Il Museo Revoltella di Trieste ospita fino al 5 giugno una interessante mostra dedicata all’artista Claude Monet e ai suoi colleghi impressionisti che rimasero stregati dalla bellezza della Normadia
di GianAngelo Pistoia
NordEst – «Il Sole 24 Ore, consacra Trieste “capitale della qualità della vita”. La città si colloca al primo posto in Italia nella categoria “Cultura e tempo libero”, al secondo in “Affari e lavoro”, al quarto in “Ambiente e servizi”. È un risultato straordinario, che premia un impegno ventennale e ci pone nel miglior stato d’animo per affrontare le sfide che ci attendono in questi anni di riscatto dagli effetti negativi lasciatici in eredità da due anni di pandemia. Trieste ha investito sul turismo e su sé stessa, grazie all’impegno di tutti i suoi attori: nelle istituzioni, nelle imprese, nella cultura.
Sulla scia di questa scommessa vinta, la città, oggi più che mai, continua e deve continuare a correre. E lo fa anche con questa mostra che rinsalda, in una sede di assoluto prestigio quale il Museo Revoltella, i rapporti di collaborazione con Arthemisia e pone in relazione, nel segno di un’emozionante stagione dell’arte, le sponde dell’alto-Adriatico con quelle della Normandia».
Con queste parole il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, ha presentato la mostra “Monet e gli Impressionisti in Normandia”. È stato poi Giorgio Rossi, assessore alle politiche della cultura e del turismo del capoluogo giuliano, che ha edotto i presenti sulla durata della mostra – fino al 5 giugno – e sulla “splendida location” che la ospita.
A questo proposito ha affermato: «Il Museo Revoltella, istituito nel 1872 per volontà testamentaria del barone Pasquale Revoltella, ha una doppia anima: quella della dimora baronale, eretta su progetto di Friedrich Hitzig tra il 1854 e il 1858, e quella del contiguo Palazzo Brunner, sede della Galleria d’Arte Moderna, acquisito dal Comune di Trieste nel 1907. L’attuale fisionomia del complesso museale si deve all’architetto Carlo Scarpa che, negli anni Sessanta, mise mano a un progetto destinato a essere portato a compimento alla fine degli anni Ottanta. Il rinnovato Revoltella è stato definitivamente aperto al pubblico nel 1992.
Nel trentesimo anniversario di riapertura del Museo, questa mostra si muove sulla lunghezza d’onda di una precisa volontà del suo fondatore. Lasciando in eredità alla città di Trieste – ad uso esclusivo di un istituto di Belle Arti – la sua dimora, la sua collezione d’arte, nonché un capitale da utilizzare per incrementare con ulteriori acquisti l’originaria collezione, il Barone Revoltella intendeva regalare ai posteri un laboratorio di fruizione artistica. Frutto della ormai collaudata collaborazione con Arthemisia, nonché dell’impegno profuso da chi quotidianamente opera con entusiasmo e dedizione all’interno del sistema museale triestino, questo allestimento di “Monet e gli Impressionisti in Normandia” offre al visitatore non soltanto l’occasione di ammirare una straordinaria collezione di opere realizzate nel secondo Ottocento dai Maestri dell’Impressionismo, ma di mettere queste opere in produttiva relazione con quanto il Museo Revoltella veniva acquisendo in quegli stessi anni».
Conclusi i discorsi istituzionali di rito, i colleghi giornalisti hanno potuto visitare con calma ed apprezzare l’esaustiva mostra approdata anche a Trieste con un eccezionale corpus di oltre 70 opere che racconta il movimento impressionista e i suoi stretti legami con la Normandia.
Sul palcoscenico di questa terra, pittori come Monet, Renoir, Delacroix e Courbet – in mostra insieme a molti altri – colgono l’immediatezza e la vitalità del paesaggio imprimendo sulla tela gli umori del cielo, lo scintillio dell’acqua e le valli verdeggianti della Normandia, culla dell’Impressionismo.
La mostra “Monet e gli Impressionisti in Normandia” è incentrata soprattutto sul patrimonio della Collezione Peindre en Normandie – tra le collezioni più rappresentative del periodo impressionista – affiancata da prestiti provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, dal Belvedere di Vienna, dal Musée Eugène-Boudin di Honfleur e da collezioni private.
