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Funivia caduta sul Mottarone, “freni di sicurezza non hanno funzionato”

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“Altrimenti la cabina si sarebbe bloccata” spiega il procuratore capo di Verbania

NordEst (Adnkronos) –La funivia aveva terminato la sua corsa, mancavano pochi metri all’arrivo, ma il cavo si è rotto. Lo schianto ha fatto 14 morti. “Il cavo era tranciato a terra e il sistema di freni di sicurezza pacificamente non ha funzionato perché la cabina si sarebbe bloccata. Perché questo si sarebbe verificato è oggetto dell’accertamento che sarà svolto” afferma Olimpia Bossi procuratore capo di Verbania che si occupa della tragedia di domenica 23 maggio sul Mottarone. Si indaga per “omicidio colposo plurimo” per le 14 vittime e “lesioni colpose per il bimbo ferito”, ma il procuratore capo Olimpia Bossi è pronta anche a procedere per “disastro colposo, una fattispecie specifica prevista come attentato colposo alla sicurezza dei trasporti”.

Anef, vicina alle famiglie delle vittime

ANEF, l’Associazione Nazionale Esercenti impianti a Fune, esprime il suo cordoglio per le vittime del tragico incidente di questa mattina della funivia Stresa-Mottarone ed è vicina alle loro famiglie e a quelle dei feriti. “Siamo senza parole – spiega la presidente, Valeria Ghezzi – gli impianti a fune sono tra i mezzi di trasporto più sicuri in assoluto. Basti pensare che gli ultimi incidenti in Italia, entrambi sul Cermis, risalgono al 1976, per un errore umano e al 1998 quando un aereo tranciò i cavi della struttura. L’attenzione nei confronti della manutenzione e dello stato degli impianti è sempre altissima, la nostra priorità, è una tragedia che non riusciamo a spiegarci. Dobbiamo attendere le necessarie verifiche per capirne le ragioni”.

La procura di Verbania pensa di affidarsi al Politecnico di Torino, in particolare ad esperti di impianti a fune, per eseguire gli accertamenti irripetibili che saranno necessari per chiarire le cause della tragedia del Mottarone. Sotto sequestro l’area interessata dalla caduta della cabinovia, il cui recupero, fa notare il procuratore capo, “è un’operazione molto complicata”, dato che la cabina si trova in una zona impervia è lontana da una strada percorribile con mezzi di soccorso. Sarà personalmente il procuratore capo, insieme al sostituto Laura Carrara (di turno ieri), a occuparsi dell’inchiesta – per ora senza indagati – aperta per omicidio plurimo colposo e lesioni colpose.

Non penso che ci saranno iscrizioni oggi, dobbiamo ancora avere il quadro completo ed esaustivo di tutti i soggetti giuridici che a vario titolo sono interessati alla gestione o alla revisione dell’impianto, stiamo acquistando tutta la documentazione relativa e sulla base di questa valuteremo”. “C’è l’ente proprietario che deve essere ancora chiarito se è tuttora la Regione Piemonte e/o il Comune di Stresa, c’è la società che gestisce l’impianto che è la società Ferrovie del Mottarone, ci sono le società che hanno effettuato lavori di ristrutturazione dell’impianto che hanno riguardato il biennio 2014-2016 e c’è una società incaricata della revisione annuale (la normativa prevede una revisione annuale), l’ultima ci risulta effettuata nel novembre 2020, circa sei mesi fa”, spiega il procuratore capo. “Stiamo acquisendo i report finali che per legge devono essere trasmessi a un ufficio periferico territoriale del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture e anche sulla scorta di quello che emergerà avremo un quadro completo”, aggiunge. “La mia intenzione è quella di evitare iscrizioni nel registro degli indagati inutili, ma al tempo stesso senza correre il rischio di ometterne altre in vista del conferimento di incarichi di consulenza che potrebbero essere anche di carattere irripetibile”.

La Commissione governativa

Un “giorno di grande tristezza, tutto il Paese, il governo, si stringe intorno ai familiari delle vittime” ha detto il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini che ha partecipato al tavolo tecnico al Palacongressi di Stresa in provincia di Verbania all’indomani dell’incidente sul Mottarone. Gli aspetti ancora oscuri dell’incidente sul Mottarone, assicura, “verranno chiariti”. “Il ministero già ieri sera ha istituto una commissione che si aggiunge alle indagini della magistratura” annuncia spiegando che non mancherà “l’impegno di tutte le istituzioni non solo per evitare che questo accada ancora, ma per aiutare chi è stato colpito”. “Fin da ieri tutte le istituzioni hanno reagito in maniera straordinariamente rapida, efficiente e coordinata”. “L’assistenza ai familiari (delle vittime e dell’unico sopravvissuto, ndr.) in questo momento è cruciale, le azioni che sono state messe in atto non devono terminare”.

