Via libera definitivo del Parlamento per lo storico ponte
NordEst – Il ponte sul Brenta in Bassano del Grappa, nella provincia di Vicenza, detto Ponte Vecchio di Bassano, è dichiarato monumento nazionale. Lo stabilisce un ddl approvato oggi dalla commissione Istruzione di palazzo Madama in via definitiva. Il provvedimento, già approvato alla Camera, era assegnato alla commissione in sede deliberante, quindi non passerà al vaglio dell’Aula. Il ponte in legno è considerato il ponte degli alpini ed è dedicato alla memoria dei soldati che nella prima guerra mondiale lo hanno attraversato.
Il ponte sul Brenta, detto Ponte Vecchio, Ponte di Bassano o Ponte degli Alpini, situato nella città di Bassano del Grappa, è considerato uno dei ponti più caratteristici d’Italia, essendo un ponte coperto in legno. Ha subito numerosi interventi e ricostruzioni dalla sua nascita, documentata nel 1209 da Gerardo Maurisio. Dal 1928, il ponte è anche dedicato alla memoria delle centinaia di migliaia di soldati (in particolare i reparti alpini) che durante la prima guerra mondiale attraverso il ponte salivano sull’altopiano dei Sette Comuni, teatro di sanguinosi combattimenti per oltre 41 mesi.
La storia del ponte di Bassano del Grappa. Il ponte preesistente dal 1209 al 1569 era una struttura in legno su piloni e coperta da un tetto che costituiva la fondamentale via di comunicazione fra Bassano e Vicenza. Nel 1315 Bassano venne coinvolta nella guerra tra Padova e Cangrande della Scala. Quando quest’ultimo occupò Marostica ed Angarano, furono costruite due torri per difendere il ponte. Nel 1402 la guerra tra Gian Galeazzo ed i Carraresi coinvolge anche Bassano: il signore di Milano tenta di deviare il Brenta per privare Padova delle sue difese costruendo un ponte costituito da 94 arcate in pietra dotate di porte in legno utilizzate come saracinesche. Nella notte tra il 6 e il 7 agosto una piena travolge il ponte che verrà distrutto. Nel 1511 le truppe francesi al comando del generale Jacques de La Palice incendiano il ponte per sfuggire all’esercito imperiale durante la guerra della Lega di Cambrai. Nell’ottobre del 1567 si ebbe una vigorosa piena del fiume Brenta che travolse lo storico ponte preesistente. L’architetto Andrea Palladio fu coinvolto nella ricostruzione sin dai mesi immediatamente successivi al crollo: egli progettò dapprima un ponte in pietra completamente diverso dal precedente, a tre arcate sul modello degli antichi ponti romani. Il Consiglio cittadino bocciò tuttavia il progetto, imponendo all’architetto di non discostarsi troppo dalla struttura tradizionale. Nell’estate del 1569 Palladio presentò quindi un secondo progetto definitivo di un ponte in legno che richiamava in pratica la struttura precedente, sebbene radicalmente rinnovata quanto a soluzioni tecniche e strutturali, e di grande impatto visivo. Unico rimando a un linguaggio architettonico è l’uso di colonne tuscaniche come sostegni dell’architrave che regge la copertura a due falde formata da serie di capriate in legno. Il ponte è a 5 campate lunghe circa 13 metri formate da grandi travi in legno con rompitratta obliqui che sono appoggiate sui quattro piloni intermedi e sulle due spalle laterali. I 4 piloni in legno hanno una forma idrodinamica rispetto alla corrente del fiume e sono formati da 8 pali spessi circa mezzo metro infissi nel terreno sul letto del fiume e da una serie di pali ad altezza decrescente che conferiscono un profilo obliquo ai piloni intermedi. A conferma dell’efficienza tecnologica della struttura palladiana, il ponte resistette per quasi duecento anni, crollando a seguito della travolgente piena del Brenta del 19 agosto 1748. Il ponte fu ricostruito da Bartolomeo Ferracina seguendo fedelmente il disegno palladiano. Nel 1813 il ponte fu poi incendiato dal viceré Eugenio di Beauharnais e successivamente riedificato nel 1821 da Angelo Casarotti, con le stesse forme precedenti. Durante la prima guerra mondiale sul celebre ponte passarono le truppe italiane per affrontare la difesa dei territori dell’altopiano dei Sette Comuni. Il ponte fu poi raso al suolo per la terza volta il 17 febbraio 1945: appena passate le 19, ora in cui iniziava il coprifuoco, veniva lacerato da una forte esplosione. L’azione di sabotaggio, che faceva parte di un piano più vasto voluto dagli Alleati contro i ponti della Pedemontana, fu eseguita da un gruppo di 15 partigiani tutti armati e in bicicletta, due dei quali trainavano ciascuno a rimorchio un carrettino carico di esplosivo innescato. L’attentato purtroppo causò la morte di un bambino e di una signora. Il comandante del gruppo era Primo Visentin, nome di battaglia “Masaccio”, come ricorda la targa presente ancora oggi sul ponte[2][3]. Per rappresaglia i nazisti prelevarono dalle prigioni tre partigiani (Federico Alberti, Cesare Lunardi e Antonio Zavagnin) e li fucilarono sul ponte con addosso l’usuale cartello recante la scritta “Io sono un bandito”[4]. Il ponte fu ricostruito secondo l’originale disegno di Palladio. Venne inaugurato il 3 ottobre 1948 con la presenza del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. Venne ricostruito dall’Impresa Giulio Tessarolo & Figli di Rosà. Dato che molti operai di tale ditta erano reduci di guerra appartenenti al Corpo degli Alpini e portavano il tipico cappello con la penna durante i lavori, nacque la leggenda che furono gli Alpini a rimetterlo in sesto. Il ponte infine fu gravemente danneggiato dalla eccezionale piena con alluvione del 4 novembre 1966, a seguito della quale venne effettuato un sistematico restauro strutturale. Seguirono gli interventi straordinari del 1990-93 (lavori di consolidamento statico delle fondazioni e delle strutture portanti delle quattro stilate) e 2003-6 (complesso di opere di restauro e manutenzione straordinaria per contrastare l’inevitabile deperimento dei prodotti di protezione e di collegamento dei vari elementi del ponte). Recenti lavori di controllo della stabilità della struttura e soprattutto delle parti immerse, sono stati iniziati a fine 2015 e a inizio maggio 2018 i lavori sono stati sospesi. Nel 2019 i lavori sul ponte sono stati ripresi e il 12 febbraio il ponte è stato sollevato di circa 45 cm nella zona collassata. Le fondazioni lignee, completamente degradate, sono state completamente sostituite da travi reticolari e pilastri in acciaio inox fino al livello di magra.