La tornata di lavori in Consiglio provinciale prosegue mercoledì
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Trento – E’ proseguita martedì nel pomeriggio la discussione in aula del disegno di legge 47 proposto dalla Giunta per riformare le Comunità di valle. Sono intervenuti solo consiglieri di minoranza che, pur senza toni ostruzionistici, hanno duramente criticato la mancata abolizione di questi enti.
Nella discussione del pomeriggio in aula il primo ad intervenire è stato Massimo Fasanelli del Gruppo misto. “Fa piacere – ha esordito – che la maggioranza si sia finalmente resa conto che la legge sulle comunità di valle così com’era non poteva funzionare e abbia dato ragione alla minoranza da cui una revisione era già stata proposta invano”. Secondo Fasanelli i 5000 abitanti sono troppi per una gestione associata. Le critiche del consigliere si sono concentrate sulla previsione che i Comuni nominino i componenti delle Comunità con un’altra elezione. Ad entrare nelle Comunità dovrebbero invece essere i sindaci più un rappresentante della minoranza di ogni Comune. E il presidente di ogni Comunità dovrà essere un sindaco. Fasanelli propone anche il voto ponderato di valore doppio per i sindaci e singolo per i consiglieri. Infine per Fasanelli anche Rovereto dovrebbe far parte della Comunità della Vallagarina. Gestioni associate: con un emendamento Fasanelli propone che quando i Comuni non trovano un accordo dal punto di vista economico intervenga la Provincia.
Walter Viola di Progetto Trentino ha evidenziato il fallimento della prima legge provinciale di riforma istituzionale, la 3 del 2006, che non è stata affatto a costo zero come aveva preannunciato la maggioranza di allora, e nemmeno ha ridotto i costi e migliorato la qualità dei servizi. Anzi. Quella legge oggi a suo avviso non può essere difesa dalla Giunta, ma radicalmente cambiata. Altrimenti si finisce per non cambiare nulla. “Se chiedessimo ai trentini cosa pensano della legge istitutiva delle Comunità di valle – ha osservato – difficilmente i più ne parlerebbero bene”. Il fallimento di quella legge ha riguardato anche l’autonomia dei territori. Viola ha tuttavia riconosciuto all’assessore Daldoss di aver compiuto in Commissione uno sforzo importante recependo nel disegno di legge della Giunta alcuni obiettivi della proposta da lui firmata. A suo avviso “sull’elettorato passivo, si tratta di capire che le Comunità come soggetti terzi hanno valenza politica o no. Se si elimina il suffragio universale e si lascia l’elettorato passivo, allora alla fine non cambia nulla anche se cambiare si deve. Occorre quindi chiarire – ha ribadito – se le comunità sono consorzi per l’erogazione di servizi o se invece hanno un altro ruolo”. Viola ha infine ricordato che nelle località turistiche l’elemento demografico ha un’importanza relativa perché nelle stagioni più frequentate dagli ospiti i servizi vanno erogati anche a loro. Dunque nel ddl della Giunta occorre ricalibrare i servizi in funzione dell’effettiva concentrazione demografica, che non è solo data dai residenti. “Questa non è certo una riforma straordinaria – ha concluso Viola – ma è necessario che almeno sia la meno peggio possibile”.
Filippo Degasperi del M5s ha detto che oggi il problema è rimediare alla riforma istituzionale del 2006, allora condivisa dalla stragrande maggioranza dell’aula (8 voti contrari e 5 di astensione). “Ma dubito – ha aggiunto – che ci si riuscirà con le Comunità considerate necessarie dalla Giunta, dal momento che questi enti sono anticostituzionali”. Le Comunità infatti non sono previste né dalla Costituzione, né dallo Statuto di autonomia né dalle sentenze della Corte Costituzionale, che le ha censurate in particolare per l’elezione diretta e la sottrazione di poteri ai Comuni, titolari naturali delle funzioni amministrative a livello locali. “Le funzioni sovracomunali, per Degasperi, potrebbero essere affidate alla Provincia”. E prima di prevedere l’obbligo per i Comuni di gestire determinate funzioni in forma associata, bisognerebbero che la Giunta valutasse se ciò sarebbe davvero conveniente. Il consigliere ha criticato poi il Capo V della proposta di riforma, dedicato alla partecipazione, che secondo i 5 stelle “è demagogico” perché si limita a parlare di percorsi di discussione organizzati, senza prevedere nulla di rivoluzionario. Se non si discute di poteri effettivi e di risorse, l’elettorato si disinteressa. Degasperi ha contestato in particolare il quorum del 10 per cento previsto per la raccolta firme dei residenti in un territorio, che escluderebbe la possibilità di garantire percorsi di partecipazione, sia la facoltà della Giunta di concedere o meno risorse a questo scopo. “Questa riforma – ha concluso – spero sia un punto di partenza e non di arrivo e che l’obiettivo Comune sia quello del superamento delle Comunità di valle”, che per il M5s sono fonte di sprechi di risorse pubbliche e di clientelismo, promuovendo l’autogoverno dei cittadini a partire dalle realtà comunali.
