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Tragedia Haiti. Venti italiani ancora dispersi: Paese nel caos

Il caos dopo la tragedia – Nelle strade è un ammasso di corpi e macerie, il passaggio è ostruito, ovunque l’odore del sangue. Centinaia di persone si aggirano per le vie a chiedere soccorso e aiuti, bambini vagano da soli, storditi, disperati. Si cerca di contare le migliaia di vittime e si scava incessantemente per tentare di salvare i dispersi, mentre continuano a susseguirsi le scosse di assestamento. E’ l’inferno di Haiti, distrutta dalla furia del sisma. E’ l’apocalisse di un Paese che non c’è più.

Migliaia di haitiani hanno passato la terza notte all’addiaccio e la disperazione per i soccorsi che tardano ad arrivare si diffonde tra la popolazione. Tra i corpi ancora disseminati per strada a Port-au-Prince, in attesa di essere caricati sui camion e trasferiti al General Hospital, nel punto di raccolta, molta gente circola con un fazzoletto davanti alla bocca per non respirare l’aria che si è fatta mefitica. Testimoni hanno riferito che la gente esasperata ha usato i corpi delle vittime del sisma per formare blocchi stradali, nella disperata protesta di chi chiede con urgenza acqua e cibo.

Secondo la Croce Rossa haitiana, nel sisma sono morte 45-50mila persone ma potrebbero essere fino a 100mila per l’Organizzazione panamericana della sanità. Il presidente Rene Preval ha annunciato che 7mila corpi sono stati sepolti in fosse comuni. Preval ha anche chiesto al Brasile l’invio al più presto armi e munizioni non letali per sedare eventuali rivolte. Barack Obama ha avuto oggi un colloquio telefonico con il presidente haitiano al quale ha assicurato il pieno sostegno di Washington negli sforzi per i soccorsi e la ricostruzione dell’isola. Il presidente americano ha sottolineato la generosità del popolo americano nell’inviare aiuti per l’isola caraibica, ma ha spiegato "che ci vorrà del tempo per istituire punti di distribuzione e assicurare che gli aiuti siano distribuiti in maniera sicura ed efficace".

Tutto il mondo si sta mobilitando per questa terra, già piegata da povertà, calamità naturali e instabilità politica. Le comunicazioni sono interrotte, la voce della tragedia arriva attraverso internet: su Facebook continuano ad apparire richieste di aiuto e appelli, come quello di utilizzare le navi da crociera per ospitare feriti e sfollati. Ad Haiti serve tutto: mezzi meccanici per gli scavi e la rimozione dei cumuli di massi e cadaveri, viveri e medicinali salvavita. C’è il pericolo che si diffondano febbre tifoidea, colera, tetano e peste. Mentre banditi e sciacalli sono già entrati in azione.

Le Nazioni Unite sono pronte a inviare nuove truppe se sarà necessario, per aiutare la polizia locale, prevenire le violenze e garantire la sicurezza del loro personale e della distribuzione degli aiuti umanitari. E il segretario generale Ban Ki-moon ha lanciato l’appello perché vengano stanziati 550 milioni di dollari per l’assistenza. Ban ha inoltre preannunciato una visita ad Haiti ‘molto presto’.

Nel sisma hanno perso la vita anche diversi ministri ed esponenti politici, tra cui il titolare della Giustizia, Paul Denis, e l’esponente dell’opposizione Michel Gaillard. E’ morto anche il numero due della missione di stabilizzazione dell’Onu per Haiti (Minustah), il brasiliano Luiz Carlos da Costa. Sono 37 le vittime confermate e 330 i dispersi tra il personale delle Nazioni Unite.

Nella devastazione qualche bagliore di speranza. I soccorritori al lavoro a Port-au-Prince hanno estratto numerosi superstiti dalle macerie dell’hotel Montana, dove risiedevano la maggior parte dei funzionari internazionali in missione. Recuperato ancora vivo dopo 50 ore passate sotto le macerie dell’hotel anche un cittadino americano di 47 anni. A pochi metri di distanza, una squadra di soccorso americana è riuscita a salvare una cittadina francese che, raccontano, ha subito chiesto un bicchiere di vino. Tratto in salvo anche un bambino di due anni recuperato da sotto le macerie della sua casa a Port-au-Prince. Il piccolo, già diventato simbolo della speranza nella città rasa al suolo, è stato salvato da un soccorritore spagnolo, che lo ha portato subito fra le braccia della madre.

Archiviata per il momento l’ipotesi di inviare una nave militare italiana (‘non è la soluzione più efficace’ ha detto il ministro La Russa), il nostro Paese sta concentrando gli sforzi sui mezzi aerei più immediati. La notevole distanza dell’isola caraibica dalle coste italiane mal si concilierebbe infatti con l’esigenza di assicurare un intervento tempestivo. Mentre ad Haiti è già arrivata la portaerei Usa ‘Carl Vinson’ con mille soldati e 19 elicotteri. Gli Stati Uniti hanno inviato altre sei navi, tra le quali tre unità anfibie dotate di elicotteri e una nave ospedale. E’ invece previsto per lunedì l’invio di 9-10mila soldati per aiutare a distribuire gli aiuti e a prevenire possibili disordini.

Il governo dell’Avana ha acconsentito a mettere a disposizione il proprio spazio aereo. In questo modo i voli umanitari dei militari americani per evacuare da Guantanamo alla Florida le vittime del terremoto di Haiti potranno sorvolare l’isola di Cuba. Lo ha riferito il portavoce della Casa Bianca, Tommy Vietor. L’accordo raggiunto per ragioni umanitarie permetterà di ridurre la durata dei voli Usa che normalmente devono decollare e tenersi lontani dallo spazio aereo cubano, girando intorno all’isola prima di fare rotta verso la Florida.

Gli italiani dispersi e la prima vittima –
Gigliola Martino (nella foto di Adnkronos.it), è la prima vittima italiana del sisma ad Haiti. 

 

Il ministro degli Esteri conferma il decesso della donna, 70 anni, nata a Port-au-Prince. Preoccupazione per due funzionari Onu e per una terza persona, sepolta sotto le macerie di un supermercato. Frattini annuncia: "Possibile evacuazione". Sono oltre 176 i connazionali contattati. Un numero per comunicare la presenza di parenti o amici: 06.36225.

La Russa: ‘Pronti ad inviare nave’. Il sisma ha distrutto cattedrale, Palazzo presidenziale e la sede Onu. Obama: ‘Siamo con voi’. Si temono 500mila vittime, ma è presto per fare bilanci su questa immane tragedia.

‘Conosciutissima nella comunità francese ed haitiana, Gigliola Martino era una delle ultime italiane di Haiti – scrive ‘la Gente d’Italia ‘-. Un’italiana vera che continuava a parlare la lingua di Dante. Che faceva ancora la pasta in casa, che cucinava il ragù la domenica…Esponente di una delle due famiglie di oriundi più importanti dell’isola caraibica, i Caprio e i Martino presenti ad Haiti da oltre un secolo. Arrivarono insieme a Port-Au-Prince ai primi del 1900, Ernesto Caprio e Gennarino Martino. Dalla lontanissima Teora, piccolo centro della provincia di Avellino. E ad Haiti, insieme, hanno costruito fabbriche, hanno aperto banche, hanno dato lavoro a migliaia di haitiani.

Categories: NordEst
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