La catastrofe della Val di Stava si verificò il 19 luglio 1985 quando i bacini di decantazione della miniera di Prestavel ruppero gli argini scaricando 180.000 m3 di fango sull’abitato di Stava, piccola frazione del comune di Tesero, provocando la morte di 268 persone. È tristemente famosa per essere stata una delle più grandi tragedie che abbiano colpito il Trentino in epoca moderna
di Ervino Filippi Gilli
Primiero/Fiemme (Trento) – Ricordo che dopo le 13 del 19 luglio la valle di Primiero fu percorsa dal lacerante urlo della sirena d’allarme che annunciava una qualche sciagura e chiamava a raccolta i pompieri di tutta la valle. Il disastro era avvenuto nella vicina Val di Fiemme dove, alle 12.22 del 19 luglio 1985 crollavano i bacini di Prestavel. La colata di fango che si formò eliminò qualsiasi struttura umana dal fondovalle del rio Stava provocando la morte di 268 tra turisti e residenti.
I bacini crollati altro non erano che due grandi vasche poste l’una sopra l’altra formate da arginature in terra ed il cui scopo era quello di raccogliere i residui di lavaggio della miniera di Prestavel in cui veniva coltivata la fluorite. Questo minerale è un fluoruro di calcio i cui cristalli hanno un colore che può variare dal lilla all’azzurro al rosa; viene usato nell’industria metallurgica (per la produzione di alluminio in primis), in quella ceramica ed è utilizzata anche per la produzione di acido fluoridrico. Nata verso il XVI secolo come miniera di galena argentifera, solo nel dopoguerra l’industria estrattiva di Prestavel ebbe un grande sviluppo quando vennero individuati i filoni di fluorite. La concessione all’estrazione passò di mano in mano dalla Montecatini, alla Montedison, all’Eni ed infine alla società Prealpi Mineraria.
Questi passaggi fecero sì che i bacini di decantazione, progettati originariamente con un altezza di 9 metri, arrivassero alla fine ad essere alti quasi cinquanta: va da se che se si progetta una casa di due piani, sulle stesse fondazioni non è pensabile realizzare un grattacielo. E così, anche per l’intasamento del sistema di drenaggio, le pareti in terra cedettero, prima ilo bacino superiore poi quello inferiore di conseguenza, e la colata di fango sconvolse la valle attraversandola ad una velocità stimata in 90 chilometri all’ora.
L’inchiesta penale subito avviata si concluse nel 1992 con la condanna di 10 imputati per disastro ed omicidio colposo. Quello che emerge da tutta la storia è che, come nel caso della diga del Vajont, venne anteposta da parte delle società concessionarie la redditività economica degli impianti alla sicurezza delle persone, ma negligenze ed omissioni vennero riscontrate anche nell’operato degli Enti istituzionalmente preposti alla controllo del territorio.
Per ripercorrere un po’ di storia locale, mi piace ricordare che un qualche cosa di analogo (anche se per fortuna incruento) successe anche a Primiero nel 1901. Il 19 marzo di quell’anno infatti le abbondanti precipitazioni fecero si che il materiale depositato nell’alveo del rio Solan dalla ditta Trotter incaricata dei lavori dei costruzione della strada del Passo Gobbera, smottasse verso valle ed inghiaiasse oltre un ettaro di terreno ed alcune case nella frazione dei Masi di Imer.
Come si vede l’incuria e la poca attenzione al territorio non è cosa recente: c’è da chiedersi quante sono le discariche “pensili” realizzate ad esempio durante gli scavi del sistema idroelettrico Travignolo – Vanoi – Cismon? Quante di queste sono instabili? Quante altre potenziali Stava esistono ancora in Italia?
Per non dimenticare
Stava: un monito per il futuro della nostra terra . Il Vicepresidente Lorenzo Ossanna e il Segretario Questore Piero De Godenz alla commemorazione della tragedia di Stava in rappresentanza dell’intero Consiglio regionale