di Annalisa Borghese
Nonostante le emergenze, il terrore suscitato da certe notizie, la tragedia dentro e fuori casa, la vita per niente facile e qualcuno che immancabilmente ci ricorda di ringraziare e accontentarci (la gratitudine è fondamentale, accontentarsi no se diventa rassegnazione); nonostante questo e nonostante tutto noi vogliamo essere felici. Il più possibile felici
Desiderio umano e legittimo. E la Natura ci sosterrebbe in questo con una bellezza attorno da paradiso se non avessimo combinato il guaio che ora ci ritroviamo a dover risolvere in quattro e quattr’otto (e c’è chi tuttora nega l’evidenza!).
In più abbiamo collezionato una serie di trappole antifelicità che si ripresentano puntualmente e delle quali siamo perlo più inconsapevoli. D’altronde, sembra proprio ci manchi il tempo (o l’interesse o cos’altro?!) per un lavoro serio e approfondito su noi stessi che ci permetta di diventare responsabili dei nostri momenti di felicità. Ci manca perché dobbiamo fare e fare e non è mai abbastanza e siamo stanchi e stressati.
Ma se facciamo senza il gusto di fare e senza la consapevolezza del perché lo stiamo facendo, finiamo per perdere lo slancio vitale e diventare dei gusci vuoti che rotolano nella direzione contraria alla felicità. E alla fine si rompono.
L’alternativa alla corsa del criceto c’è. Che ci piaccia o no, occorre darci il tempo di allenarci ad osservare come queste ingiunzioni condizionano le nostre giornate. Non che così si risolva tutto, ma vedere una buca è il primo passo per non finirci dentro.
Lo psicoterapeuta Thomas D’Ansembourg ci dà una mano con un libro molto concreto e coinvolgente: “Più felici di così… si può. Come salvarsi dalle trappole antifelicità”, Esserci edizioni, 2006. Da “gustare” accompagnato da un infuso rasserenante a base di melissa, boccioli di rosa, petali di calendula e bacche di ginepro.