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Ebola: vertice sanità veneta, situazione sotto controllo. Prevenzione al massimo, dispositivi di sicurezza disponibili

In arrivo 5 camere d’isolamento mobili. Coletto, “no allarmismo ma anche nessuna sottovalutazione”

Venezia – La sanità veneta è preparata e adeguatamente organizzata per affrontare l’eventuale comparsa di un caso di Ebola e, pur se l’eventualità è considerata abbastanza remota dalla comunità scientifica, nemmeno un possibilità infinitesimale viene trascurata. E’ questo l’obiettivo con il quale oggi, all’Ospedale Fracastoro di San Bonifacio (Verona) dirigenti, medici, infermieri ed esperti del sistema salute del Veneto, si sono ritrovati, su iniziativa della Regione, per definire azioni, protocolli operativi e informativi, necessità alle quali ancora serve dare risposta. Con l’Assessore regionale alla Sanità Luca Coletto, il Direttore Generale dell’Ulss 20 di Verona Giusi Bonavina a fare da padrone di casa, e la Responsabile del Settore Sanità Pubblica della Regione Francesca Russo, c’erano non meno di 250 addetti ai lavori: Direttori Generali delle Ullss, Direttori Sanitari, Direttori dei Dipartimenti di Prevenzione, rappresentanti degli infermieri e dei medici di medicina generale, primari dei reparti di malattie infettive e dei Pronto Soccorso con il responsabile regionale del Suem 118 Paolo Rosi, esperti di virologia, epidemiologi, infettivologi, laboratoristi, ed Ernestina Repetto, di Medici Senza Frontiere, che ha raccontato l’esperienza fatta sul campo dalla sua organizzazione, presente in tutti i Paesi africani colpiti.

“Siamo pronti ad ogni eventualità con uomini, mezzi e organizzazione – ha detto Coletto nella conferenza stampa seguita al vertice – e vogliamo avvicinarci il più possibile al livello di prevenzione 100 e a quello di rischio zero. L’organizzazione è capillare e parte dal territorio fino ad arrivare ai reparti e alle strutture di massimo livello. Bisogna anche sgomberare il campo da una convinzione sbagliata, innescata anche dall’effetto mediatico mondiale che sta avendo questa vicenda: non siamo di fronte né ad un’epidemia, né tanto meno a una pandemia, ma a una situazione in evoluzione rispetto alla quale ogni sistema sanitario serio, e quello del Veneto lo è, ha l’obbligo di attivarsi senza allarmismi ma anche senza sottovalutazioni che potrebbero costare care”.
L’organizzazione delineata oggi, in parte già attiva dopo l’emanazione dello specifico Protocollo Regionale dell’1 settembre scorso, troverà totale attuazione in pochi giorni, appena dopo che la Regione invierà un aggiornamento approfondito, una sorta di Protocollo “parte seconda”, a tutte le Ullss e Aziende Ospedaliere.
E’ già stato firmato un decreto dirigenziale che dispone l’attivazione di un numero verde al quale la gente potrà rivolgersi per avere informazioni e chiarimenti; le dotazioni di sicurezza per gli operatori sono già disponibili su standard internazionali, è già partita la formazione specifica del personale per evitare errori operativi come quelli accaduti in America e Spagna; è già stata indetta la gara per l’acquisto inizialmente di 5 camere di isolamento mobili da apporre su barelle o letti per il trasferimento dei pazienti in totale sicurezza per una spesa di circa 50 mila euro, senza escluderne altre qualora ne emergesse la necessità; in ogni Ullss è già attivo un Comitato di Gestione delle Emergenze in Sanità Pubblica (CESP) e un Gruppo Operativo a Risposta Rapida (GORR), quest’ultimo operativo anche a livello regionale. Pronta anche la procedura per l’eventuale trasferimento di un malato nei due centri di riferimento nazionali (lo Spallanzani di Roma e il Sacco di Milano), mentre è già stata richiesta, ed è attesa a breve, l’autorizzazione come centro di riferimento per le analisi del Laboratorio di Microbiologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova.
Le procedure di sicurezza sono state ben definite sin dal livello territoriale: qualora un medico di medicina generale rilevasse in un suo paziente sintomi sospetti dovrà chiamare il 118, che invierà un’ambulanza attrezzata con personale specializzato; nei pronto soccorso, nella fase di triage, gli operatori dovranno porre la massima attenzione alla sintomatologia dei pazienti e alla loro provenienza (i Paesi realmente a rischio sono considerati dagli esperti la Sierra Leone, la Liberia, la Guinea Conacrì, da non confondere con la Guinea Bissau dove invece non c’è alcun problema), se del caso, chiamare immediatamente un infettivologo e, tenendosi a distanza di sicurezza (mino un metro, meglio 2), collocare il paziente in una camera isolata già operativa in ogni Pronto Soccorso. Sarà poi l’infettivologo ad effettuare una prima diagnosi e a decidere i percorsi successivi che, in caso di positività, porterebbero al trasporto e al ricovero allo Spallanzani o al Sacco. In nessun caso un malato con sintomi dubbi, che sia raccolto da un’ambulanza o che telefoni per chiedere aiuto, sarà fatto passare in aree frequentate da persone, come le sale d’attesa.
Situazione sotto controllo anche sul fronte degli immigrati che giungono dall’operazione Mare Nostrum: “Benissimo ha fatto il Presidente Zaia – ha detto Coletto – a far attivare il protocollo specifico per la prevenzione, profilassi e cura: grazie a questo pressoché tutte le persone ora presenti in Veneto sono state sottoposte a screening e ne conosciamo lo stato di salute. Chi aveva dei problemi è stato sottoposto alle cure del caso, perché curare è un dovere verso ogni essere umano ed è anche un efficace modalità di prevenzione per evitare il diffondersi della malattia”.

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