Rodolfo Borga (Civica), già intervenuto questa mattina, ha osservato che questa riforma non dovrebbe mettere una toppa alla legge precedente ma prendere atto del fallimento di quest’ultima eliminando le comunità di valle. “Questo ddl – ha proseguito – è frutto di una mediazione al ribasso, è una piccola riforma con cui si ricadrà nei medesimi errori del 2006, ma con meno scusanti rispetto ad allora. La Giunta non avuto il coraggio di compiere questo passo”. In questo periodo di crisi il governo Renzi ha deciso con la legge di stabilità abbozzata dal governo che tra i principali responsabili vi sono sono le autonomie locali. Si pensa che tagliando le risorse agli enti locali la situazione finanziaria dello Stato migliorerà. Secondo Borga la Giunta provinciale sta adottando lo stesso approccio con questo ddl legge, individuando nei Comuni e nei Sindaci il principale responsabile della crisi. Soppresso qualche Comune, si pensa, avremmo sicuramente un Trentino più snello ed efficiente. Borga è andato poi ad indicare in quali punti il testo dell’esecutivo mostra questa convinzione. A suo avviso anche le Comunità usciranno indebolite dall’approvazione di questo ddl della Giunta, perché per svolgere i compiti ad essi affidati, stando alle norme proposte questi enti potranno avvalersi di altre istituzioni, compresa la Provincia. “Chi farà tutto, quindi, saranno i funzionari provinciali, mentre alle Comunità resterà solo un ruolo di facciata. E la Provincia risulterà alla fine ancor più forte di adesso, perché interverrà ovunque”. Borga ha concluso sottolineando come il vero obiettivo della maggioranza, ammesso dall’assessore Daldoss, è la drastica riduzione del numero dei Comuni, per cui ne dovranno rimanere solo 100. La questione si giocherà sull’articolo 13 bis con il superemendamento del ddl regionale 17. Borga ha ricordato di essere da sempre favorevole alle fusioni, ma lasciando ai Comuni assoluta libertà sul come arrivarci. “Ma se i Comuni vi danno così fastidio – ha osservato – abrogateli per legge, punto e basta”. Borga ha concluso invitando tutti a ragionare sul fatto che di fronte alla crisi occorre sì una riforma, ma cercando di non gettare anche il bambino con l’acqua sporca, perché fino a 5 anni i Comuni erano considerati un’eccellenza del Trentino. Non sempre più affrettate e le scorciatoie sono le più adeguate.
Marino Simoni (Progetto Trentino) ha ricordato il proprio voto di astensione in Commissione, essendosi riservato allora valutazioni più approfondite per l’aula. “Non sono così convinto – ha aggiunto – che questo tema interessi molti al di là degli addetti ai lavori”. A proposito dell’intervento dell’assessore di questa mattina, Simoni ha detto di aver condiviso alcuni passaggi. A suo avviso nel corso degli ultimi decenni, dalla riforma di Kessler ad oggi la coscienza della realtà dell’autonomia è cresciuta dentro le amministrazioni locali. “Ma questa proposta di riforma, mentre enuclea alcuni aspetti e se ne prende carico, poi li lascia monchi”. Anche per Simoni come per Borga “non possiamo incrociare questo percorso di riforma con la legge da discutere in Consiglio regionale. Dobbiamo trovare i meccanismi per far sì che i Comuni rispondano davvero ai cittadini in termini di servizi, dai trasporti alla scuola, agli interventi socio-assistenziali”. Occorre però per Simoni “mantenere i municipi come momento di identità”. Questo perché “abbiamo molte energie inespresse e da valorizzare sul territorio, ma d’altra parte questo non potrà avvenire senza assegnare ai Comuni risorse adeguate”. Si tratta di far sì che queste risorse siano affidate alla responsabilità delle amministrazioni per la gestione dei loro territori.
Claudio Civettini (Lega) ha chiesto per quale ragione la riforma del 2006 era stata preannunciata a costo zero salvo poi spendere dieci milioni di euro solo per dare una sede alle Comunità di valle. Altro interrogativo: “che cosa hanno fatto questi enti fino ad oggi?” La preoccupazione che occorre avere a questo punto, per Civettini, è come organizzare una gestione migliore del territorio. Il consigliere ha ricordato che le minoranza avrebbero la possibilità di fare ostruzionismo su questa legge per impedirne l’approvazione, “ma – ha aggiunto – non è questo che vogliamo”. Costringere i Comuni ad unirsi forzosamente potrebbe rivelarsi un sogno destinato a costare molto caro al Trentino. Servirebbe invece a suo avviso una riforma delle istituzioni evitando diktat di qualunque tipo. Il metodo è allora una discussione aperta da parte della Giunta in Consiglio provinciale, e non nelle sacrestie della maggioranza. I sindaci secondo Civettini vanno pagati perché possano esercitare bene questo ruolo e rispondano delle loro azioni di fronte ai cittadini.
L’apertura dei lavori
Con 22 favorevoli e 10 astenuti si è decisa la ratifica di una recente delibera della Giunta provinciale, che dispone la rinuncia parziale al ricorso pendente davanti alla Corte costituzionale contro una norma di legge statale del 2012, che recava misure lesive dell’autonomia provinciale. Questa decisione è stata approvata in I Commissione con due sole astensioni, mentre nei giorni scorsi anche i Capigruppo hanno vagliato la questione e redatto alcune osservazioni.
Sul punto non si è registrato alcun intervento a parte quello introduttivo dell’assessore Mauro Gilmozzi. Nel merito, il ricorso alla Consulta viene ritirato alla luce di una sentenza della stessa corte, che fa ritenere perdente insistere nella controversia. Quest’ultima riguardava la razionalizzazione della rete dei distributori di carburante: la norma statale ha comportato la chiusura di alcune stazioni anche in Trentino (Ravina, Cles, Riva del Garda, Cirè di Pergine), perché posizionate in punti ritenuti pericolosi per la viabilità.
Con 19 sì, 10 schede bianche e 3 nulle, il Consiglio, votando a scrutinio segreto e su indicazione delle minoranze, ha poi indicato Vanessa Cattoi per la nomina nel cda della Fondazione Bruno Kessler.