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National Museum of Norway, Karin Hindsbo: “Venite ad Oslo” tra natura e cultura, alle origini di Munch

Non solo Parigi, Londra e New York nella classifica delle città culturali da visitare in queste festività. Entra nella “top ten” anche la capitale nordica “green” per antonomasia: Oslo. Fra le molte attrazioni culturali della città norvegese spicca il “National Museum of Norway”, il nuovo museo più grande della Scandinavia inaugurato lo scorso giugno. La sua direttrice, Karin Hindsbo, illustra come e perché è stata creata questa nuova istituzione museale e le sue peculiari caratteristiche

[ Panoramic photo of Oslo – © courtesy of the National Museum of Norway / Børre Høstland ]

 

di GianAngelo Pistoia

NordEst – Per molti anni Oslo ha vissuto all’ombra delle altre due capitali scandinave, Stoccolma e Copenaghen. La metropoli norvegese, con vista su un pittoresco fiordo costellato di isole frastagliate, è stata derisa poiché considerata “assonnata” e troppo cara, o come un semplice punto di sosta per i vacanzieri diretti sulle montagne norvegesi o che si imbarcano per una crociera lungo la costa.

Negli ultimi tempi, le autorità norvegesi e municipali hanno investito ingenti somme di denaro nel tentativo di modificare questa visione. Nell’ambito di una missione di riqualificazione denominata “Fjord Metropolis”, i leader hanno rimodellato il lungomare di Oslo trasformandolo in splendenti quartieri di grattacieli e piazze pedonali punteggiati da zone balneari e strutture culturali. Fra gli edifici culturali sorti in anni recenti nel quartiere di Bjørvika spiccano l’iconica Norwegian National Opera & Ballett e il Munch Museum solo per citare alcune delle nuove spettacolari costruzioni approdate sullo skyline della città e conosciute anche all’estero.

Dallo scorso 11 giugno se ne è aggiunta un’altra. Nel limitrofo quartiere di Aker Brygge è stato inaugurato il National Museum of Norway, edificio più discreto e riservato rispetto al Munch Museum che incombe sul porto di Oslo. Il National Museum – nonostante la sua posizione spettacolare ai margini del fiordo, vicino agli attracchi dei traghetti e di fronte al famoso municipio di Oslo – si inserisce graziosamente dietro due vecchi edifici della stazione ferroviaria, uno dei quali ora ospita il Nobel Peace Center. Lungo e basso, è difficile vedere la vera imponenza di questo edificio, il più grande museo della Scandinavia con una superficie più ampia del Rijksmuseum di Amsterdam e di poco inferiore al Louvre di Parigi e al Museo Statale dell’Ermitage di San Pietroburgo, se non dall’alto.

[ The National Museum of Norway – © courtesy of the National Museum of Norway / Børre Høstland ]
Raymond Johansen, sindaco al governo di Oslo, in una recente intervista ha affermato: «In pochi anni la nostra città si è arricchita di istituzioni culturali prestigiose che hanno richiamato visitatori da tutto il mondo. Stiamo facendo del nostro meglio per rendere Oslo attrattiva e posizionarla bene sulla “cartina culturale” mondiale».

È una piccola rivincita anche nei confronti degli altri Paesi nordici. Ci sono ragioni storiche per cui la Norvegia, un paese di circa 5 milioni abitanti, è stata a lungo oscurata culturalmente dai suoi vicini scandinavi. La Danimarca dominò la Norvegia nel corso dell’Unione Dano-Norvegese, che durò dal XVI al XIX secolo. La Norvegia rimase unita alla Danimarca fino al 1814, quando, dopo una guerra contro gli Svedesi, fu ceduta al regno di Svezia. Finalmente, il 26 ottobre 1905 venne riconosciuta in modo pacifico la sua indipendenza e Haakon VII divenne re. Per evitare futuri rischi di discordie tra i due paesi, le due case regnanti di Svezia e di Norvegia stipularono un accordo che prevede la rinuncia al trono da parte di uno dei due sposi in caso di matrimonio tra principi ereditari delle rispettive casate.

Dopo questo breve “excursus” storico – politico cedo la parola a Karin Hindsbo, dal 2017 direttore del National Museum of Norway, che in una conferenza stampa ha illustrato con dovizia di particolari come e perché è stata creata questa nuova istituzione museale e le sue peculiari caratteristiche.