L’esposizione ripercorre le tappe salienti di questa corrente artistica: opere come Falesie a Dieppe (1834) di Delacroix, La spiaggia a Trouville (1865) di Courbet, Camille sulla spiaggia (1870) di Monet, Tramonto, veduta di Guernesey (1893) di Renoir raccontano gli scambi, i confronti e le collaborazioni tra i più grandi artisti dell’epoca che – immersi in una natura folgorante dai colori intensi e dai panorami scintillanti – hanno conferito alla Normandia l’immagine emblematica della felicità del dipingere.
Furono gli acquarellisti inglesi come Turner e Parkes che, attraversata la Manica per abbandonarsi allo studio di paesaggi, trasmisero la loro capacità di tradurre la verità e la vitalità naturale ai pittori francesi: gli inglesi parlano della Normandia, della sua luce, delle sue forme ricche che esaltano i sensi el’esperienza visiva. Luoghi come Dieppe, l’estuario della Senna, Le Havre, la spiaggia di Trouville, il litorale da Honfleur a Deauville, il porto di Fécamp – rappresentati nelle opere in mostra al Museo Revoltella – diventano fonte di espressioni artistiche di grande potenza, dove i microcosmi generati dal vento, dal mare e dalla bruma possiedono una personalità fisica, intensa ed espressiva, che i pittori francesi giungono ad afferrare dipingendo en plein air dando il via così al movimento impressionista.
Dunque, l’esposizione racconta l’“irresistibile attrazione” degli artisti per la Normandia, regione francese divenuta nell’Ottocento un vero e proprio laboratorio di idee per i grandi artisti impressionisti.
Le relazioni tra la Normandia e la pittura sono ormai celebri. Grazie ai progressi della ferrovia nel corso dell’Ottocento, la regione diventa luogo d’incontro degli artisti parigini e partecipa alla nascita dell’Impressionismo e alla sua evoluzione, che continua fino alla metà del Novecento. Accanto ai numerosi pittori illustri (Monet, Corot, Courbet, Boudin, Marquet, Géricault, Jongkind), altri artisti meno noti (Noël, Lepic) celebrano il matrimonio tra la luce e il cielo normanno nutriti del lirismo naturale dei loro paesi. Questi, e molti altri, sono gli autori delle tele provenienti dalla prestigiosa raccolta dell’Association Peindre en Normandie di Caen. La collezione, creata nel 1992 su iniziativa del Consiglio Regionale della Bassa Normandia e di partners privati, riunisce in modo unico celebri artisti e altri autori meno noti che hanno rappresentato il paesaggio normanno dalla metà dell’Ottocento fino all’inizio del XX secolo.
Il percorso della mostra si articola in cinque sezioni: “La Fattoria Saint Siméon”, “In riva al mare: svago e villeggiatura”, “In riva al mare: il lavoro”, “Terra normanna” e “Lungo la Senna”.
La prima sezione racconta come tanti luoghi della costa normanna, da Honfleur a Langrune, hanno forgiato, attraverso l’incontro tra i pittori, il naturalismo del paesaggio i cui quadri, accumulati anno dopo anno tra il 1830 e il 1870, hanno scritto la parte più significativa della storia dell’Impressionismo. Tra le numerose oasi di pace, nel cuore di una natura rigogliosa ma al contempo selvaggia, la fattoria Saint-Siméon situata sulla Côte de Grâce ebbe un ruolo capitale perché favorì l’amalgama di una natura sublime, ma anche dura e cupa, con i suoi abitanti ritratti nella loro fatica quotidiana e i suoi turisti colti nella loro oziosità.
Lontani dal clima accademico dei Salon, i pittori trovavano i loro soggetti nella campagna circostante o allontanandosi verso le spiagge. Charles Daubigny è l’artista che saprà render maggiormente in pittura ciò che il territorio gli offriva. Ma accanto a lui vi erano, fra i tanti, Boudin, Jongkind, Courbet, Dubourg, il giovane Monet, Cals, Pécrus, ma vi erano già stati Isabey, Corot e Troyon.
Nella seconda sezione si scandaglia soprattutto il lavoro di Monet. Scriveva J. Morlent nel 1853: «Dei pittori di Parigi sono venuti a chiedere alle belle falesie di Étretat ispirazioni e punti di vista che, riprodotti sulla tela, esposti nei nostri musei, comprati da questi troppo rari mecenati che scambiano volentieri il loro oro con le opere d’arte, hanno portato lontano la fama di queste naturali e splendide illustrazioni».
