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Fine pena lontano? Per il detenuto niente sesso con la moglie, lo dice la Cassazione

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Padova, permesso negato al detenuto condannato a 24 anni

carcere

Padova – Niente permesso allo scopo di fare sesso con la moglie per un detenuto condannato a 24 anni, 5 mesi e 25 giorni di reclusione per gravi reati. La Cassazione ha così respinto il ricorso di D.C. che, dopo essersi sposato nel corso della detenzione con la compagna dalla quale aveva avuto due figli, chiedeva il ‘permesso-necessità’ di andare in una casa di accoglienza di Padova dove incontrare e fare sesso con la compagna. Permesso negato da piazza Cavour che ha ricordato che “l’esercizio dell’affettività, inteso come espressione della sessualità, non rientra nella previsione di cui all’art. 30, comma secondo dell’ordinamento penitenziario quale evento famigliare di particolare gravità”.

Nel dettaglio, la Prima sezione penale, giurisprudenza della Corte Cedu alla mano, ha ricordato che “qualsiasi detenzione regolare per sua stessa natura comporta una restrizione della vita privata e famigliare dell’interessato e che tali restrizioni sono legittime se non abbiano ecceduto quanto è necessario della medesima Convenzione, alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, in una società democratica”.

Nel caso in questione, ha annotato ancora la Suprema Corte, “considerata la gravità dei reati per cui la condanna è in espiazione, il lontano fine pena (2034) e la non remota decorrenza di essa (dal 18 settembre 2010) le limitazioni subite dal ricorrente nella sua vita privata e famigliare risultano del tutto proporzionate agli scopi legittimamente perseguiti attraverso l’esecuzione della pena senza che lo Stato abbia oltrepassato il margine di apprezzamento di cui gode in materia”. Convalidata in questo modo l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Venezia.

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