[ Karin Hindsbo – © courtesy of the National Museum of Norway / Ina Wesenberg ]
«Il National Museum è il frutto dalla fusione di quattro delle principali istituzioni di arte e design della Norvegia, nel quadro di un più ampio consolidamento delle gallerie statali del Paese. Sono confluiti in questa nuova entità museale la Galleria Nazionale, il Museo di Architettura, il Museo di Arti Decorative e Design, il Museo d’Arte Contemporanea e pure la Riksutstillinger, un’organizzazione priva di edifici che dal 1952 propone mostre itineranti nazionali.

I politici norvegesi hanno deciso di riunire queste collezioni in una sola per avere un’istituzione in grado di raccontare l’intera storia dall’antichità fino ai nostri giorni delle arti visive e della cultura. Il nuovo complesso museale si inserisce anche nel trentennale processo di rigenerazione del lungomare di Oslo, che sta sostituendo i cantieri navali del porto con nuovi edifici direzionali, commerciali e culturali.

L’inaugurazione del National Museum of Norway è l’ultimo tassello di un lungo e tormentato percorso, complicato anche dalla pandemia. Questa è la “time line” degli eventi: i musei sono stati fusi amministrativamente nel triennio 2003-2005; nel 2008 è stata scelta la sede del nuovo museo; nel 2009 si è tenuto un concorso di architettura per la realizzazione dell’opera vinto da Klaus Schuwerk per lo studio Kleihues + Schuwerk Architects; la costruzione del nuovo edificio, appaltata a “Statsbygg” il braccio operativo per l’edilizia del governo norvegese, è iniziata nel 2014. Doveva essere finito nel 2020, ma a causa anche di ritardi nella costruzione l’apertura è stata posticipata allo scorso 11 giugno.

Di conseguenza i norvegesi non hanno potuto fruire dei loro tesori artistici per molti anni. Per mitigare ciò, ho scelto alcune delle opere più rappresentative dei musei dismessi e le ho mandate in tournée in tutto il Paese! – chiosa il direttore Karin Hindsbo ed aggiunge – La Norvegia ora offre, soprattutto ai visitatori stranieri, oltre alle consuete mete turistiche, fiordi e montagne in primis, anche un museo nazionale d’avanguardia a livello mondiale. Una struttura polivalente e multidisciplinare, che assieme alle altre sparse per la capitale, obbliga il turista sempre più avido di cultura, a soggiornare per alcuni giorni ad Oslo.

[ The National Museum of Norway – © courtesy of the National Museum of Norway / Ina Wesenberg ]
C’è stato un enorme investimento finanziario nelle istituzioni culturali in Norvegia, in particolare a Oslo, nell’ultimo decennio. Questo è un dato indubbio e significativo. Dobbiamo però lavorare a stretto contatto, in sinergia con tutte le componenti della società norvegese, per mantenere lo slancio propositivo che abbiamo ora. Fare sì che l’arte sia una risorsa sempre più importante per il Paese e che grazie ad essa la Norvegia assuma la posizione culturale che le compete a livello internazionale. Invogliare il “turismo culturale” ad approdare in Norvegia è uno dei nostri obiettivi, ma non il principale.

Siamo il più grande museo statale norvegese e i residenti sono i nostri referenti privilegiati. È prioritario che il popolo norvegese senta di essere il proprietario del nuovo museo e della collezione permanente. Questo vale anche per la popolazione autoctona, i Sámi, gli indigeni dell’estremo nord della Scandinavia. La nostra attenzione per i Sámi è evidente già all’entrata del museo. La prima installazione che il visitatore incontra è “Pile o’ Sápmi Supreme”, un’opera d’arte del 2017 di Máret Ánne Sara, artista che attualmente espone anche nel Padiglione nordico alla Biennale di Venezia.