Nella stessa epoca anche Monet dipingeva in riva al mare. Per tradurre questa vitalità, egli aveva trovato soluzioni opposte alla prospettiva convenzionale utilizzata da Boudin: trattava gli sfondi liberamente,come delle quinte di teatro nelle quali figure sparse creavano un effetto di profondità su di un campo uniformemente piatto, ingentilito da alcune variazioni cromatiche. Monet penetra nel soggetto sociale, come i suoi predecessori avevano fatto con la fisica degli elementi.
Nel 1870 egli fa di Camille Doncieux, entrata da qualche anno nella sua vita, una villeggiante che posa tra la buona società in riva al mare, atteggiamento artificioso, ma pienamente nutrito d’ombra e di luce. Nello stesso anno, nella sua ricerca di immagini e di svaghi eleganti, Monet rende protagonisti i lussuosi alberghi in riva al mare e le “promenades” turistiche. Egli via via abbandona i soggetti convenzionali, e, al contrario, sceglie fra i suoi interlocutori Turner, Courbet, il mare e tutte le forme degne di nota. Volge le spalle al realismo parigino per sfruttare il naturalismo del paesaggio, la cui esecuzione non si associa più a null’altro se non alla sua struttura, alla cattura misurata della luce, alla vibrazione dei volumi al di là della loro massa e della loro opacità.
Si ha la conferma, con Monet, che la modernità non risiede nel soggetto ma nel comportamento del pittore nei suoi confronti. Il naturalismo di Monet è, come quello dei suoi maestri Boudin e Courbet, una sorta di coinvolgimento fisico che conferisce uno spessore del tutto diverso agli accenti romantici del suo ideale. Maupassant ne ha dato un’immagine celebre: «Un’altra volta prese a piene mani un temporale abbattutosi sul mare e lo gettò sulla tela. Ed era davvero pioggia quella che aveva dipinto, nient’altro che la pioggia che penetrava le onde, le rocce e il cielo appena individuabili sotto quel diluvio».
Nella terza sezione della mostra intitolata “In riva al mare: il lavoro” si racconta di come gli artisti Impressionisti pervasi di nostalgia per aver conosciuto un mondo che si allontana dalla realtà come quello dei turisti volgono ora lo sguardo alle lavandaie e ai pescatori, mentre già molti abitanti delle coste si convertono ai piccoli mestieri offerti dal turismo emergente: organizzare gite in barca, spostare le cabine sulla spiaggia, pescare per sfamare i turisti che arrivano giorno dopo giorno. La costa si trasforma e si modifica: alberghi, stabilimenti balneari, casinò.
I villeggianti sono sempre più morbosamente attratti dalle celebrità dell’aristocrazia e dello spettacolo che vivono in sfarzose dimore. Le regate riempiono l’orizzonte e le corse sostituiscono in un nuovo immaginario l’arrivo della diligenza e il ritorno dal lavoro nei campi. Questi temi permangono nella visione degli artisti, ma sono ormai avulsi dal loro contesto, percepiti più come soggetti curiosi dalle caratteristiche particolari e suggestive.
Claude Monet è il pittore che meglio vive questa contraddizione, lui che ha costruito la propria arte dipingendo i paesaggi della Manica, ispirato da cieli, vento, porti, spiagge e falesie. Al mondo di marinai e pescatori – a cui si aggiunge la nuova dimensione turistica, avida non solo di svago e bagni in mare, ma proprio di quelle rappresentazioni delle marine che vengono acquistate e portate a casa perché capaci di ricordare, lontano dall’attimo vissuto, momenti e luoghi – si aggiungono, come se questo non fosse abbastanza, le suggestive atmosfere inglesi che permeano profondamente tanto le alture di Sainte-Adresse come le spiagge di Trouville. Grazie a questi elementi, nella pittura di Monet matura un gesto tanto libero quanto efficace, una disposizione rapida, quasi brusca, una composizione capace di coniugare il mare, la pesca, le regate, i vaporetti e la mondanità.
“Terra normanna” è la quarta sezione della mostra. Fin dal XVIII secolo la letteratura ha offerto della terra normanna un’immagine di abbondanza. La morfologia dei luoghi entra con forza nella descrizione letteraria e, con essa, i motivi iconografici stereotipati del frutteto e del meleto. Gli elementi che compongono la natura si fanno oggetti e diventano degni di nota nelle loro combinazioni di forma o di colore.