“E’ importante che tutti mettano a disposizione la documentazione, che ci sia uno spirito di collaborazione anche nelle fasi successive” aggiunge. “Ringrazio il sindaco per una giornata di lutto cittadino, questa comunità proprio in un momento di ripartenza è stata particolarmente colpita da questo evento è ha dimostrato già nelle ore scorse senso di responsabilità e partecipazione”.

Il Ctu del Ponte Morandi

“Il primo messaggio che voglio trasmettere è procedere con assoluta cautela prima di attribuire delle cause” rispetto al disastro della funivia caduta sul Mottarone, “perché di solito, se si indicano frettolosamente delle cause, in realtà si fa molto male visto che dalle cause si risale direttamente alle responsabilità”. E’ un invito secco alla prudenza – dialettica e non – quello che arriva, analizzando l’incidente con l’Adnkronos, dall’ingegnere Ganpaolo Rosati, ordinario di Tecnica delle Costruzioni al Politecnico di Milano, che é stato consulente del Gip – in qualità di strutturista – nella tragedia del Ponte Morandi. “Risalire alla responsabilità significa attribuire a delle persone o dare giudizi su delle persone che magari si dimostreranno non coinvolte o magari estranee ai fatti accaduti” osserva Rosati.

Per comprendere i motivi della tragedia del Mottarone “bisognerà ora procedere ad una profonda ‘autopsia’ della funivia, ad una analisi della infrastruttura che è molto vicina ad un esame autoptico” che si compie sul corpo di una vittima. “Una funivia -spiega Rosati- è una infrastruttura di mobilità che ha delle caratteristiche simili a quelle di un ponte ma è una macchina con sue peculiarità specifiche”. “Non bisogna dimenticare – continua Rosati – che qualsiasi oggetto dell’ingegneria, ma anche dell’architettura o del designer, è prima di tutto una struttura e deve assolvere al compito di resistere ad una prestazione. Anche una sedia di casa deve resistere ad una performance – centinaia e centinaia di volte – altrimenti la persona che si siede cade, quindi il suo ruolo è principalmente strutturale”.

“La sicurezza di un manufatto è legata al suo comportamento strutturale. Il lavoro di diagnosi della struttura è come una ‘perizia autoptica’ perché non sarà analizzata solo la cabina ma anche le funi, i carrelli, gli argani, le parti di monte, le parti di valle: è tutto l’insieme che va considerato” spiega ancora Rosati sottolineando che “procedere all’autopsia della funivia consentirà di arrivare con una ragionevole affidabilità all’identificazione delle cause della tragedia”.

“La mia esperienza mi dice che non c’è mai una causa sola” dice all’Adnkronos l’ingegnere Ganpaolo Rosati, ordinario di Tecnica delle Costruzioni al Politecnico di Milano. “Stiamo parlando di una funivia che è una infrastruttura che però è una macchina, è come un’ascensore con le stesse caratteristiche di un ponte a cui si abbinano caratteristiche di una macchina con argani in movimento che si possono anche bloccare” continua Rosati.

L’ingegnere aggiunge che però “non bisogna dimenticare una cosa fondamentale, e che l’esperienza di tanti anni mi porta a ricordare, e cioè che su questo tipo di tragedia pesa il problema tecnico ma anche il fattore umano”.

“Non possiamo – osserva Rosati- entrare nel merito esatto riguardo al fattore umano che comprende l’errore umano puro ma anche la malafede, l’etica, la deontologia professionale o semplicemente l’incompetenza, tutti fattori che riguardano il fattore umano, un fattore che ora va citato ma poi stabiliranno periti e giudici quanto è influente”. “Per la mia esperienza, il fattore umano può essere determinante e, purtroppo, potrebbe emergere come fra i primi fattori anche di questa tragedia”, aggiunge ancora l’ingegnere.

Il bimbo sopravvissuto

Sono gravi ma stabili le condizioni del bimbo di 5 anni rimasto, invece, ferito nello schianto della funivia. Il piccolo “è sedato e intubato – spiega Giorgio Ivani, direttore della rianimazione del Regina Margherita – ieri sera ha fatto un intervento per mettere in sicurezza le fratture che aveva agli arti inferiori e superiori, ora resta sedato e addormentato nel corso della giornata faremo risonanza magnetica per valutare le condizioni del cervello. Per ora è presto per dire se ci siano danni permanenti”.

