NordEst

In Veneto poche autostrade e sempre più care

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L’intervento di Giuseppe Bortolussi della CGIA di Mestre riguardo alla viabilità veneta

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Mestre (Venezia) – Rispetto all’indice di competitività delle infrastrutture realizzato dalla Commissione Europea, il Veneto occupa l’80° posto su un totale di 262 regioni. E’ vero, rispetto all’ultima rilevazione tenutasi nel 2010, la nostra Regione ha recuperato ben 37 posizioni, ma si colloca comunque alle spalle della Lombardia (44° posto), del Piemonte (70° posto) e dell’Emilia Romagna (76° posto).

La situazione migliora quando analizziamo la dotazione autostradale. Ad esclusione del Piemonte, il Veneto recupera rispetto a tutte le altre regioni del Nord Italia, anche se continuiamo a scontare un divario molto preoccupante con le realtà più industrializzate d’Europa. Su tutte spicca l’olandese Zuid-Holland, ma anche la Catalogna e le tedesche Stuttgart (area del Baden-Wurttemberg) e Oberbayern (Alta Baviera) presentano una dotazione non paragonabile alla nostra.

Il quadro generale cambia completamente segno quando osserviamo la performance della rete non autostradale. Con 524 chilometri ogni mille chilometri quadrati, il Veneto supera in classifica la regione spagnola ed entrambe le tedesche, con una diffusione della rete non autostradale addirittura superiore a quella lombarda. Se dalla fine della guerra fino agli anni ’90 lo Stato centrale ha privilegiato la realizzazione delle grandi opere viarie del Nordovest, in questi ultimi 60 anni i nostri amministratori locali hanno tentato di colmare questo gap attraverso la costruzione di una fitta rete di strade locali.

Nonostante la crisi di questi ultimi anni abbia attenuato il fenomeno, il risultato ottenuto è sotto gli occhi di tutti: le nostre città, ma in generale tutta la periferia urbanizzata veneta, sono soffocate dal traffico di attraversamento dei mezzi pesanti che continuano a trasportare la quasi totalità delle merci prodotte dalle nostre industrie.

Oltre a scontare un deficit autostradale che nel Veneto rimane molto pesante, la politica tariffaria praticata dalle società autostradali non ha certo “incoraggiato” gli operatori a utilizzare le autostrade. Si pensi che negli ultimi dieci anni il rincaro medio nazionale che automobilisti e autotrasportatori hanno subito al casello ha sfiorato il 53%. Un aumento del tutto ingiustificato, se si pensa che il settore è stato liberalizzato a partire dal 1999. Sia chiaro: ciò non ha interessato solo le autostrade, ma anche le assicurazioni, le banche, le ferrovie e buona parte delle utenze domestiche.

In questi ultimi 20 anni, le liberalizzazioni all’italiana hanno prodotto aumenti esponenziali di prezzi e tariffe, recando vantaggi solo ai grandi potentati economici che hanno trovato “rifugio” in questi settori. Ora, apprendiamo dalla stampa specializzata che dal prossimo primo gennaio scatteranno su tutta la rete nazionale nuovi aumenti dei pedaggi autostradali.

Nella nostra Regione, Autovie Venete ha chiesto un ritocco del 12,9% per poter completare i lavori della terza corsia Venezia-Trieste, mentre l’attraversamento del Passante di Mestre potrebbe subire un rincaro tra il 13 e il 14% . In un Paese come l’Italia che impone ai propri contribuenti un carico fiscale che non ha eguali nel resto d’Europa, dovrebbe essere la fiscalità generale a farsi carico della realizzazione o del completamento delle nuove opere infrastrutturali. Invece, rischiamo di pagarle due volte: dapprima con le tasse erariali; successivamente con pedaggi sempre più elevati.

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