"I writers – ha spiegato Gianni Franzoi, che ha coordinato l’indagine della municipale – realizzano i graffiti di notte, in luoghi vietati e traggono soddisfazione dal firmarli con un simbolo, Tag, per poi pubblicizzarli in internet ed eventualmente guadagnare denaro dall’oggettistica legata alla loro opera". "Venezia diventa così particolarmente appetibile perché – ha aggiunto – all’opera si affianca il monumento, lo scorcio singolare del luogo che serve da spinta pubblicitaria".
La polizia municipale, censiti una cinquantina di graffiti tra il Ponte di Rialto, il Ponte dei Miracoli, le Chiese di San Simeon Grande, San Someon Piccolo, San Cassiano e Santa Fosca, ha ricostruito le Tag, le firme, di tre writers – Squon, Gafuck e Zetaerre – ed é scattata la caccia in internet.
A casa dei tre sono state trovate e sequestrate centinaia di bombolette spray, decine di erogatori, migliaia di fotografie relative alle loro opere (molte riguardano treni e andranno alla polfer per ulteriori indagini), computer e un telefono cellulare in cui Gafuck immortala – "la pistola fumante indice di colpevolezza" dice Franzoi – una delle sue opere appena realizzate.
Il Comune ha annunciato che in sede giudiziaria si costituirà parte civile per il risarcimento dei danni e inviterà a fare altrettanto i cittadini vittime dei writers. "Nulla contro la produzione artistica – avverte Marco Agostini, direttore generale del Comune – se questa viene espressa nei luoghi opportuni, ma là dove si fa un danno specie in una città come Venezia è giusto che si paghi". "Pensiamo poi se si tratta di luoghi significativi – ha aggiunto – come il Ponte di Rialto che peraltro è già in condizioni di degrado ed ha bisogno di un urgente e costoso restauro".