“Le condizioni sono stabili” ha ribadito il direttore generale della Città della Salute di Torino, Giovanni La Valle. “In questo momento è monitorato, resta in prognosi riservata e lo resterà per le prossime 48 ore”. “Un dramma nel dramma”. “La giornata di ieri è stata difficile dal punto di vista empatico ed emozionale, nonostante in ospedale si vedano tutti i giorni situazioni particolarmente drammatiche. Siamo rimasti tutti coinvolti come se fossero figli nostri”. “La famiglia è qui, in ospedale, ma ha chiesto in questo momento il massimo riserbo, è in lutto per quello che è successo e in ansia per il bambino, non vuole per questo rilasciare alcuna dichiarazione” aggiungendo che la famiglia chiede di pregare con loro.

La zia del bimbo

“Ho saputo cosa era successo dai messaggi di WhatsApp” racconta la zia del bimbo di origine israeliana. “Ho cominciato a ricevere tanti ‘mi dispiace‘, e non capivo perché. Ho chiamato mio fratello che non mi ha risposto così come mia cognata, allora ho chiamato i contatti di WhatsApp dicendo che non avevo idea del perché mi mandassero quei messaggini…due ore dopo abbiamo ricevuto la conferma dai carabinieri e capito che mio nipote era vivo perché il suo nome non era nell’elenco”. “Ho perso mio fratello, mia cognata, un altro nipotino – dice – e con loro sono morti anche i nonni di mia cognata, che dopo aver ricevuto il vaccino in Israele avevano deciso di venire in Italia per stare un po’ con i bis nipoti dicendo ‘cosa mai può succedere in Italia’”.

Medico, da diciassette anni circa in Italia, la zia non si sbilancia sulle condizioni del bimbo che oltre alle fratture alle gambe, nello schianto ha riportato anche un politrauma. “Non sappiamo quale sarà la direzione, il trauma subito include il trauma cranico, bisogna vedere a lungo termine come andrà la situazione. Per adesso – conclude – siamo qui aspettando che ci facciano vedere il piccolo almeno da lontano”.

La figlia di una vittima

“Papà, ironia della sorte, io ero sul versante opposto della montagna con la mia famiglia, voi avete pensato di andare finalmente a farvi un bel giro in funivia nel primo giorno di sole e libertà e invece le nostre strade si sono divise per sempre. So che da lassù adesso faremo finalmente pace perché, semplicemente, in questa vita non eravamo destinati a riuscire a parlarci in modo giusto”. E’ un saluto amaro quello che Angelica, figlia di Vittorio Zorloni, 55 anni, tra le vittime del crollo della funivia di Stresa insieme alla compagna e al figlio Mattia, di cinque anni, ha dedicato al papà su Facebook.

“Adesso – scrive da Varese, dove vive- so che capirai ancora meglio che le nostre continue incazzature reciproche derivavano soltanto da tutte le incomprensioni e l’amore che non riuscivamo mai ad incanalare nel modo giusto. Comunque papà, ti ho amato tanto e per questo mi facevi così arrabbiare e so che anche tu mi hai amata tanto. Anche se non leggerai mai queste parole c’è una cosa più grande e potente che ci legherà in eterno. E so, papà, che non è stato in questa vita, ma sarà nella prossima in cui sistemeremo tutto e ci riabbracceremo”, aggiunge.

La ragazza, avuta dal precedente matrimonio del padre, parla anche del piccolo Mattia. “Oggi diventi un angelo meraviglioso e tanto prezioso accompagnato dalla tua mamma. Vi porto nel cuore come solo le cose belle si possono portare. Alla prossima vita, che adesso possiate ridere tutti e tre di nuovo insieme nella luce più splendente di tutte”.

La dinamica della tragedia

La cabinovia è precipitata per “15-20 metri, poi ha rotolato per qualche decina di metri e si è fermata contro due tronchi di alberi”, spiega Giorgio Santacroce, tenente colonnello del Nucleo operativo dei carabinieri di Verbania. L’incidente è avvenuto ieri poco prima delle 12 e l’impatto è stato devastante tanto che alcuni corpi sarebbero stati sbalzati e trovati ad alcuni metri di distanza dal cavo tranciato.