[ “Pile o’ Sápmi Supreme” by Máret Ánne Sara – © courtesy of the National Museum of Norway / Iwan Baan ]
Quattrocento teschi di renna tirati a lucido fino a brillare, pendono come una macabra bandiera nell’atrio d’ingresso. È un’opera di protesta contro l’abbattimento imposto dal governo norvegese di migliaia di renne allevate dai pastori Sámi nella regione del Finnmark. Un’arte “dimenticata” che fino al mio arrivo al National Museum of Norway era tenuta in scarsa considerazione – puntualizza Karin Hindsbo e spiega – a bocce ferme, ribadisco che il governo nazionale e la municipalità di Oslo hanno profuso in questi ultimi anni, in modo oculato, molte energie e ingenti somme per abbellire la nostra città con musei, teatri e biblioteche al fine di renderla competitiva con le attuali capitali culturali quali Parigi, Londra, Roma e New York. Vista la contingente situazione mondiale, non credo che oggi sarebbe possibile rifare tutto da capo e con risultati così apprezzabili.

Il nostro museo – che si sviluppa su una superficie di circa 55.000 metri quadrati – è infatti costato all’erario norvegese oltre 6 miliardi di corone (circa 600 milioni di euro). Siamo stati fortunati che il nostro governo, in corso d’opera, non si sia ravveduto sull’opportunità di concentrare i musei dismessi in un’unica struttura. La gestione e lo stoccaggio delle collezioni d’arte statali poteva invero essere collocata altrove con dei costi più convenienti. Basta osservare il National Museum of Norway dall’esterno e poi passeggiare nelle sale interne per comprendere il perché dei costi così esorbitanti. L’ardesia norvegese che ricopre quasi completamente la struttura esterna del museo è una pietra durevole che invecchia bene.

[ The National Museum of Norway – © courtesy of the National Museum of Norway / Ina Wesenberg ]
Anche i pavimenti in rovere e gli infissi in legno pregiato hanno un logorio lento. Il nostro museo è stato progettato per durare secoli. Pure da un punto di vista ambientale è una struttura all’avanguardia poiché è altamente performante sotto il profilo energetico ed utilizza l’acqua dell’attiguo fiordo per il riscaldamento e il raffreddamento dei locali interni. È in netta antitesi con l’iconico sensazionalismo che anima musei come il Guggenheim Bilbao di Frank Gehry. Il nostro museo ricerca la vitruviana “firmitas”, evocando una solidità costruttiva fisica e simbolica destinata a durare nel tempo.

Il governo norvegese si accollerà ogni anno il finanziamento del 90 per cento delle spese correnti, mentre spetterà a noi reperire le rimanenti risorse con la vendita dei biglietti, donazioni, sponsorizzazioni e partnership con enti pubblici e privati nazionali ed esteri – afferma Karin Hindsbo e prosegue – La collezione permanente del National Museum of Norway, composta da oltre 400.000 oggetti, è molto eterogenea e deriva dall’accorpamento di quattro diversi musei in un unico edificio. Gli spazi per esporre le opere d’arte però non mancano. Circa 6.500 opere della collezione permanente sono esposte a rotazione nelle 87 sale allocate nei due livelli del museo. Fra queste sale spicca quella dedicata al figlio artistico più celebrato della Norvegia: Edvard Munch.

[ “The Scream”, “Madonna” by Edvard Munch – © courtesy of the National Museum of Norway / Børre Høstland ]
Contiene 18 suoi dipinti tra cui “Le ragazze sul Ponte” (1901), “Autoritratto con sigaretta” (1895), “Madonna”, “Puberty” (1894-1895) e probabilmente il secondo dipinto più famoso al mondo “L’urlo” (1893). Altre sale monografiche sono riservate ai maggiori artisti norvegesi di varie epoche, quali Johan Christian Dahl (1788–1857), Harriet Backer (1845–1932) e Sverre Fehn (1924–2009). Una sala apposita ospita le opere d’arte contemporanea raccolte dalle sorelle miliardarie Kathrine e Cecilie Fredriksen in memoria della madre, Inger Astrup Fredriksen. La mostra inaugurale di questo spazio dal titolo “The Pillars. The Fredriksen Family Collection” ha incluso opere di importanti artiste quali Georgia O’Keeffe, Sheila Hicks, Simone Leigh e Lynette Yiadom-Boakye.

