“Non è stato fatto niente nonostante le numerose aggressioni. Lotteremo fino alla fine”. Così la madre del giovane 26enne ucciso da un orso in val di Sole. Si attende il responso del DNA per identificare l’orso e procedere con l’abbattimento. Ecco l’ordinanza della Provincia. Legambiente: “Appello al Ministero Ambiente”. Animalisti si mobilitano contro l’abbattimento. Mercoledì pomeriggio l’ultimo saluto al giovane. Appello dai social affinché la sera del giorno dei funerali, mercoledì 12 aprile, venga esposto un lumino acceso sulle finestre delle case
Trento – “Non è stato fatto niente nonostante le numerose aggressioni. Lotteremo fino alla fine”. Così la madre del giovane 26enne ucciso da un orso in val di Sole. Franca Ghirardini, mamma di Andrea Papi, sottolinea tutta la sua rabbia e il suo desiderio di giustizia attraverso una accorata lettera a pochi giorni dall’aggressione mortale dell’orso, che le ha strappato il figlio 26enne alle pendici del monte Peller.
La lettera della madre di Andrea Papi
“Volevo dirvi – scrive Franca Ghirardini, madre di Andrea Papi – che la mia anima e quella dei miei familiari è devastata da un immenso dolore, non riusciamo a capacitarci e a farcene una ragione.
Il sapere che Andrea è stato in balia dell’orso mi devasta.
Andrea e Laura sono la nostra ragione di vita e per questo chiedo rispetto.
Andrea é nato e vissuto qua, amava la natura e la rispettava, il suo territorio, le sue cime, le sue traversate erano la sua vita.
Chiedo a tutte le popolazioni che vivono nei territori di montagna e alle amministrazioni di far sentire la loro voce e di non abbandonarci e di non abbassare la guardia, perché io e tutta la mia famiglia lotteremo fino alla fine per rendere giustizia al mio Andrea.
Ringrazio di cuore per averci aiutato a trovare nostro figlio tutta la macchina dei soccorsi, vigili del fuoco, soccorso alpino e speleologico, gli operatori con i cani da ricerca e molecolari, le forze dell’ordine, i volontari che si sono attivati e l’amministrazione comunale.
Vi chiedo un’ultima cosa: non dimenticate.
Dobbiamo ridare ad Andrea la sua dignitá.
Mi rivolgo con questo mio scritto alle autorità della provincia e dello Stato attuali e pregresse perché se è successa questa tragedia, evidentemente forse non è stato fatto tutto quello che poteva essere fatto.
Eravamo a conoscenza dei fatti accaduti nel tempo ma non ci sono stati grandi interventi per garantire la sicurezza della popolazione.
Sappiate che noi siamo arrabbiati e indignati.
Il sistema ha fatto sì che Andrea diventasse la prima vittima annunciata.
Questo va ricercato in una gestione del progetto Ursus che non ha saputo adeguarsi e affrontare l’aumento degli orsi e che non ha ritenuto di agire dopo le molte aggressioni che ci sono state in questi anni.
Non è stato fatto niente”.
L’incontro tra Provincia e sindaci
Gli amministratori locali della Val di Sole sono uniti: il numero degli orsi che frequentano le montagne del Trentino va fortemente ridotto. I sindaci hanno condiviso la linea assunta dalla Giunta provinciale, dopo la morte del giovane runner nei boschi di Caldes, nel corso dell’incontro di sabato mattina ospitata nella sede della Comunità Val di Sole con il presidente Maurizio Fugatti, il vice e assessore all’ambiente Mario Tonina e il dirigente generale del Dipartimento Protezione civile, foreste e fauna Raffaele De Col con i dirigenti dei Servizi foreste e faunistico, Giovanni Giovannini e Sergio Tonolli. “I cittadini chiedono risposte concrete, che le autorità sono chiamate a dare” hanno detto i sindaci, con in testa il primo cittadino di Caldes Antonio Maini e il presidente della Comunità Val di Sole Lorenzo Cicolini.
Le misure previste
Il presidente Fugatti ha illustrato le misure previste: con ordinanza contingibile e urgente è stato stabilito l’abbattimento dell’orso che ha causato la morte del 26enne di Caldes, alla quale seguiranno altre ordinanze per la rimozione dei tre esemplari problematici MJ5, JJ4 e M62. Gli orsi da abbattere sono dunque potenzialmente 4, qualora dalle indagini genetiche a cura della Fonazione Edmund Mach emergesse che il plantigrado che ha aggredito il runner non sia già classificato come pericoloso. Intanto prosegue il presidio intensivo da parte del Corpo forestale trentino del fronte di bosco compreso tra Mostizzolo e la Val Meledrio: il personale effettua anche una attività di informazione verso le persone che intendono usufruire della rete stradale e sentieristica.