Il Consiglio nazionale degli ingegneri

“Negli ultimi anni da parte degli operatori non ci sono mai stati motivi di allerta che facevano ipotizzare una carenza o nella normativa o nelle procedure di controllo del funzionamento delle funivie” dice ad Adnkronos/Labitalia Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale ingegneri. “L’incidente di Mottarone è inspiegabile visto che l’Italia è leader nel mondo nella realizzazione di questo tipo di opere, anche dal punto di vista della sicurezza”. “Le manutenzioni – fa notare – sono state effettuate nei modi e nei tempi programmati; anche perché stiamo parlando di un tipo di opere molto attenzionate ed essendo tutto a vista si possono controllare abbastanza agevolmente”.

L’ambasciatore di Israele

L’Ambasciatore israeliano in Italia Dror Eydar, il Console Eitan Avraham, e l’Ambasciata d’Israele stanno assistendo la famiglia delle vittime israeliane da quando hanno ricevuto la notifica dalla polizia locale “espletando anche tutti i passi necessari burocratici necessari per il rientro delle salme in Israele”. “L’Ambasciatore d’Israele Dror Eydar ha espresso il suo profondo dolore per il crollo della funivia Stresa – Mottarone, sgomento per quanto accaduto ha espresso le sue condoglianze alle famiglie delle vittime”. “Profondamente colpito dalla tragedia, l’Ambasciatore ha voluto fare per tutte le vittime una preghiera citando un verso del Profeta Isaia. 25,8 : ‘Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto”, si legge ancora nella nota.

Il presidente della Comunità Ebraica di Milano

I familiari del piccolo Eithan Biran “sono molto provati e non vogliono parlare con nessuno” ha detto all’Adnkronos Milo Hasbani, presidente della Comunità Ebraica di Milano. “Noi della Comunità siamo sconvolti, i bambini venivano nella nostra scuola”, ha aggiunto.

I vescovi

I vescovi italiani, riuniti a Roma per la 74esima Assemblea Generale, esprimono la loro “sentita partecipazione al dolore di quanti sono stati colpiti dal tragico incidente alla funivia Stresa-Mottarone e assicurano preghiere di suffragio per le quattordici vittime”. “Profondamente colpiti da quanto avvenuto”, i Vescovi, si legge in una nota , “si stringono al piccolo sopravvissuto e ai familiari delle vittime assicurando la vicinanza di tutta la Chiesa in Italia.

“Si tratta di un evento – afferma il cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana – che tocca nel profondo la sensibilità di tutti, soprattutto in considerazione del contesto di serenità e di svago nel quale si è consumata la tragedia. Il profondo dolore si fa adesso preghiera d’intercessione per i componenti delle cinque famiglie, di conforto per i loro cari e di sostegno per il bambino sopravvissuto e ricoverato in gravi condizioni presso l’ospedale di Torino”. Presente a Roma anche il vescovo di Novara, monsignor Franco Giulio Brambilla, Vice Presidente della Cei, in contatto costante con la diocesi che comprende il luogo dell’incidente. Ieri il presule ha chiesto che venga fatta piena luce sulla tragedia.

L’arcivescovo di Milano

“Che una carezza dal cielo conforti. Una carezza per favore. Una carezza, per favore, per il cuore straziato di mamme, papà, familiari e amici di coloro che sono partiti e non sono tornati. Una carezza per favore, per paesi segnati dall’orrore per coloro che sono morti ed erano vivi, vicini di casa, colleghi di lavoro, compagni di gioco”. Con queste parole, l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, esprime il proprio cordoglio. “Una carezza per favore, per consolare chi non vuole essere consolato. Una carezza per favore, per seminare un po’ di luce in un giorno di sole finito in tenebre impenetrabili”, continua la preghiera. “Una carezza, per favore, per dire le cose per cui non bastano le parole. Una carezza – dice – per alleviare la rabbia per le promesse non mantenute, per quello che non doveva capitare. Una carezza, per favore, perché giunga un segno a dire la speranza di vita eterna. Una carezza, per favore, per rivelare che Dio piange con i figli desolati, ricongiunge i fili spezzati, asciuga le lacrime e non delude chi si affida a lui. Una carezza, per favore, che venga dal mistero inaccessibile, una carezza di Mattia, Vittorio, Elisabetta Samantha, Silvia, Alessandro, Angelo Vito, Roberta, Barbara, Itshak, Tom, Tal, Amid, Mohammend, Serena”, conclude.

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