[“The Pillars. The Fredriksen Family Collection” © courtesy of the National Museum of Norway / Annar Bjørgli, Cecilie Fredriksen, Kathrine Fredriksen, Karin Hindsbo, Stina Högkvist – © courtesy Morten Qvale ]
È riservata invece solo a collezioni temporanee la “Light Hall” posta in cima all’edificio. La “sala della luce” è un lungo cuboide di circa 2400 mq con pareti composte da sottili strati di marmo traslucido posto tra lastre di vetro. L’effetto è simile all’alabastro. Di notte, si illumina con la luce di 9.000 LED a risparmio energetico ed è visibile anche dagli aerei in avvicinamento all’aeroporto Gardermoen di Oslo. In questo spazio è stata allestita la mostra temporanea inaugurale “I Call It Art” che ha presentato 147 artisti norvegesi contemporanei. Il museo dispone pure di un auditorium, di una biblioteca, di aree per l’amministrazione, la ricerca e conservazione delle opere d’arte nonché di un ristorante ed un belvedere sul lungomare.

[ “Light Hall” in the National Museum of Norway – © courtesy of the National Museum of Norway ]
La fusione delle collezioni e il loro ricollocamento ha costretto il personale del National Museum of Norway a dei comportamenti “virtuosi”. Abbiamo iniziato a lavorare insieme in un modo diverso. Siamo così in grado di acquisire nuove conoscenze sulla nostra collezione. Ad esempio, abbiamo recentemente scoperto – attraverso la riflettografia a infrarossi, tecnica che consente ai restauratori di vedere gli strati sottostanti alla superficie dei dipinti – che sotto la “Madonna” realizzata da Munch sono presenti diversi disegni preparatori. Ciò conferma che la versione in nostro possesso è la prima in assoluto dipinta da Munch.

[ Infrared photography at the National Museum – © courtesy of the National Museum of Norway / Ina Wesenberg ]
Questa cooperazione tra i diversi dipartimenti, in questo contesto fotografia e conservazione, è resa molto più semplice da quando siamo tutti riuniti sotto lo stesso tetto – sottolinea Karin Hindsbo e commenta – avere un edificio completamente nuovo e la libertà di ripensare le collezioni del museo nel modo che volevamo ha comportato anche delle sfide. Non ci sono tanti punti di riferimento quando si costruisce un museo nazionale ex novo e si espone una nuova collezione da zero. Hai una tela bianca e ovviamente è difficile scegliere cosa fare. Ho optato per il “metodo norvegese”. Ho cercato di essere più democratica possibile facendo sì che tutti i curatori, educatori, project manager, agenti di comunicazione dei 15 team del nostro museo esaminassero cosa mettere e come in ogni singola sala espositiva.

È stato più dispendioso in termini di tempo ma il risultato finale è stato condiviso da tutti. Ciò non sarebbe avvenuto se avessi delegato questa scelta a un solo dipartimento del museo. Dopo un lungo dibattito, abbiamo deciso di esporre la collezione permanente utilizzando un modello cronologico relativamente tradizionale. Un livello ospita le mostre di design e quelle delle arti e dei mestieri mentre le opere d’arte esposte al livello superiore ripercorrono la storia della pittura attraverso sei secoli, a partire da una copia della Gioconda di Leonardo da Vinci. Per arrivarci, i visitatori salgono una scala grigia incorniciata dal “Wall Drawing (#839)” di Sol LeWitt. In cima alle scale, possono dirigersi verso due ali: quella di destra propone opere realizzate dal 1500 al 1900 (di Lucas Cranach il Vecchio, Tiziano, Paul Bril, Artemisia Gentileschi e altri), mentre quella di sinistra accoglie opere create dal 1900 al 1960 (di Rodin, Picasso, Gustav Vigeland, solo per citare alcuni artisti). È qui che si può ammirare anche “Winter Night in the Mountains” (1914) di Harald Sohlberg, votato dai norvegesi come il loro dipinto preferito.

[ Winter Night in the Mountains” by Harald Sohlberg – © courtesy of National Museum of Norway / Børre Høstland ]
Per converso abbiamo scoperto delle lacune nella collezione permanente. Abbiamo riscontrato evidenti divari di genere, soprattutto quando si tratta di arte antica. È più facile raggiungere l’uguaglianza per l’arte contemporanea, non è così semplice invece quando si tratta di arte dal XV al XIX secolo. I nostri curatori hanno investito parecchio tempo nella ricerca di nuove opere da acquistare. L’apertura del National Museum of Norway ha rappresentato per noi quindi l’opportunità di fare nuove acquisizioni con dei criteri seri ed oggettivi. Da rimarcare pure che sono state incluse nella collezione permanente opere di artisti contemporanei quali Borgny Svaastog, Marthe Minde, Ingunn Utsi e Máret Ánne Sara. Desidero sottolineare – chiarisce Karin Hindsbo – che la collezione permanente non sarà mai statica.

