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LA STORIA/Valeria Ghezzi, una donna alla guida degli Impiantisti: “Detestavo sciare e amavo il mare, poi mi sono appassionata. Impianti e Ambiente, non sono in contrasto”

“Ci sono arrivata quasi per caso, perché in famiglia eravamo tutte ragazze, non c’era un fratello né un cugino che si occupasse dell’azienda, come genesi familiare avrebbe previsto al tempo. Non era nei miei programmi ma ha funzionato”


 

di Liliana Cerqueni

 

Primiero San Martino di Castrozza (Trento) – Abbiamo incontrato Valeria Ghezzi, Presidente dell’ANEF (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari) e Presidente della Sezione Impianti a Fune dell’Associazione Industriali del Trentino. Alle nove di mattina, c’è già un vivace giro di persone entusiaste per la giornata che si prospetta, tra piste innevate di fresco, aria purissima, confortevole ristorazione alla partenza e in vetta, personale competente e cordiale, un magnifico cielo sereno.

Lei è un’imprenditrice affermata; prima di approdare in questo angolo di Trentino da Milano, città d’origine, qual è stato il Suo percorso di vita, di studi, di preparazione? Io ho studiato alla Scuola Interpreti di Ginevra, ho fatto lingue al liceo, sognavo di fare l’interprete per girare il mondo. Sono finita col girare sulla Milano-Venezia. Le mie aspirazioni erano viaggiare, parlare mille lingue diverse e poi, invece, la vita ti porta in altri posti.

Com’è stato il Suo esordio in quest’attività? Quando nel 1989 stavo finendo l’Università, mio papà è stato male, l’azienda qua era abbandonata perché lui non poteva più seguirla e nessuno lo faceva. A quel punto mi sono detta: “Vado almeno a vedere…”. Ci sono andata e mi sono fermata per 30 anni. Quindi, alla fine, la vita a volte soverchia tutti i nostri “volere”. Qua ci sono arrivata quasi per caso, perché in famiglia eravamo tutte ragazze, non c’era un fratello né un cugino che si occupasse dell’azienda, come genesi familiare avrebbe previsto al tempo. Non era nei miei programmi ma ha funzionato.

Che cosa significa avere visione imprenditoriale? E’ una cosa innata, insita nella persona o è una condizione che uno si costruisce giorno dopo giorno, con l’esperienza, le occasioni, l’intuizione? Penso che per ciascuno sia diverso, non esiste una ricetta. In primo luogo, quando ho iniziato venivo da una facoltà di Lingue, 7 anni di Svizzera, completamente irreggimentata, all’oscuro di contabilità, bilanci e quant’altro. Ricordo ancora l’angoscia di quando andavo a cercare il significato di TFR e la presa di coscienza di cosa significhi mandare avanti un’azienda. Le prime due regole entrate nel mio quotidiano sono state: un gigantesco bagno di umiltà, perché devi renderti conto che non sai niente e poi l’applicazione del buonsenso in tutte le cose, perché è vero che serve la competenza ma è altrettanto vero che è necessario fermarsi, studiare, ragionare e applicare il buonsenso.

Valeria Ghezzi in Toscana per lo sviluppo delle località sciistiche
dell’Appennino tosco-emiliano

Come sono stati i Suoi primi passi in questa nuova realtà che andava delineandosi?
Ho passato i primi anni in archivio, ho imparato tutto quello che era possibile sulle funivie, studiando i vecchi documenti. Il caposervizio di allora, Bruno, mi ha fatto da maestro ma nella parte amministrativa e contabile non potevo contare su nessuno. Mi sono comprata un libro, “La contabilità per i non ragionieri”, che tengo ancora come un’icona dei ricordi. All’inizio uno deve imparare anche quello che non gli interessa perché l’azienda richiede anche questo aspetto, e poi pian piano procede.

