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Diffondevano virus online per poi chiedere riscatto, 7 denunciati

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Operazione della Polizia di Trieste, contro il riciclaggio e le estorsioni on line mediante la diffusione del virus “Cryptolocker”

hacker

 

Trieste – Denunciate sette persone per i reati di accesso abusivo informatico, estorsione e riciclaggio degli illeciti proventi realizzati. Questo il risultato di una operazione della Polizia di Trieste, contro il riciclaggio e le estorsioni on line mediante la diffusione del virus “Cryptolocker”. Numerose le perquisizioni che hanno portato al sequestro di computer, hard disk, tablet, pen drive usb, smartphone, carte di credito e documentazione ritenuta utile per il proseguimento delle indagini.

Il cryptolocker è un virus trasmesso via email apparentemente proveniente ad esempio da corrieri per le spedizioni o agenzie governative nazionali, contenenti link o allegati che una volta aperti criptano il contenuto delle memorie dei computer, anche collegati in rete. Gli utenti, per riaprire i file, erano costretti a pagare un riscatto in bitcoin a fronte del quale veniva loro inviato via email un programma per la decriptazione.

L’attività criminale si era diffusa già da diversi mesi ed aveva fatto diverse vittime, anche “eccellenti”. Nella trappola sono caduti in tutta Italia oltre che tantissimi privati e aziende anche diversi sedi governative, come Tribunali, Uffici comunali e anche alcune strutture delle diverse Forze dell’Ordine.

Individuata dalla polizia una persona in provincia di Padova riconducibile a un vero e proprio sodalizio i cui appartenenti si presentavano come semplici intermediari di coinbit che non solo si dichiaravano estranei alla diffusione del virus ma anzi sui propri siti invitavano le malcapitate vittime a non pagare alcun riscatto in caso di attacco bensì a sporgere denuncia presso la Polizia Postale.

In realtà erano perfettamente al corrente della natura illecita dei proventi incamerati poiché la Polizia Postale trovava le tracce non solo delle transazioni effettuate a seguito del pagamento dei riscatti ma addirittura recuperava centinaia di messaggi che gli indagati si inviavano via smartphone.

In questi messaggi si scambiavano consigli sulla diffusione del cryptolocker, sul riciclaggio del denaro, su come comportarsi davanti alle forze di polizia in caso di perquisizione o di assunzione di sommarie informazioni, indicazioni su nomine di avvocati di fiducia e altro.

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