In quel contesto egli entrò in contatto con un gruppo eterogeneo di artisti nati a cavallo tra gli anni venti e trenta, intenti, da una parte, a riformulare le tematiche di una figurazione che sanciva definitivamente la distanza dal post-impressionismo lagunare, dall’altra, a penetrare nei più impervi campi dell’astrattismo. Ad accogliere questa generazione di artisti, che spesso giungevano a Venezia da luoghi geograficamente periferici e da ambiti culturali disomogenei, a formarli e renderli partecipi del rinnovamento in atto, spronandoli a partecipare a mostre e a concorsi, contribuì il magistero di Virgilio Guidi e Bruno Saetti.
Quest’ultimo con particolare dedizione all’ambito formativo accademico, Guidi con una vicinanza più sociale e di rilievo intellettuale. Ad essi, che in sostanza definirono, circostanziandola, la mappa artistica veneziana in due differenti “scuole”, si aggiunse una terza figura carismatica, quella di Felice Carena, che sebbene appartata,
costituiva per alcuni un riferimento imprescindibile nella Venezia del dopoguerra.
La mostra, intitolata “Davide Orler, gli anni di Palazzo Carminati e i maestri Carena, Guidi e Saetti”, è articolata in tre sezioni: nella prima viene dato ampio spazio al percorso pittorico “veneziano” dell’artista trentino; nella seconda vengono proposte alcune opere di artisti che usufruirono tra la seconda metà degli anni cinquanta e la prima metà degli anni sessanta degli studi di Palazzo Carminati della Fondazione Bevilacqua. Sono quindi presenti a catalogo le opere di Rampin, Finzi, Borsato, Barbaro, Magnolato, Schweizer, Lucatello, Paolucci, Boldrini, Domestici, Romagna, Boscolo Natta, Pagnacco e Zotti.
Nella terza sezione, infine, viene dato spazio alle opere dei maestri Carena, Guidi e Saetti, alcune di esse di notevole importanza, i quali costituirono inevitabilmente un esempio per coloro che a Venezia, in quei due decenni, cominciavano ad affermarsi nel mondo dell’arte.