Qual è stata la chiave di volta che l’ha fatta decidere definitivamente di cominciare quest’avventura inizialmente per necessità, e rimanere?
Io detestavo la neve, detestavo sciare e amavo il mare; ero prossima a ottenere il brevetto di insegnante di nuoto e nessuno avrebbe detto che sarei finita qua. Mi sono appassionata a questo lavoro. Ho fatto un percorso, acquisito competenza ma soprattutto ho continuato il mio lavoro con passione ed entusiasmo, altrimenti avrei finito ancora prima di iniziare. Bisogna poi avere il coraggio di mettersi in gioco, di assumersi le responsabilità. Fare tutto con i soldi e le responsabilità degli altri è molto facile e purtroppo questa è una tendenza che noto in molte occasioni. Assumersi responsabilità significa che prima di dare la colpa al tempo piuttosto che agli altri, io metto in discussione me stessa e poi la mia azienda. Vedo tutto ciò che posso fare e le colpe lasciamole alla teoria… Dire “E’ colpa di…” significa scaricare il problema per autoassolversi.


L’Alpe di Tognola e San Martino di Castrozza, dove recentemente è stato inaugurato anche il nuovo Hotel Residence Langes della Famiglia Ghezzi (nelle foto in basso con il presidente della Provincia di Trento, Ugo Rossi e l’assessore Michele Dallapiccola)

Che figura è il buon imprenditore nel vostro settore? L’imprenditore è colui che deve inventarsi qualcosa ogni giorno, altrimenti non “imprende”. Noi, qui in Tognola, diamo un servizio ai clienti però poi, se vuoi continuare l’attività e rimanere vivo, devi avere ogni giorno un’idea diversa, innovare, inventare. Devi fare la differenza. Negli anni ’60, in pieno boom economico, era tutto facile; oggi lo sci è uno sport maturo, la funivia è un settore che se non è certo in crescita ma che se va bene è stagnante altrimenti è in discesa. In un ambiente come Primiero San Martino di Castrozza, con tutti i problemi che conosciamo, fa la differenza innovare ogni giorno. Non è sempre facile e non sempre si riesce.

Cosa suggerirebbe agli amministratori e a chi ricopre un ruolo decisionale, riguardo il settore impianti ma anche il comparto turistico in generale? Quali sono le criticità che penalizzano, fermano, bloccano, immobilizzano?
In questi anni ho fatto molti interventi e mi è sempre stato risposto di “starmene a casa mia”, cioè in Tognola. Senza polemica, è necessario rendersi conto che, e lo dico anche come Presidente dell’ANEF dove sto facendo un grande lavoro in questa direzione, impianti e ambiente non sono in contrasto né in contraddizione perché noi abbiamo bisogno degli impianti per valorizzare l’ambiente in cui siamo. Questo perenne contrasto che viviamo, tra impianti o insediamenti socioeconomici e parco è un grosso fattore limitante in molte occasioni; è l’antitesi allo sviluppo e a qualsiasi studio per la valorizzazione del territorio. Si deve anche tenere conto della sostenibilità socioeconomica legata al settore, in termini di personale dipendente e possibilità occupazionali.

Qual è la Sua esperienza diretta a proposito di questi rimbalzi tra proibizionismo e permissività? All’interno della mappa che copre quest’area, dalle Pale di San Martino al Lagorai, la mia azienda occupa un piccolo spazio urbanizzato che contribuisce e garantisce il sostentamento socioeconomico della valle. Qui non devono esserci sempre dei NO, dei limiti e dei vincoli rigorosi a volte assurdi; detto questo, si comprende e si accetta la giusta tutela ambientale, arrivando ai corretti compromessi che permettano di vivere. Attaccarsi all’integralismo sul discorso del bacino sulla Tognola, che è un lago artificiale costruito tra la cabinovia, la Rododendro e le piste da sci, per me è inconcepibile. La rigidità ad oltranza è un grosso limite anche in molte altre situazioni. Ci vuole equilibrio nelle scelte e questo è il concetto che sta passando anche a livello nazionale.

