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Venezia, contraffazione: un problema non solo dei commercianti

La contraffazione alimenta i traffici della malavita organizzata e toglie opportunità di lavoro ai giovani

Venezia – “La contraffazione e l’abusivismo uccidono l’economia italiana e minano alle radici l’appeal del “made in Italy”. Contro di essi la tolleranza zero deve diventare un’abitudine quotidiana, senza eccezioni e senza buonismi di maniera”. Lo ha ribadito il presidente del Veneto Luca Zaia, riferendosi ai dati diffusi oggi da Confcommercio – Censis, una cui ricerca attribuisce 17,2miliardi di perdite l’anno alle imprese commerciali, ai bar e ai ristoranti.

“La contraffazione e la vendita illegale non è un problema dei soli commercianti – ha ricordato Zaia – ma riguarda tutta la società e tutta la produzione italiana di valore: dall’abbigliamento all’agroalimentare; dalla tecnologia all’artigianato. Non significa solo minor reddito per gli imprenditori onesti della distribuzione, ma anche migliaia di posti di lavoro in meno per i nostri giovani, ricchezza che passa nelle mani di organizzazioni malavitose, minore sicurezza per tutti, rischi per la salute, riduzione delle entrate fiscali che poi devono essere compensate dai contribuenti onesti”.

“Combattere questo fenomeno è un dovere civile, che vede in prima fila le Forze dell’Ordine alle quali va il mio plauso, ma che deve coinvolgere tutta la società, l’intera collettività e ogni livello istituzionale. Tollerare un venditore abusivo che vende borse contraffatte per strada non è un gesto di carità – dice ancora il presidente del veneto – ma una complicità, pur nella consapevolezza che spesso di tratta di povera gente che rappresenta l’ultimo anello, il più debole, ma pur sempre di una catena malavitosa che parte da grosse organizzazioni, comprende stabilimenti produttivi e lavoro in nero, senza futuro e senza sicurezza e via dicendo.

Questa catena illegale va fermata ad ogni livello, anche perché è foriera di molestie e di disordine sociale che una società civile non può e non deve permettere”.

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