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Per un euro di spesa in prodotti trasformati, restano oggi al produttore solo 5 centesimi

A denunciarlo è la Coldiretti che scende in capo per mettere fine alle intollerabili rendite che soffocano le nostre imprese

NordEst – Contro le “rendite da filiera” è stato realizzato un progetto che vede il potenziamento del marchio FAI degli agricoltori italiani, per un prodotto 100% italiano, e la filiera corta a marchio Campagna Amica, salita oggi a ben 10.000 punti vendita, con 28.000 produttori coinvolti e oltre 1.000 mercati. Due strumenti per scardinare le vecchie logiche che ancora penalizzano le imprese agricole nel confronto di mercato con l’industria agroalimentare e la Gdo.

Ma occorre combattere anche le rendite da falsa identità, ovvero quel fenomeno che vede oltre il 30% del cibo che troviamo sulle nostre tavole provenire dall’estero ed essere spacciato per made in Italy. Una forma di concorrenza sleale che impoverisce il territorio, minaccia la salute dei consumatori, riduce la sicurezza alimentare e compromette i diritti del lavoro. Da qui la necessità di estendere a tutti i prodotti l’indicazione obbligatoria dell’origine nell’etichetta, di pene severe per chi inganna i consumatori italiani, di togliere il segreto di Stato su tutti i prodotti che entrano nel nostro Paese, come annunciato dal ministro della Salute Lorenzin. E serve anche che neppure un euro pubblico sia dato a industrie che danneggiano la competitività nazionale, che aumenti al 20% il contenuto di arancia nelle bibite e che sia applicata concretamente la legge “Salva olio”.

Altra rendita da combattere è quella da burocrazia inutile, oltre 10.000 pagine di leggi che disciplinano il settore agricolo. Norme spesso contradditorie e confuse che sottraggono tempoe lavoro alle imprese mentre lasciano prosperare i soliti “furbetti”. E’ per questo che vanno snellite le procedure ed eliminati gli adempimenti inutili, mentre il fascicolo aziendale deve diventare il perno del rapporto con la pubblica amministrazione. Il Caa deve essere la casa della certificazione e della semplificazione per le imprese agricole, con la valorizzazione dell’autocertificazione e controlli virtuosi a tutela di chi consuma nel rispetto di chi produce.

Ma ad ostacolare lo sviluppo dell’agricoltura ci sono anche le rendite da mancata traspaerenza della rappresentanza. Quando ci si confronta con i diversi livelli di governo siamo tutti uguali e tutti indistinti: chi ha vertici compromessi da vicende giudiziarie e chi è specchiato. L’opacità favorisce chi specula e penalizza chi rispetta la legge e adotta un comportamento etico. Al contrario, la trasparenza produce fiducia e garantisce equità.

Coldiretti chiede che le organizzazioni di rappresentanza, le centrali cooperative e le organizzazioni economiche addottino un codice etico si impegnino ad escludere dai consigli di amministrazione chi ha condanne in sospeso o condanne passate in giudicato certifichino i loro bilanci. Per l’agricoltura italiana e per tutto il Paese, poniamo l’etica al primo posto.

Una ulteriore rendita che toglie soldi alle imprese vere è quella legata alla Pac. Trecento soggetti (lo 0,2‰ dei beneficiari) percepiscono 150 milioni di euro pari al 3,7% delle risorse complessive e una quota importante di questi è rappresentata da banche, assicurazioni, enti privati che nulla hanno a che fare con l’agricoltura. Coldiretti vuole che i contributi vadano a chi di agricoltura “vive”, chi rappresenta il cuore del Made in Italy agroalimentare, chi quotidianamente costruisce e tutela la base produttiva del Paese per cittadini, consumatori e per la fondamentale voce del nostro export, chi genera benessere diffuso, qualità ambientale e sicurezza. E’ dunque venuto il tempo di gestire le risorse pubbliche con razionalità ed equità.

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