L’analisi dei dati forniti da Azienda Ambiente nella Comunità di Primiero
di Ervino Filippi Gilli
Primiero (Trento) – Il blocco del turismo voluto dal Governo per cercare di fermare la diffusione del Covid 19, ha avuto effetti devastanti sull’economia in generale, sia nella parte occupazionale che produttiva. Per quanto riguarda la produzione di rifiuti, nel settore turistico albergo chiuso vuol dire, oltre alla mancata assunzione del personale stagionale, anche blocco di acquisti di beni (filiere agro – alimentari) e servizi (lavanderie industriali, forniture di corrente elettrica, ecc.).
La chiusura degli alberghi e degli impianti e il relegarci nelle zone rosse o arancioni, ha impedito l’afflusso turistico e con esso, di riflesso, ha notevolmente ridotto la quantità di rifiuti prodotti. Grazie alla collaborazione del personale di Azienda Ambiente, l’azienda che gestisce il ciclo dei rifiuti nella Comunità di Primiero, è possibile analizzare il fenomeno in dettaglio.
I dati che qui presento sono relativi ai periodi 1 marzo – 28 febbraio degli anni 2019-2020 (Periodo 1) e 2020-2021 (Periodo 2), ovvero l’anno prima della pandemia e quello corrente; i valori sono espressi in chilogrammi.
Tipo di materiale |
Periodo 1 |
Periodo 2 |
Minore produzione |
% |
carta/cartone |
967.520 |
890.470 |
77.050 |
7,96% |
nylon |
29.500 |
15.390 |
14.110 |
47,83% |
multimateriale e vetro |
1.238.950 |
1.146.550 |
92.400 |
7,46% |
rifiuto biodegradabile |
1.134.310 |
956.270 |
178.040 |
15,70% |
rifiuto indifferenziato |
741.630 |
684.930 |
56.700 |
7,65% |
rifiuti ingombranti |
181.940 |
152.600 |
29.340 |
16,13% |
Come era da attendersi si è avuto in calo importante nella produzione dei rifiuti (quasi 450.000 kg), calo significativo per alcune categorie merceologiche, minore per altre: mentre i rifiuti “multi materiale”, “carta” ed “indifferenziato” sono diminuiti relativamente poco in misura percentuale, la riduzione per le altre è stata notevole e ciò indica che il settore turistico produce molti imballaggi in nylon ma anche scarti biodegradabili ed i cosiddetti ingombranti. Potremmo dire che la diminuzione del volume del rifiuto è una cosa positiva, ma come per tutte le medaglie esiste un dritto ma anche un rovescio.
Ed il rovescio è un duplice effetto: il primo è il calo delle entrate per Azienda Ambiente che potrebbe, alla lunga, metterne in crisi il bilancio (con il conseguente aumento delle tariffe), il secondo, più subdolo, è l’emergere del fenomeno dell’inquinamento del rifiuto.
Ho scritto inquinamento in quanto di ciò si tratta: con la riduzione nei volumi dei grandi produttori è diventata evidente la brutta abitudine dei singoli che pensano di utilizzare le campane come ricettacolo di qualsiasi tipologia di spazzatura. Se ante pandemia il buttare nella campana un rifiuto non idoneo era una azione, comunque disdicevole, ma il cui effetto era mascherato dal tanto volume conferito regolarmente, riducendosi la quantità fornita dal sistema turistico (che evidentemente la raccolta differenziata la faceva correttamente) il rifiuto “sporco” è aumentato in percentuale. E questo aumento sulla bolletta finale non è indolore: infatti se il container che viene conferito ai centri di raccolta contiene una percentuale eccessiva di rifiuto non idoneo, il volume contenuto non viene inviato al riciclaggio ma alla discarica con un costo di 176 €/tonnellata.
In definitiva la pandemia ha sì ridotto il volume del rifiuto conferito, ma ha comunque messo in luce la fragilità del sistema di raccolta che si basa sulla buona educazione dei cittadini.
Se fino ad oggi si credeva che la cultura della differenziazione del rifiuto fosse entrata nel sentire comune, evidentemente ci si sbagliava. Serve sicuramente un controllo più attento di quanto viene conferito, ma questo da solo non basta. Dobbiamo capire che una differenziazione spinta è la direzione in cui andare, non ci sono alternative.