Cosa significa per Lei, fare turismo? Noi non vendiamo le funi, le cabine o le seggiole. La gente che sale lo fa perché c’è un panorama fantastico, porta i bambini per l’aria buona, perché va in un posto unico dove a piedi non potrebbe magari andare. Si sale per fare sport, per divertirsi, per rigenerarsi e quindi dobbiamo sviluppare il concetto in cui l’impianto serve a condurre in certe determinate e definite zone, persone che altrimenti non potrebbero godere la montagna. Senza questa possibilità, di chi sarebbe la montagna? Un privilegio esclusivo di pochi e questo non è democratico. Diventerebbe discriminatorio se si pensa ai disabili: noi facilitiamo loro l’accesso alla montagna e siamo contenti di poterlo fare. Non vogliamo una montagna d’èlite, di pochi alpinisti giovani e forti, immagine drammaticamente sbagliata. A mio nonno bastava aprire l’impianto, non si batteva neanche la pista e la gente arrivava in numeri esorbitanti. Oggi non basta mettere in funzione gli impianti, battere la neve e rendere tutto perfettamente agibile perché ciò che si deve offrire è un servizio completo, che siano le iniziative per i bambini o per gli snowborder, o ancora manifestazioni ed eventi vari che rendano la vacanza allettante.

Può fare una panoramica della situazione in Trentino nel settore Impianti a Fune?
Il punto che mi sta a cuore è questo: nelle altre valli del Trentino, operano all’interno di ciascuna imprenditori impiantistici che collaborano a un obiettivo comune, non necessariamente arrivando a costituire una società unica ma collaborando assieme al Consorzio Impianti. Fanno bene il loro mestiere con passione e totale dedizione, non come ripiego nei ritagli e spazi lasciati da mille altre attività. A Primiero questa cosa manca, purtroppo. Io ho le mie idee su sviluppo, investimenti, modalità del procedere ma mi mancano gli interlocutori, da chi prepara un sano piano economico finanziario, a chi adotta tecniche gestionali diverse da quelle del passato. A me oggi manca un collega che faccia questo di mestiere, col quale collaborare per creare insieme ciò che fa la differenza.

Quali sono le Sue conclusioni su ciò che ha potuto osservare?
In valle manca il credere nell’investimento sugli impianti e non penso che manchino i soldi per farlo. Quando una cosa interessa fortemente i soldi saltano fuori e si lavora tutti nella stessa direzione. Manca la passione, manca anche la competenza nella gestione degli impianti. Occorre vedere aldilà dei muri. Manca anche qualcuno che sappia fare un buon piano industriale perché, quando si investono 6-7 milioni di euro, ci deve essere un piano industriale in cui si prospetti lo scenario peggiore, quello medio e lo scenario migliore per sapere già cosa fare all’occorrenza. Non va sempre bene ma devi averlo fatto. La cosa grave è non averlo mai fatto.


Durante l’intera intervista, Valeria Ghezzi non ha smesso un solo attimo di parlare con autentica passione, quella stessa passione che lei augura a tutti gli imprenditori. Nel frattempo, il parcheggio alla partenza della Tognola si è riempito all’esaurimento, la gente scende dalle auto e si avvia con entusiasmo, sci e tavole in spalla, verso quel piccolo lembo di Paradiso per trascorrere una giornata indimenticabile.


 

 

 

 

 

 

 


Proto:

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  • L'intervista ripropone, tra le altre cose, vari aspetti teorici ed operativi che dovrebbero essere oggetto di una disincantata ponderazione e di un oggettivo approfondimento.
    In particolare il ragionamento sulla responsabilità focalizza un reale e storico problema. Per questo motivo mi pare interessante rileggere il testo per poi, magari, considerarne il contenuto degno di una piccola riflessione: "Bisogna poi avere il coraggio di mettersi in gioco, di assumersi le responsabilità. Fare tutto con i soldi e le responsabilità degli altri è molto facile... Assumersi responsabilità significa che prima di dare la colpa al tempo piuttosto che agli altri, io metto in discussione me stessa e poi la mia azienda. Vedo tutto ciò che posso fare e le colpe lasciamole alla teoria… Dire “E’ colpa di…” significa scaricare il problema per autoassolversi."

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