuni pazienti sono operabili o meno. Oggi circa il 25-30% dei pazienti con tumore al pancreas è candidabile all’intervento. E ormai da questo punto di vista abbiamo un’ampia casistica”. L’Istituto del pancreas è stato costituito nel 2010 nell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona come primo centro interdisciplinare in Italia per le malattie del pancreas, “ma l’idea è più antica – racconta Bassi – raccoglie l’esperienza clinica e l’intensa ricerca sviluppate sulle malattie del pancreas per oltre 40 anni da varie équipe cliniche e da gruppi di ricercatori della Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Verona e dell’Aou”.
L’idea era quella di sfruttare al meglio la forza di una struttura sovradipartimentale, collegata con una banca di tessuti e laboratori attrezzati, per garantire forza lavoro, ma anche studio, ricerca, assistenza e didattica. “Solo così il paziente è davvero al centro e può essere sicuro di ricevere le cure migliori”, dice Bassi. Una scommessa che oggi appare vinta: nel centro altamente specializzato dedicato alle malattie del pancreas si integrano diagnosi, cura e ricerca. Grazie a un team multidisciplinare “con circa 100 teste e 200 mani, capace di produrre sinergie tra competenze chirurgiche, gastroenterologiche ed endoscopiche, oncologiche, anatomo-patologiche e radiologiche”, sintetizza Bassi.
E proprio pensando ai pazienti, gli specialisti sottolineano l’importanza della prevenzione contro questo tumore. “Quando si manifestano i sintomi spesso è tardi: attenzione dunque a fattori come obesità, fumo, diabete e familiarità. Solo controlli sistematici e ravvicinati consentono di individuare la malattia in una fase precoce. In particolare nei casi di familiarità”, spiegano. La diagnosi precoce è dunque fondamentale, “anche perché la chirurgia pancreatica è la più esposta a complicanze. Qui a Verona lavoriamo ogni giorno per studiare tecniche chirurgiche e trattamenti preoperatori in grado di ridurre al massimo i pericoli”, conclude Bassi.