Molte opere d’arte saranno esposte a rotazione e sebbene inserite nel loro contesto storico, apriranno una riflessione anche sul nostro tempo. L’interior design del museo, dello studio fiorentino Guicciardini & Magni Architetti, ruota interamente attorno al pubblico. Ogni singolo dettaglio è stato pensato per rendere la loro visita più confortevole. I testi murali non includono termini accademici o esoterici e l’attenzione storica dell’arte sui movimenti che terminano con “ismo” è stata evitata il più possibile. Ad esempio, davanti a una sala con opere di Monet, Morisot e Renoir, il testo introduttivo spiega che in queste opere “l’inquadratura della veduta e la tecnica pittorica rafforzano l’impressione di casualità e spontaneità. Il fenomeno prende il nome di Impressionismo”. La multimedialità riveste un ruolo importante nel nostro museo. In ogni sala una panca interattiva nasconde un dispositivo o un giocattolo a sorpresa: altoparlanti, tablet in braille, set da costruzione per bambini, touch screen. L’interattività è stata utilizzata dai curatori anche per allestire nella “Light Hall” la mostra temporanea inaugurale “I Call It Art” che ha incluso 147 artisti norvegesi, 7 dei quali sono stati scelti tramite “Curatron”, un algoritmo sviluppato da Cameron McLeod. Inoltre questa esposizione temporanea non sarebbe quella che è stata senza la partecipazione interattiva del pubblico. Ci siamo avvalsi dell’approccio NABC (Needs, Approach, Benefits, Competition) sviluppato dalla Stanford University ed abbiamo chiesto a un gruppo di giovani tra i 19 e i 25 anni un loro obiettivo giudizio sulla mostra e sulle modalità di comunicazione scelte dal museo per promuovere l’evento.

[ “I Call It Art” – © courtesy of the National Museum of Norway / Ina Wesenberg ]
Il National Museum of Norway, in considerazione dei positivi risultati ottenuti, continuerà a utilizzare questo metodo per allestire le sue future mostre – afferma Karin Hindsbo ed anticipa – ricca di interessanti mostre ed eventi culturali è l’agenda del nostro museo per quest’anno e per gli anni a venire, fino al 2024. Concluse le mostre inaugurali (“I Call It Art” – “The Pillars. The Fredriksen Family Collection” – “selezione di disegni di Erik Werenskiold e Theodor Kittelsen realizzati circa 150 anni fa come illustrazioni per il primo libro di fiabe per i bambini norvegesi”– …) in questo inverno il National Museum of Norway propone la mostra “Piranesi and the Modern” e due esposizioni dedicate rispettivamente a Grayson Perry ed a Laure Prouvost.

[ “Prisoners on a Projecting Platfor” by Giovanni Battista Piranesi – © courtesy of National M. of Norway / BørreHøstland ]
Sarà dedicata a Louise Bourgeois la mostra di primavera 2023, seguita in estate da un’esposizione di disegni di Pieter Bruegel il Vecchio e Peter Paul Rubens. Il 2024 sarà invece l’anno di Mark Rothko e di Frida Kahlo. Queste sono le principali esposizioni programmate per il prossimo triennio, ma molti altri sono gli eventi, anche estemporanei, che organizzeremo per attrarre norvegesi e turisti internazionali nel nostro museo.

Ribadisco che con il National Museum of Norway – conclude il direttore Karin Hindsbo – la Norvegia ha adesso un museo moderno con qualità classiche, una nuova casa per la più grande collezione norvegese di arte, architettura e design. Accoglierà numerosi eventi e attività. I musei sono i più importanti luoghi di incontro della società, ritrovi che invitano a pensare in modo critico al potere delle immagini, ma sono anche luoghi di sosta e di riflessione. Il nostro obiettivo è quello di rendere l’arte accessibile a tutti, riflettendo sui nostri tempi e sulla società nella quale viviamo. Se riusciremo a farlo, il museo potrebbe diventare il luogo di incontro più importante della nostra società».


Per restare aggiornati sulle proposte culturali, visitare il sito: https://www.nasjonalmuseet.no/en/

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