Una montagna di soldi pubblici (si parla di solo il 5% di contribuzione privata locale) che serviranno a compiere quel disegno di collegamento tra le aree sciabili che decenni di divergenze intestine, conflitti d’interesse esacerbati e manifesta incapacità decisionale hanno relegato entro faldoni di carta e desideri repressi.
Ora sembra che ci siamo davvero, ma ci vuole molta fantasia per “dare numeri” così ottimistici: tutto pronto nel 2014, incremento minimo del 20% dei passaggi su tutti gli impianti di risalita, aumento di assunzioni in tutti i settori economici locali, stabilizzazione dei bilanci delle società esercenti fin qui in perdita, fine della concorrenza delle località sciistiche vicine, automatica valorizzazione immobiliare, maggiore utilizzo delle seconde case, nuova attrattività del Parco Naturale grazie al carosello infrastrutturale… bacini ed inchini alla Comunità di Valle che ha finalmente trovato il bandolo della matassa!
Avendo vissuto in prima linea gli ultimi tre lustri di questa saga, avendo difeso con lacrime e sangue la riserva integrale dei Laghetti di Colbricón da un progetto stupidamente invasivo, avendo salutato con sollievo la “pax provinciale” che ha fatto rimangiare proprio ai vertici della Comunità di Primiero e compagnia cantante i propri avventati protocolli… oggi, davanti al significativo ridimensionamento della ricchezza della nostra porzione di mondo, di fronte ad una politica di austerità che sta togliendo molte certezze alla classe media (compresa quella di potersi più permettere una vacanza in montagna), dinanzi alla stretta creditizia sulle imprese, il dubbio che forse stiamo sbagliando tutto si insinua come un tarlo nella nostra coscienza.
Cerchio sembra scommettere che tra un paio d’anni tutto sarà come prima, meglio di prima: basterà ingrandire il sistema perché il fenomeno turistico si espanda, come un gas, fino a riempire il nuovo spazio creato, a ricreare fiducia, a remunerare solidamente gli investimenti fatti.
Qualche uccello del malaugurio ci avvisa invece che questa operazione sarà la “botta finale”… le élites economiche e politiche locali non vogliono prendere atto delle tendenze in corso e, nel tentativo di salvare se stesse (il proprio orgoglio o le proprie fidejussioni), trascineranno tutti nel baratro.
Anche noi vogliamo credere che il nostro futuro dipenderà molto dal modo in cui lo progettiamo, nella costanza e nell’impegno che metteremo nella realizzazione di un disegno territoriale. Ma se chiudiamo per un attimo gli occhi e proviamo a rimuovere il complicato passato ci sembra di scorgere priorità diverse e forse alternative al sogno d’alta quota tra San Martino e Passo Rolle.
La mobilità alternativa servirebbe invero nel fondovalle, e tra il fondovalle e San Martino di Castrozza… perché ci siamo incaponiti a prendere il toro per la coda, anziché per le corna?
Abbiamo ancora cinque società esercenti impianti a fune in un comprensorio relativamente piccolo ed orograficamente complesso. Cosa diavolo stiamo aspettando ad unire le forze? Con una società unica affidata a responsabilità imprenditoriali collettive, con la coincidenza degli interessi, non sarà più così importante da dove parte o dove passa uno sciatore…
L’assetto urbanistico/paesaggistico di San Martino e Passo Rolle lasciano molto a desiderare… meno male che ci sono le Pale e si può alzare lo sguardo. Basterà il collegamento ad attivare una spinta virtuosa alla rimozione del brutto e del trasandato? A riattivare i servizi abbandonati? Ci saranno mai i denari per mettere la torta sotto la ciliegina?
La nuova politica dell’Azienda per il Turismo, celebrando l’egocentrismo più che la centralità strategica di San Martino di Castrozza, finirà per disgregare l’ambito turistico complessivo. Dove si è persa la proclamata comunione d’intenti?
Nel fondovalle la speculazione immobiliare non conosce tregua, adesso ci si è messa anche la Cooperazione. A quando un rinsavimento generale?
Il bosco ci entra in casa… rimarranno risorse per la manutenzione del paesaggio?
Il lavoro cambia e spesso finisce… cosa stiamo facendo per orientarlo e riconvertirlo?
Troppi livelli istituzionali cozzano tra loro, troppa dispersione amministrativa rende irrealizzabili progetti d’insieme. Saremo capaci da soli o ancora una volta ci faremo costringere da altri a fare una scelta razionale?
Qui c’è ancora un sacco da fare, ed il Piano Territoriale della Comunità, attraverso la partecipazione e la concertazione, sta cercando di mettere ordine nelle tante idee e dare risposte a queste ed altre domande. È da una visione complessiva del territorio, delle sue risorse umane e naturali, dei suoi limiti fisici e culturali, che forse
Primiero potrà recuperare slancio vitale.
Il trenino di per sé non ti mette le aali: forse è meglio restare con i piedi per terra".
Daniele Gubert