Augusto Murer, schivo protagonista della scultura italiana del Novecento, viene omaggiato – nel centenario della nascita (1922-2022) – con un’esaustiva retrospettiva dal titolo “Augusto Murer. Alle origini della scultura” visitabile fino al 18 settembre 2022 al Museo Civico presso Palazzo Fulcis a Belluno. Interessante esposizione dedicata a Murer anche nella casa della Montagna di San Martino di Castrozza
di GianAngelo Pistoia
NordEst – La mostra è il momento apicale delle celebrazioni che la Regione del Veneto, la Provincia di Belluno ed i Comuni di Belluno e di Falcade (dove ha sede il Museo Murer e dove l’artista è nato il 21 maggio del 1922) con Longarone Fiere e d’intesa con altre istituzioni pubbliche e private hanno organizzato quest’anno per ricordare un artista che, come evidenzia Elio Armano – che delle celebrazioni è il direttore artistico – «non fu “solo” un grande scultore ma anche un uomo e un intellettuale, che si immerse nella storia del suo tempo».
Augusto Murer è noto ai più per i grandi bronzi espressionisti. Dal monumento realizzato nel 1968 a Vittorio Veneto per il cinquantesimo della prima guerra mondiale, alla grande figura in bronzo del 1974 sulla sommità del Grappa, al celebre monumento “Alla “Partigiana”, realizzato in collaborazione con Carlo Scarpa e collocato sulla Riva dei Partigiani che conduce ai Giardini della Biennale di Venezia. Un pathos, che si ritrova anche in tanti lavori religiosi, come il grande portale della chiesa di Caxias do Sul, dedicato all’epopea degli emigranti veneti in Brasile.
Ma è nel disegno e nello scolpire il legno, materia prima delle sue vallate, facilmente reperibile e poco costosa, che Augusto Murer esprime la potente immediatezza della sua arte. Sono in legno le opere dei secondi anni ’40. Con sculture in legno partecipa al Premio Suzzara, tra i più prestigiosi nell’Italia del dopoguerra. É del 1953 l’esordio milanese, sostenuto da Orio Vergani e Renato Birolli, mostra che lo impose sulla scena nazionale.
Da lì un percorso fitto di opere, in legno e in bronzo, di disegni e di frequentazioni. Con Mario Rigoni Stern, per il quale realizza la serie di acqueforti dedicate a “Il Sergente nella Neve”, con Rafael Alberti, che gli dedica la poesia “Augusto Murer escultor 1977”, con Andrea Zanzotto, Carlo Levi, Renato Guttuso, Sandro Pertini e Giorgio Amendola solo per citarne alcune.
Viene chiamato a lavorare ed esporre in diversi Paesi tra Europa e Americhe, le sue opere entrano nei musei più importanti. Ma l’epicentro non si sposterà mai dai monti di casa. E qui volle lasciare testimonianza di sé, disponendo che il suo “studio”, costruito in mezzo ai boschi delle montagne agordine, diventasse un “museo”, centro di arte e di cultura che conserva i suoi bassorilievi, le sue opere scolpite nel legno e quelle fuse in bronzo.
Non a caso, la mostra di Palazzo Fulcis, curata da Dino Marangon, si sofferma sugli anni ’40 e ’50 dell’artista. Sono quelli del fondamentale incontro con Arturo Martini, anni in cui Augusto Murer mette a punto un suo autonomo linguaggio, proprio operando con il disegno e con il legno. Si trattò di un rapporto breve, racchiuso nel volgere dell’autunno 1943, “fino a quando il maestro e l’allievo dovettero abbandonare Venezia per seguire strade indicate da opposte ideologie”. A proposito del maestro, Murer non esitò a riconoscere che «Martini gli tolse le cataratte dagli occhi, fornendogli una nuova visione sulla differenza tra la semplice imitazione delle apparenze e l’esigenza di concepire l’opera essenzialmente come un mondo poetico».
