In occasione della Mostra dell’artigianato
Feltre (Belluno) – È la storia di tante famiglie bellunesi e non quella che viene raccontata nel libro di Walter Basso “I due volti della morte nera. Morire di carbone in Belgio.” e che sarà presentata sabato 29 giugno presso la Sala degli Stemmi alle ore 18.00 nell’ambito della Mostra dell’Artigianato.
È un libro scritto per non dimenticare quello che fu il sacrificio di migliaia di uomini mandati nelle miniere in Belgio per cercare di dare un futuro migliore all’Italia straziata dalla guerra. Era il 1946 quando il governo italiano stipulò il famoso patto “lavoratori in cambio di carbone” che portò nel corso di pochi anni al trasferimento di quasi 70.000 uomini nelle nere miniere del nord Europa.
L’autore, che nella vicenda ha perso sia padre che zio, descrive in maniera appassionata questa storia straziante che egli stesso definisce “un crimine contro l’umanità”. I minatori, infatti, costretti a partire per mancanza di prospettive in Italia, venivano ammassati nei sotterranei della stazione di Milano per i controlli psico-fisici prima della partenza. L’attesa durava giorni ed erano costretti a dormire in improvvisati letti a castello; i morsi della fame non erano placati dai miseri panini distribuiti una volta al giorno.
Una volta arrivati in Belgio l’umiliazione continuava. I lavoratori dormivano nelle baracche che prima facevano parte dei campi di concentramento in condizioni igieniche assai precarie.
Scendevano a 1200-1600 metri di profondità e risalivano solo la sera, completamente anneriti dal carbone. Lavoravano nelle viscere della terra seminudi a causa delle temperature elevate, al buio, respirando a pieni polmoni la polvere di silicio e con la paura costante del grisou.
Gli unici esseri viventi a fargli da compagnia erano cavalli e topi. I primi scendevano sottoterra e non rivedevano più la luce del sole, diventavano mansueti e completamente ciechi e morivano per la fatica. I topi rubavano il pranzo ai minatori ma erano anche l’unica loro possibilità di salvezza nel caso di una fuga di grisou. Chi riuscì a tornare in patria non fu più fortunato: molti morirono negli anni a causa della silicosi.
Tutto durò così per 10 anni, fino al 1956 con il tragico incidente di Marcinelle in cui persero la vita 262 minatori: solo in quel momento l’Italia si ricordò degli uomini che aveva sacrificato per il suo riscatto economico e iniziò a fare qualcosa per questi emigranti. Una storia da non dimenticare che ha aiutato con il sudore della fronte a raggiungere il benessere in questo nostro paese.