Sono dunque "del tutto infondati – insiste Napolitano – i timori che possa determinarsi in Italia un prolungato periodo di inattività governativa e parlamentare, essendo comunque possibile in ogni momento adottare, se necessario, provvedimenti di urgenza".
In mattinata, consegnando i premi Vittorio de Sica 2011 al Quirinale, il capo dello Stato, non nascondendo le "ore difficili" che il Paese si trova a vivere, aveva fatto appello a una ‘rinnovata responsabilità e coesione nazionale". L’Italia – aveva scandito – deve "riguadagnare credibilità e fiducia come Paese" per uscire "da una stretta molto pericolosa sui titoli del nostro debito pubblico".
"Abbiamo bisogno di decisioni presto e via via nei prossimi anni che diano il senso di una rinnovata responsabilità e coesione nazionale. E’ il messaggio che abbiamo, non certo io solo, ma in molti, lanciato con le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Ed è lo sforzo che mi guiderà anche nell’arbitrare la crisi di governo che sta per aprirsi". Secondo il Presidente occorrono ora "scelte severe nell’uso delle risorse" e riforme, "spesso annunciate e sempre mancate" per uscire dalla crisi.
Il capo dello Stato ha sottolineato la necessità di un "impegno immediato e di lunga lena, da parte nostra, nella gestione della finanza pubblica e più in generale nella visione e nella guida dello sviluppo economico e sociale del Paese". Così come, oltre a "scelte severe" nell’utilizzo delle risorse, sono necessari "diversi e meditati ordini di priorità".
Occorrono "nuovi comportamenti anche nelle istituzioni e da parte delle forze politiche" per uscire dalla "condizione critica e allarmante" del Paese.
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Il timing della crisi
Il ‘foto-racconto’ del voto a Montecitorio
La notizia rimbalza sui siti internazionali (FOTO)
(Adnkronos) – Alla fine Silvio Berlusconi ha accettato di fare un passo indietro. Ma solo dopo l’approvazione della legge di stabilità e delle misure anticrisi inserite nella lettera inviata alla Ue. ‘Il governo non ha più quella maggioranza che noi credevamo di avere. E quindi, con realismo, dobbiamo prendere atto di questa situazione’, ha spiegato il premier, parlando al Tg5, dopola ‘sfiducia di fatto’ incassata alla Camera sul rendicontoe il successivo incontro al Quirinale con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
‘Dopo il voto sul rendiconto sono andato dal presidente della Repubblica – riferisce – dove ho esposto la mia visione e ho chiesto con una mia uscita in Parlamento all’opposizione di consentire il varo urgente delle misure inserite nella legge di stabilità’. ‘Dobbiamo dare ai mercati la dimostrazione che facciamo sul serio – aggiunge – . E la prima cosa da fare è approvare’ le misure anti crisi presentate alla Ue. ‘Dopo l’approvazione della legge di stabilità – afferma -, darò le dimissioni, in modo che il capo dello Stato possa aprire le consultazioni. Sul futuro non sta a me decidere ma spetta al capo dello Stato, ma io vedo solo la possibilità di nuove elezioni‘.
‘Mi sembra che sia logico, perché questo Parlamento oggi è paralizzato almeno alla Camera – continua -, mentre al Senato il centrodestra ha ancora una buona maggioranza’. La "maggioranza probabilmente è sempre esistente – precisa poi – se noi ponessimo la fiducia, ma non possiamo porre la fiducia su tutti i provvedimenti".
"Data la situazione di questo Parlamento – ribadisce -, prevedo, ma questo è qualcosa che attiene alla responsabilità del capo dello Stato, che non si possa andare alla formazione di nessun altro governo successivo al nostro, ma che invece si andrà a nuove elezioni. Non è assolutamente pensabile che in una democrazia possono assumere responsabilità di governo le forze che hanno perso le elezioni".
Vedendo esponenti del Pdl che non hanno votato a favore del governo, "direi che non ho provato soltanto sorpresa – dice il presidente del Consiglio -, ho provato molta tristezza, addirittura dolore in certi casi, perché tutte le persone che hanno ritenuto di lasciare la nostra parte politica erano persone a cui ero anche legato personalmente da anni, erano tutte persone che avevano partecipato all’inizio di Forza Italia, verso le quali io avevo un rapporto che non era soltanto un rapporto di collaborazione politica, ma era anche un rapporto umano di amicizia e di forte amicizia".
Il Quirinale, in una nota diffusa dopo l’incontro tra il premier e Napolitano, riferisce che ‘il presidente del Consiglio ha manifestato al capo dello Stato la sua consapevolezza delle implicazioni del risultato del voto odierno alla Camera’ e ‘ha nello stesso tempo espresso viva preoccupazione per l’urgente necessità di dare puntuali risposte alle attese dei partner europei‘.
‘Una volta compiuto tale adempimento – si legge nella nota -, il presidente del Consiglio rimetterà il suo mandato al capo dello Stato, che procederà alle consultazioni di rito dando la massima attenzione alle posizioni e proposte di ogni forza politica, di quelle della maggioranza risultata dalle elezioni del 2008 come di quelle di opposizione’.
Il rendiconto dello Stato è passato alla Camera con 308 sì, otto voti sotto la maggioranza assoluta, un astenuto e 321 non votanti. Il voto, se sotto il profilo ‘tecnico’ è un via libera, sotto quello politico può essere considerato una sconfitta, con otto voti in meno per il governo rispetto ai numeri che lo stesso premier era convinto di avere; otto ‘traditori’, come li ha definiti Berlusconi al termine dello scrutinio.
Il premier lo ha scritto su un foglio che gli era servito in precedenza per prendere qualche appunto: "308 -8 traditori". E poco sotto ha aggiunto "ribaltone", poi "voto". Ci sono anche le frasi "prenda atto" e "rassegni le dimissioni", probabilmente scritte mentre parlava il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che proprio quello chiedeva al presidente del Consiglio. Le ultime due parole scritte dal premier sul foglio sono "Pres Repubblica" e "una soluzione".
A conclusione della seduta, Berlusconi è rimasto seduto al suo posto a controllare i tabulati del voto di qualche minuto prima. Poi fermandosi a parlare con alcuni deputati Pdl avrebbe detto: ‘E’ chiaro ed evidente che c’è un problema di numeri, ora serve subito una riflessione per decidere sul da farsi‘. Prima di salire al Colle, il Cavaliere ha presieduto un vertice di maggioranza a palazzo Chigi per decidere sul da farsi.
Alla riunione a Palazzo Chigi ha partecipato anche il leader della Lega Umberto Bossi, che, prima del voto sul rendiconto, aveva riferito di aver chiesto al premier ‘un passo laterale’. E alla domanda se i leghisti spingessero per l’indicazione di Alfano come successore a Palazzo Chigi, aveva replicato: "Sennò chi mettiamo, il segretario del Pd?".
Dal tabulato che registra il voto elettronico emerge che dei 308 sì fanno parte i 25 deputati di Popolo e territorio, i 59 della Lega e i 209 del Pdl su 214 . Oltre ad Alfonso Papa, che è agli arresti domiciliari, non hanno partecipato al voto Roberto Antonione, Fabio Gava e Giustina Destro, mentre Gennaro Malgieri è arrivato in ritardo ma ha spiegato in Aula che comunque avrebbe votato sì. Unico astenuto Franco Stradella, sempre del Pdl. Le opposizioni erano in aula ma non hanno partecipato alla voto.
Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani , prendendo la parola in aula alla Camera, ha commentato: il voto di oggi "certifica che la maggioranza non c’è più".