«In ogni caso, già nel corso degli anni Cinquanta – sostiene Dino Marangon – Murer è in grado di realizzare opere intensissime, caratterizzate da una originaria sintesi tra immagine e significato simbolico e metaforico che lungi dall’impoverirne il senso e le capacità espressive conferiscono ad esse una dimensione di universalità, caricandole di una implicita istanza morale e di libertà e affrancandole da ogni ufficialità accademica o solennità classicistica. Ecco allora le forme aguzze e tormentate del “Torturato” del 1952, l’energica tenerezza del “Torello” del 1953, l’emozionante vivacità e spontaneità, ricca di energia comunicativa del “Pastore” del 1954, l’accentuata verticalità, a conferire un senso di condivisa e riflessiva aspirazione alla libertà dei “Giovani acrobati” del 1955, e ancora l’adolescenziale aprirsi alla sorpresa del vivere dell’“Arlecchino” dello stesso anno, o la straordinaria naturalezza, pur nell’imperiosa urgenza delle necessità vitali, del “Ragazzo che beve” del 1956. Nel “Minatore” dello stesso anno e nei numerosi disegni sulle miniere della Valle Imperina, Augusto Murer affronta il tema del lavoro, inteso come dimensione primaria dell’uomo, nella sua dignità muta e grandiosa, a confronto con l’ambiente duro e ostile, mentre sarà invece la grazia e la freschezza a improntare l’antidealistica immagine dell’“Adolescente” del 1960».
La vocazione di Augusto Murer di misurarsi con i grandi spazi viene sottolineata in mostra dall’esposizione del bozzetto in bronzo de “Alla Partigiana”: il primo di una vasta serie di monumenti sulla prima e sulla seconda guerra mondiale e sulla resistenza nei quali Murer affronterà la problematica di una rinnovata monumentalità concepita come monito contro la violenza e la disumanità della guerra e dell’oppressione e come invito all’impegno e alla speranza.
«La mostra – conclude il curatore Dino Marangon – offre inoltre alcuni capolavori di quel realismo originario che pare essere la cifra più vera dell’arte di Murer: opere nelle quali fenomeno e simbolo appaiono così strettamente fusi insieme da impedire ogni facile svolgimento narrativo, costituendo così un continuo interrogativo in grado di superare ogni codice e ogni aspettativa precostituita. A tali assunti sembrano rispondere il bozzetto del monumento “Alla Partigiana” (1964), nel quale il tormentato panneggio pare fondersi con le onde che ne hanno abbandonato a riva il corpo esangue; il bronzo, tratto dal grande frassino della “Maternità” (1971), che nell’affettuoso sommovimento della materia-forma giunge a superare le più compassate cadenze degli accenti mooriani, pur qua e là affioranti; il misterioso “Uomo che cammina nella neve” (1979), nel quale le stesse vicissitudini dell’imponente ulivo secolare che lo costituisce sembrano identificarsi con l’anelito e la durezza dell’aspra condizione esistenziale del muto e solitario protagonista; il sensuoso ed essenziale “Torso femminile” (1985), dolce e rigoroso insieme».
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Antiga Edizioni e curato sempre da Dino Marangon. Catalogo arricchito da un’introduzione di Carlo Cavalli, conservatore dei Civici Musei di Belluno, e da autorevoli contributi di Elio Armano, Gianni Berengo Gardin, Dino Bridda, Francesco Jori, Mirko Marzaro, Giuseppe Mendicino, Paola Marini, Tiziana Pagani Cesa, Franco Posocco e Chiara Visentin.
- Il sito web della mostra è: www.mubel.comune.belluno.it/Musei/Palazzo-Fulcis
Murer alla casa della Montagna
In occasione del Centenario della nascita del grande artista nato a Piè di Falcade, anche il Comune di Primiero San Martino di Castrozza ospita una mostra a lui dedicata, nella Casa della Montagna di San Martino di Castrozza, visitabile fino al 28 agosto.
A distanza di vent’anni dall’ultima esposizione curata dall’ Associazione “La Bottega dell’Arte” nel 2002 al Palazzo delle Miniere di Fiera, torna con una personale di oltre 50 opere tra sculture in bronzo, pezzi unici in legno, dipinti e acqueforti, uno dei più significativi scultori italiani della seconda metà del Novecento.
Per l’occasione è stata esposta per la prima volta al pubblico, una delle più grandi sculture lignee del Maestro intitolata “La Contadina” alta più di tre metri oltre alla cartella completa delle acqueforti originali Mistieròi con il poemetto dialettale veneto di Andrea Zanzotto tradotto in italiano.
- Casa della Montagna – Via Pezgaiart, 16 – San Martino di Castrozza (Tn)
Orari: dal lunedì al sabato 17:00-19:00 / 20:30 – 22:00. Ssabato e domenica 10:00 – 12:30. Ingresso libero