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Italicum, governo pone la fiducia: bagarre in Aula, il Pd si spacca

Superato il primo scoglio in aula alla Camera per l’Italicum, è caos sulla fiducia

Roma (Adnkronos) – Il governo, per voce del ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, pone alla Camera la questione di fiducia sugli articoli della legge elettorale. In Aula si scatena la bagarre con proteste e urla da parte delle opposizioni, grillini in testa. A fatica, la presidente della Camera Laura Boldrini riporta la calma per far terminare la formula di rito al ministro e convoca la Capigruppo.

Stabilisce la tabella di marcia: tre fiducie sui tre articoli che compongono il provvedimento. Si parte domani, alle 15.25 in programma la prima chiama. Si prosegue giovedì con gli altri due articoli, ma, con ogni probabilità, il voto finale slitterà alla settimana prossima, post primo maggio.

Dopo che il governo ha posto la questione di fiducia, il premier Matteo Renzi interviene su Twitter sottolineando: “Dopo anni di rinvii noi ci prendiamo le nostre responsabilità in Parlamento e davanti al Paese, senza paura”. Poco dopo arriva un altro tweet: “La Camera ha il diritto di mandarmi a casa, se vuole: la fiducia serve a questo. Finché sto qui, provo a cambiare l’Italia”.

In serata, al Tg1 Renzi tiene il punto. Sarà “il Parlamento a decidere se il governo va avanti”. “Se vogliono possono mandarci a casa ma non farci desistere dall’obiettivo di cambiare l’Italia, una cosa che serve a tutti gli italiani”.

Il primo scoglio

Passano infatti al vaglio di Montecitorio le pregiudiziali di costituzionalità e di merito delle opposizioni, otto in totale, che vengono respinte con ampio margine di sicurezza per la maggioranza: 384 voti contrari e 209 favorevoli, a scrutinio segreto. Avanti “un passo alla volta”, dice soddisfatta il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Si conferma quindi la previsione ottimistica del governo sui numeri in aula, ma resta in piedi l’ipotesi di porre la questione di fiducia sulla legge elettorale, con il Cdm che si è riunito a Palazzo Chigi per una seduta lampo, autorizzando la fiducia sulla legge elettorale.

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“Se non riusciamo a fare le riforme è giusto anche che andiamo dal presidente della Repubblica a dire qual è la situazione”, spiega intanto la vicesegretaria del Pd, Debora Serracchiani. In queste ore continuano gli incontri e i contatti tra maggioranza e minoranza Dem per scongiurare il patatrac e un eventuale affossamento della riforme. Tra i più attivi in Transatlantico, a Montecitorio, il numero due del Pd, Lorenzo Guerini, che sta cercando di trovare una mediazione. E se tra i renziani la fiducia è considerata una extrema ratio, molti parlamentari, soprattutto delle opposizioni, scommettono che alla fine verrà posta, forse già nel pomeriggio.

Intanto i deputati dem sono stati ‘precettati’: “Presenza obbligatoria senza eccezione alcuna. Annullare ogni impegno e missione”, si legge in un sms inviato dal gruppo nella giornata di ieri. Tuttavia la tensione interna al Pd, fatte salve le posizioni più critiche come quelle di Fassina o Civati, in serata sembravano più stemperate.

Ieri, a contribuire a un clima che pare meno radicalizzato, il ministro Maria Elena Boschi ha lasciato intravedere possibili modifiche sulle riforme. “Possiamo manifestare una disponibilità nell’approfondire modifiche sulle riforme nel passaggio al Senato”. “Tuttavia – ha avvertito – questo non può essere un baratto a livello istituzionale”.

Opposizioni – “Rispetto all’Italicum la legge truffa era altamente democratica”. Così, intervenendo in aula alla Camera per illustrare le due pregiudiziali di costituzionalità presentate da Sel, il deputato Arcangelo Sannicandro. “La lista vincente -ha spiegato Sannicandro- con il 40% dei consensi, otterrebbe 247 seggi, vedendosi assegnare 93 seggi: un premio non alla maggioranza, ma ad una minoranza se pure cospicua. Con la legge del ’53, il premio di maggioranza andava a chi avesse ottenuto il 50% dei voti validi più uno”. “Il testo dell’Italicum inoltre -ha aggiunto Sannicandro- elude completamente i principi stabiliti dalla Consulta nella sentenza numero 1 del 2014 con cui la Corte ha bocciato il Porcellum. Semmai, li aggrava. Con questa legge ripetiamo gli stessi errori, sui deputati ‘nominati’ e non eletti e su un premio di maggioranza abnorme”.

Redazione:
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