Zaia “Defiscalizzare le spese per autodifesa e creare un fondo per risarcire i danni. Se lo stato non riesce a difendere la gente, almeno paghi”
Venezia – “Tutte le spese sostenute da tutti i commercianti e da tutti i privati cittadini per difendersi dalla criminalità devono essere totalmente defiscalizzate, se non addirittura rimborsate. Se lo Stato non è in grado di difendere gli italiani e i veneti, almeno paghi i danni e i costi che la gente deve subire a causa della sua incapacità”.
Lo chiede “con forza” il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, anche alla luce della presentazione di un’indagine Confcommercio-Gfk Eurisko, dalla quale è emerso tra l’altro che l’83% dei negozianti veneti “spende” per proteggersi.
“Siamo di fronte – incalza Zaia – a una categoria che conta oltre 16 mila piccole imprese commerciali, dei servizi, della ristorazione. L’83% di loro spende in autodifesa e se a questi aggiungiamo le centinaia di migliaia di famiglie che hanno fatto la stessa cosa per la propria casa, siamo di fronte a spese di centinaia di milioni di euro, che vanno considerati veri e propri ‘danni’ subiti a causa dello Stato”.
“La defiscalizzazione totale di tali spese è un vero e proprio risarcimento – aggiunge il governatore – che non è più rinviabile. Ed è il minimo, perché, facendo un po’ di autocritica, lo Stato dovrebbe pensare anche a un fondo di risarcimento nazionale, tipo quello esistente per i sinistri stradali nei quali chi causa il danno non è assicurato”.
“Comprendo e condivido le considerazioni e le preoccupazioni della Confcommercio – dice Zaia – e allargo il focus a tutti i veneti che hanno paura e spendono per difendere i loro beni e le loro case. Sono disponibile a sostenere ogni iniziativa sia possibile per portare la questione all’attenzione del Parlamento che, volendo, potrebbe fare presto e bene”.
“Come Regione – conclude Zaia – non abbiamo praticamente nessuna competenza diretta e ciò che potevamo l’abbiamo fatto, erogando 64 milioni di contributi per la sicurezza in un decennio, compreso il 2015, mentre lo Stato non versa un euro di tasca sua dal 2004. Così non può andare avanti”.