Non si tratta però di una vera e propria siccità, spiega il presidente dei geologi: “Le precipitazioni medie annue non sono diminuite, ma variate d’intensità e distribuzione temporale”
NordEst – “Stiamo assistendo al calo del livello dei fiumi. Guardando infatti gli alvei dell’Adige, del Brenta del Piave e del Po, si percepisce che ampie zone normalmente sommerse ora sono a giorno. Anche il manto nevoso in montagna, che costituisce una sorta di volano idrico a lento rilascio, è diminuito, tanto che si osserva una parte la diminuzione del suo spessore, e dall’altra il suo spostamento a quote sempre più elevate”. Sono queste le parole del presidente dell’Ordine dei geologi del Veneto, Giorgio Giacchetti.
“Le informazioni – per lo più grossolane e parziali – lasciano intendere che dovremo fronteggiare un nuovo periodo siccitoso causato dalla diminuzione delle precipitazioni – spiega Giacchetti –. Gli effetti immediati della siccità sono facilmente percepibili. Oggi gli sciatori e i gestori degli impianti di risalita vedono che c’è meno neve disponibile; domani, con l’avanzare della stagione estiva, sarà più difficile soddisfare la richiesta d’acqua per il comparto agricolo. Gli stessi bacini idroelettrici richiederanno specifiche strategie di gestione per non rimanere a secco”.
“Si teme – continua il presidente dei geologi veneti – che questa nuova, per così dire, siccità sia più pesante perché le precipitazioni dal 2022 ad oggi non hanno consentito di ricaricare le falde. E questo è un problema anche per il Veneto che potenzialmente ha risorse idriche enormi”. Non si tratta però di una vera e propria siccità, spiega il presidente: “Le precipitazioni medie annue non sono diminuite, ma variate d’intensità e distribuzione temporale; siamo cioè di fronte a piogge intense brevi che non consentono l’infiltrazione dell’acqua nel terreno e tendono a generare deflussi che si allontanano rapidamente. La situazione è molto complessa e richiede un nuovo modo di gestire delle acque.
Da una parte dobbiamo pensare a come immagazzinare i deflussi nel sottosuolo, dall’altra è necessario gestire al meglio le risorse disponibili. Per certi versi il quadro normativo attuale è confuso con troppe norme che si sovrappongono e con attenzione agli aspetti burocratici anziché agli aspetti ambientali e l’emungimento delle falde con pozzi avviene ancora di frequente in modo abusivo. Gli uffici del Genio Civile non hanno in organico geologi che possano controllare cosa avviene sul territorio, né valutare i progetti che vengono presentati. Il sottosuolo e relazioni tra le falde sono note in modo frammentario e approssimato; l’idrogeologia, la branca delle scienze geologiche che si occupa dell’acqua nel terreno, oggi lavora con modelli concettuali e numerici molto avanzati, fondamentali per la gestione di questi problemi. La sensibilità sul know how dei geologi si sta destando ora e con gran fatica, in Regione forse sta affiorando ora la giusta sensibilità. Ma serve un risveglio generale e immediato per far fronte alla complessa situazione”.