La Normandia è la terra pittoresca per eccellenza, pur non avendo lo statuto eroico attribuito di norma alle montagne; tuttavia essa saprà essere immortalata molto bene dalle innumerevoli rappresentazioni della costa, il cui aspetto rimane selvaggio, spesso ostile, indomabile, lontano dalle spiagge e dall’entusiasmo per la vita di mare. Come dice Stendhal a proposito della penisola del Cotentin: «Da Saint-Malo a Avranches, Caen e Cherbourg, questo paese è anche quello più ricco di alberi e con le colline più belle di Francia. Il paesaggio sarebbe senz’altro degno di ammirazione se ci fossero delle grandi montagne o almeno degli alberi secolari»; per Maupassant, a proposito della regione di Caux: «Sentieri scavati ombreggiati dai grandi alberi cresciuti sulle scarpate. Casupole racchiuse nelle loro cinture di faggi slanciati».
La fattoria Saint-Siméon dava rifugio, soprattutto, a desideri di lidi e di fughe lontane tra gli alberi. Come dice Armand Frémont in “Normandie sensible”, la vera ricchezza della regione stava nelle sue «piccole pianure dolcemente ondulate, altipiani inclinati, vallate incassate e spesso asimmetriche, collinette e bacini, lunghi versanti convessi, bocage che paiono parchi all’inglese distribuiti su vasti appezzamenti di terreno, folti boschetti, addossati gli uni agli altri come dei ripari, sentieri scavati e in parte nascosti. I pittori non hanno dovuto fare altro che portare alla luce questa trama antica della Normandia contadina».
Infine la quinta sezione della mostra intitolata “Lungo la Senna” veicola un immaginario che partecipa alla nascita della modernità grazie ad alcuni acquarelli di Turner, che realizza un inventario di luoghi pittoreschi, di monumenti e di rovine; una cultura colta, vitale per lo sviluppo di una coscienza del patrimonio, che si coniuga con le trasformazioni violente dei tempi moderni, che i pittori amano e sanno fare proprie grazie alla loro capacità di trascendere l’istante e di esacerbare i sensi. Se Honfleur e Le Havre possiedono un’identità spiccatamente marittima, l’entroterra, non appena il mare sparisce dietro l’angolo di una strada, volta la schiena al mondo delle alte e delle basse maree, della pesca e delle regate.
Per questo bisogna ritrovare, intorno a Rouen e al suo ambiente eccezionale, l’altro momento forte del sincretismo normanno, costruito attorno all’aria e all’acqua, ai grandi monumenti gotici e, infine, alle stradine pittoresche. Dal 1865 Renoir, Monet e Bazille scoprono e diffondono quel che la Senna diventerà per gli artisti; la scoperta dell’acqua da parte degli Impressionisti inizierà progressivamente da qui. Dopo Rouen, prima di incontrare quei luoghi in cui la modernità ancora non è penetrata – i villaggi della periferia parigini come Argenteuil – si incontrano, sparsi in poche decine di chilometri, alcuni paesi che hanno nomi evocativi: Giverny, Bennecourt, Vétheuil.
Di Giverny si innamora Monet che si trasferisce lì nel 1883 con le sue due famiglie, i figli Jean e Michel avuti da Camille e i sei bambini di Alice Hoscedé. A Giverny regnano sovrani l’acqua, il cielo, le colline coperte di verde erba. La natura è appagante senza essere pesante, le imbarcazioni sfiorano la Senna. Con il suo atelier/battello Monet può arrivare a carpire più profondamente i paesaggi. Nel cuore del giardino, negli ultimi anni della sua vita, lo stagno delle ninfee sarà per l’artista occasione per imparare a comprendere e conoscere la natura come spazio che puòessere ricostruito mentalmente.
La mostra “Monet e gli Impressionisti in Normandia” – promossa e organizzata dal Comune di Trieste con il supporto di “Trieste Convention and Visitors Bureau” e “PromoTurismo FVG” in collaborazione con BRIDGECONSULTINGpro” e “Ponte – Organisation für kulturelles management GMBH” – è prodotta da Arthemisia ed è curata da Alain Tapié. La mostra è sostenuta da “Generali Valore Cultura”, il programma di Generali Italia per promuovere l’arte e la cultura su tutto il territorio italiano e avvicinare un pubblico vasto e trasversale – famiglie, giovani, clienti e dipendenti – al mondo dell’arte attraverso l’ingresso agevolato a mostre, spettacoli teatrali, eventi e attività di divulgazione artistico-culturali con lo scopo di creare valore condiviso. L’evento vede come special partner “Ricola” ed è consigliato da “Sky Arte”.
Il catalogo della mostra è edito da “Skira”.