“Fin dall’inizio di questa tragedia abbiamo trovato una grande unaità del territorio e dei suoi rappresentanti, che con senso di responsabilità istituzionale hanno dimostrato la volontà di affrontare congiuntamente la questione in merito alle soluzioni operative” ha spiegato il presidente Fugatti al termine dell’incontro. Il vicepresidente Tonina ha evidenziato come “dobbiamo distinguerci per razionalità e responsabilità rispetto alle esigenze della popolazione. L’Amministrazione dimostra in questo modo la giusta fermezza di fronte alla presenza di animali problematici: il progetto così com’è, oggi, non sta più in piedi e va rivisto in maniera radicale”. Il come lo ha spiegato il presidente della Provincia: “La presenza di oltre un centinaio di esemplari sul territorio Trentino non è sostenibile. Dobbiamo riportare la popolazione a circa 50 unità. Non importa come” ha detto Fugatti.
Lo studio di fattibilità del Progetto Life Ursus per la reintroduzione negli orsi in Trentino tra il 1999 e il 2002, curato dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica, aveva accertato l’idoneità ambientale per ospitare una popolazione vitale di plantigradi (40-60 orsi), che costituiva l’obiettivo finale del progetto. L’areale doveva andare ben oltre i confini del Trentino, mentre la maggior parte del centinaio di esemplari attualmente presente sul territorio provinciale si sposta all’interno di un’area ampia circa 1.500 chilometri quadrati (pari a un quarto dell’intero Trentino) e fortemente antropizzata.
La posizione del Parco Adamello Brenta
“Il Parco Naturale Adamello Brenta esprime il suo sincero cordoglio e la sua vicinanza alla famiglia di Andrea Papi per il dramma subito. La tragedia avvenuta sul monte Peller ci ha scossi profondamente. Il Parco è da sempre impegnato nella conservazione dell’orso bruno, missione che rappresenta uno dei motivi ‘forti’ per i quali l’area protetta è stata istituita. Fra la fine degli anni 90 e i primi anni 2000 siamo stati come noto fra i soggetti promotori del progetto Life Ursus, che ha consentito la reintroduzione in questa parte dell’arco alpino di una specie, l’orso bruno, o Ursus Arctos, considerata ormai pressoché estinta. Oggi il progetto non è più gestito dal Parco, essendo in capo alla Provincia autonoma di Trento. Ma il Parco continua a fare la sua parte, soprattutto con attività di ricerca, monitoraggio ed educazione ambientale.
Quello che è successo – si legge in una nota – ora deve spingerci ad accrescere ulteriormente il nostro impegno per minimizzare le possibilità che si verifichino altre situazioni conflittuali o drammatiche. Siamo convinti che, al di là delle decisioni da prendersi nell’immediato, sia necessario continuare a studiare, a fare ricerca, a cercare di capire perché certi eventi avvengono, e a confrontarci con i modelli offerti da altre realtà, pur nella consapevolezza che non si possono fare paragoni semplicistici fra territori diversi o specie diverse. Siamo inoltre convinti che una comunicazione corretta, trasparente e ‘laica’ sia la strada più giusta ed efficace per aiutare sia le genti trentine che i visitatori a vivere il nostro straordinario ambiente naturale in maniera sicura, attenta, consapevole. Per questo ci impegneremo a coltivare un ancora più stretto dialogo con le strutture provinciali competenti, con gli enti locali, con le comunità interessate. Moltiplicheremo il nostro impegno nelle scuole, nei sentieri assieme agli escursionisti, nelle nostre case del Parco, nei luoghi dove si concentrano i visitatori, per dare loro informazioni utili anche sulla presenza di grandi carnivori e per prevenire l’insorgere di situazioni potenzialmente ‘a rischio’.
Tutto questo – conclude il comunicato – nella consapevolezza che l’uomo è parte della natura, che gli equilibri ecologici sono delicati e fragili e che, anche se le emozioni in queste ore sono tante e assolutamente comprensibili, è necessario muoversi con determinazione, lucidità e coerenza, unendo le forze e promuovendo ad ogni livello il necessario confronto e lo scambio di informazioni. Le basi del futuro rapporto con le specie animali, anche con gli orsi, non possono che nascere in questo modo: con la crescita delle conoscenze, la conseguente adozione di scelte condivise nella maniera più ampia possibile, la diffusione nella popolazione di regole e buone prassi chiare e comprensibili”.
