La sentenza emessa venerdì mattina dal Tribunale di Arezzo
NordEst (Adnkronos) – Tutti assolti con formula piena perché il fatto non sussiste, meno l’imprenditore e finanziere trentino Alberto Rigotti che è stato condannato. E’ finito così davanti al tribunale di Arezzo il maxi processo per il crac di Banca Etruria, l’istituto di credito fallito dopo la messa in risoluzione con il decreto salvabanche del 22 novembre 2015. Il verdetto è stato pronunciato venerdì mattina dal presidente del collegio, il giudice Gianni Fruganti, con a latere i giudici Ada Grignani e Claudio Lara.
A Rigotti, ex consigliere di amministrazione della Bpel, è stata inflitta la pena 6 anni di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta: avrebbe “distratto e dissipato” i beni della banca deliberando prestiti milionari alla Abm Merchant spa, società di cui lo stesso Rigotti era consigliere, accumulando sofferenze per circa 15 milioni di euro.
L’ex membro del Cda di Bple è stato condannato anche al pagamento delle spese legali sostenute dalle oltre 2.000 parti civili e a rifondere loro i danni morali. Tra le parti civili ammesse, Lidia Di Marcantonio, vedova di Luigino D’Angelo, il risparmiatore di Civitavecchia che si tolse la vita il 28 novembre 2015 dopo aver affidato 110 mila euro in obbligazioni alla filiale locale della Bpel, e il Comune di Arezzo.
La Procura di Arezzo aveva chiesto la condanna per tutti e 24 gli imputati (uno nel frattempo è deceduto nella scorsa estate), tra ex componenti dei consigli di amministrazione (tra cui Lorenzo Rosi, ultimo presidente di Bpel, e il vice Giovanni Inghirami), ex revisori e dirigenti dell’istituto di credito, accusati, a vario titolo, dei reati di bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice, rispetto a circa 200 milioni di euro usciti senza ritorno dalla Bpel con il risultato di condurla verso il baratro. Nel corso della requisitoria i sostituti procuratori Julia Maggiore e Angela Masiello avevano chiesto pene che in totale assommavano a 64 anni di reclusione. Le pene richieste andavano da un massimo di 6 anni e 6 mesi (per Rigotti) a un minimo di un anno.
Le parti civili hanno già annunciato che presenteranno ricorso contro la sentenza di assoluzione, così come la Procura. “Con questa sentenza l’impianto accusatorio è completamente caduto. Aspettiamo di leggere le motivazioni ma è evidente che l’ipotesi di far ricorso in appello diventa plausibile. Del resto, questa sentenza si pone in contraddizione con quella precedente in seguito alle condanne comminate per bancarotta con il rito abbreviato”, ha detto il procuratore capo Roberto Rossi. Anche la difesa di Rigotti, l’avvocato Daniela Rossi, valuterà l’appello.