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Pale di San Martino, una giornata tra le meraviglie delle Dolomiti Patrimonio Unesco (FOTO)

Salire sull’Altipiano è facile e comodo: da San Martino di Castrozza, la cabinovia ti porta fino al rifugio Colverde e poi in uno slancio su, verso i 2700 metri di quota della stazione di arrivo della funivia, in un luogo unico

Le splendide Pale di San Martino nelle foto di Ervino Filippi Gilli

 

di Ervino Filippi Gilli

Primiero San Martino di Castrozza (Trento) – Devo essere sincero: domenica mattina, appena alzatomi ed aperta la finestra, ho pensato che il tempo non fosse dei migliori per salire ai 2500 metri ed oltre dell’Altipiano: mi è venuta incontro però la tecnologia (benedetta la webcam di Passo Rolle) che mi ha permesso di risolvere il dubbio se le nuvole che vedevo fossero il tipico mare di nebbia tanto celebrato in fotografia (come effettivamente era) o se il tempo fosse veramente brutto. Così, rincuorato da Internet, ho preparato lo zaino e via, verso San Martino.

Salire sull’Altipiano è facile e comodo: la cabinovia ti porta fino al rifugio Colverde e poi in uno slancio su, verso i 2700 metri di quota della stazione di arrivo della funivia. Già mentre si sale con l’impianto il panorama ti toglie il respiro: si passa dalle Vette Feltrine con la piramide del Pavione a Sud fino alla Cima d’Asta ad Ovest ed il Gruppo del Latemar a Nord e solo per parlare delle cime più vicine, ma si vedono in lontananza l’Adamello, la Presanella, e tante altre vette. Il tutto isolato dal contesto da un mare di nuvole basse che nascondono e quasi cancellano le valli.

Ma è quando si esce dalla stazione di arrivo della funivia che ti si apre un mondo davanti: la vista spazia dalla parete verticale del Cimone della Pala via via incontrando le Dolomiti con la Tofana de Rozes, la Croda Rossa, il Pomagagnon, le tre Cime di Lavaredo, Il Sorapis, il Pelmo e tante altre.

Il bello del percorrere l’Altipiano d’inverno come d’estate è che il panorama cambia ad ogni passo: così, superato il Rifugio Pedrotti (gran bell’idea quella di tenerlo aperto anche d’inverno), ecco che si inizia a scorgere la parete immensa della Marmolada ma anche tutto il gruppo settentrionale delle Pale, dalla Val dei Cantoni via via verso il Focobon. Un insieme di guglie appuntite e di grandi montagne.

L’Altipiano non è un qualche cosa di piatto e monotono: è un continuo saliscendi di piccole colline e altrettante depressioni poco profonde. Questa varietà d’ambienti è bella d’estate quando ci sono le fioriture delle piante che crescono a fatica tra i sassi, è altrettanto spettacolare ora, con la neve, quando la luce gioca con i pendii e gli anfratti creando ombre morbide ma anche violenti chiaroscuri. E’ per ammirare questo che in tanti siamo saliti quassù: ci sono gli sci-alpinisti che sono andati sulla Vezzana, ci sono le guide alpine che accompagnano gruppi più o meno numerosi di clienti, ci sono comitive di appassionati od i single con gli sci o le racchette da neve. Tutti desiderosi di godersi la giornata che è a dir poco stupenda.

La Fradusta

Continuando nel cammino arrivo alla meta della gita: la Fradusta. E’ bello venire qui d’inverno perché la neve copre tutto e ci si può illudere che il ghiacciaio in salute (cosa non vera dato che, aimè, anche l’estate scorsa lo scioglimento gli ha tolto un altro 25% di superficie). Il suo pendio è segnato dalle curve lasciate da alcuni sci alpinisti: virgole grigiastre (così almeno appaiono per i giochi di luci ed ombre) su pendii innevati. Già la neve … mai fino ad ora era nevicato così poco sulle Alpi: si potrebbe quasi camminare senza le “craspe” (in dialetto primierotto) o “ciaspole” (temine più in voga mutuato dal dialetto noneso), tanto poca è.

Alla domanda di un turista sul quanto durerà ancora il ghiacciaio, rispondo che dal punto di vista scientifico già non esiste più (un ghiacciaio è tale se supera i 5 ettari di superficie) ma che, dopo quasi 25 anni di rilievi glaciologici, sono così affezionato a quella piccola placca di ghiaccio che è rimasta (e pensare che era il secondo più grande delle Dolomiti con i suoi oltre 100 ettari) che devo venire a trovarla almeno tre o quattro volte all’anno.

Il bianco è accecante, il silenzio è meraviglioso ma al contempo assordante e per chi non è abituato è una sensazione strana. Ma il tempo scorre e bisogna tornare per prendere in tempo la funivia. Dopo una breve sosta al Rifugio Pedrotti per mangiare qualche cosa e fare due chiacchiere con il gestore Mariano sullo strano inverno che stiamo vivendo, riparto e raggiungo la funivia.

Scendendo ripenso alle sensazioni indimenticabili che l’Altipiano mi ha regalato, cose che se le provi una volta ti resteranno sempre nel cuore. Immagini ed emozioni che la montagna ti offre senza chiederti niente in cambio, se non solo un po’ della tua fatica.

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