Legambiente chiede tavolo di confronto
“Quando accaduto in Trentino Alto Adige – commentano Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente e Andrea Pugliese, presidente di Legambiente Trento – è un fatto preoccupante. Esprimiamo la nostra vicinanza sia alla famiglia del giovane di 26 anni Andrea Papi originario di Caldes in Val di Sole aggredito e ucciso da un orso sia alla comunità locale trentina. È chiaro che il destino di questo orso sia ormai segnato, così come è evidente che in Trentino Alto Adige ci sia un problema di gestione di questi plantigradi e di convivenza con la comunità locale. Nel caso di orsi problematici o eccessivamente confidenti, il PACOBACE (il Piano d’azione interregionale per la tutela dell’orso bruno sulle alpi centro-orientali) prevede infatti due soluzioni estreme: la prima, indicata con la lettera J, prevede la cattura e la detenzione permanente, la seconda opzione, indicata con la lettera K, prevede l’abbattimento dell’orso.
Scelta quest’ultima che sarà adottata per questo orso in linea con quanto previsto dal PACOBACE. Per questi motivi lanciamo oggi un appello al Ministero dell’ambiente per chiedere che venga istituito in tempi rapidi un tavolo tecnico e di confronto al dicastero con regioni, aree protette e associazioni perché la grande sfida da affrontare è il miglioramento della gestione e la convivenza con l’orso, e lo si può fare solo insieme con il supporto della scienza e coinvolgendo in uno step successivo anche le comunità locali. Solo così si potrà evitare che si dia il via ad una nuova caccia alle streghe che abbia per protagonista l’orso, rischiando di far crescere e aumentare la paura nelle comunità locali e tra i turisti”.
Legambiente ricorda che questo sarebbe il primo caso registrato nel nostro Paese negli ultimi 150 anni di un’aggressione di un orso che provoca una vittima, a fronte di 7 aggressioni ufficialmente registrate nell’area alpina italiana negli ultimi anni e qualche decina di contatti diretti tra il plantigrado e l’uomo. La tragicità dell’evento e il dolore del momento non devono far dimenticare i rischi insiti nella natura e negli animali che la frequentano, e al tempo stesso Legambiente sottolinea che è importante aspettare gli esiti della relazione ufficiale di ISPRA che chiarirà la dinamica dei fatti per prendere le decisioni più appropriate.
Inoltre, riguardo le affermazioni del presidente Fugatti sulla non sostenibilità del progetto Life Ursus, l’associazione ambientalista ricorda che il progetto in questione che ha previsto la reintroduzione dell’orso bruno nelle aree del Brenta, dove era in via di estinzione, è stata un’iniziativa importante dal punto di vista ecologico, riportando una specie iconica sulle Alpi Centrali, e ha avuto anche importanti ricadute sull’immagine del territorio. Sicuramente quanto accaduto in Trentino apre anche una riflessione sul futuro del progetto in questione, che però non deve essere sminuito. Al presidente Fugatti, Legambiente sottolinea, inoltre, che quello che è mancato in Trentino-Alto-Adige, negli ultimi 10-15 anni, è una campagna di comunicazione e informazione che potesse aiutare a costruire una convivenza e a gestire le situazioni problematiche, si è preferito invece costruire un clima di allarme e contrapposizione.
“Il programma finanziario LIFE della Commissione Europea in questi 30 anni – aggiunge Nicoletti – ha rappresentato e rappresenta un importante strumento nella valorizzazione della natura e della biodiversità utilizzato sia in Europa sia in Italia. Esempi emblematici arrivano proprio dall’Italia, culla di diversi casi di successo di progetti LIFE Natura che si sono distinti per aver migliorato e ripristinato lo stato di conservazione di diverse tipologie di habitat, dalle Alpi agli Appennini”.
Nel report “Biodiversità a rischio 2022”, Legambiente ricorda che dal 1992 grazie al Programma LIFE ad oggi sono stati cofinanziati in Europa oltre 5.000 progetti che hanno mobilitato 12 miliardi di euro di investimenti di cui 5,6 miliardi di euro stanziati dalla Commissione europea a titolo di cofinanziamento. L’Italia ha raggiunto un primato, sia in termini di cofinanziamenti ottenuti sia di progetti finanziati. Tra il 1992 e il 2020, sono stati finanziati più di 970 progetti determinando un investimento complessivo di oltre 1,7 miliardi di euro, di cui circa 850 milioni di euro stanziati dalla Commissione europea a titolo di cofinanziamento.