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Caso Brancher, Bufera sul ministro bellunese

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Il processo – ‘Mi sento preso in giro da Brancher che sabato mattina doveva essere in aula: non c’e’ nessun legittimo impedimento’. E’ cominciata tra le polemiche per l’assenza del neo Ministro del Federalismo sul banco degli imputati il processo milanese sul tentantivo di scalata ad Antonveneta da parte della Popolare di Lodi di Giampiero Fiorani. Il rappresentate della pubblica accusa, Eugenio Fusco, ha puntato il dito contro Brancher mettendo in luce tutte le ‘lacune’ che a suo giudizio caratterizzerebbero la certificazione della presidenza del Consiglio che attesta il legittimo impedimento del Ministro nominato appena 8 giorni fa e imputato in un filone del processo Antonveneta per concorso in appropriazione indebita e ricettazione.

Per Brancher, il suo primo atto da Ministro e’ stato quello di chiedere la sospensione del processo per 4 mesi, sulla base della legge sul legittimo impedimento. Ma proprio ieri, alla vigilia dell’avvio del processo Antonveneta, e’ arrivato l’altola’ dal Quirinale, che in una nota ha escluso la possibilita’ che Brancher, ministro per il Federalismo e dunque senza portafoglio, possa avvalersi della norma che blocca i processi per premier e ministri. ‘So che Brancher e’ un ministro senza portafoglio – ha spiegato Fusco riferendosi al contenuto della nota diffusa ieri dal Quirinale – ma non so con quali deleghe perche’ nel documento della Presidenza del Consiglio non ci sono scritte: come posso immaginare i suoi impegni istituzionali non rinviabili? Che abbia almeno la bonta’ di precisare quali sono le sue deleghe’.

Il magistrato, pur convinto della palese incostituzionalita’ della legge che ‘congela’ i processi per premier e ministri, non intende tuttavia inviare gli atti del processo alla Corte Costituzionale. A suo giudizio, il processo Antonveneta deve proseguire anche a luglio, proprio perche’ per Brancher ‘non c’e’ nessun legittimo impedimento’.

Le reazioni politiche – Venerdì era arrivato il cartellino rosso per il neo ministro dal Quirinale: "nessun legittimo impedimento". Sabato dal Pd il commento serrato: «Si dimetta».
Lo stesso Umberto Bossi ammette alla stampa: «Il neoministro è stato poco furbo».

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