Il fenomeno – registrato nelle valli del Cismon e del Lozen ma non solo – è dovuto all’attacco di un fungo il cui nome scientifico è Chrysomyxa rododendri
di Ervino Filippi Gilli
Primiero/Vanoi (Trento) – Chi fosse salito in questi giorni a San Martino di Castrozza od al rifugio Calaita in Val del Lozen, avrà certamente notato come i boschi sono visibilmente arrossati e come gli aghi degli abeti rossi sono stranamente ingialliti e presentano sugli aghi delle piccole protuberanze biancastre.
Questo ingiallimento è dovuto all’attacco di un fungo il cui nome scientifico è Chrysomyxa rododendri, noto anche con il nome volgare di ruggine vescicolosa dell’abete rosso. Questi attacchi erano attesi: si tratta infatti di un fungo la cui proliferazione è favorita da inverni miti e piovosi. Questa nuova invasione fa seguito ad una fase acuta di attacchi che ha coperto gli anni 2010 e 2011 e che è stata seguita da un regresso negli anni 2012 e 2013.
L’infezione da Chrysomyxa, che colpisce l’abete rosso in fase di accrescimento primaverile, ha inizio già in tarda primavera, durante la fioritura del rododendro. Le basidiospore formate sulla pagina inferiore della foglia di questa specie arbustiva vengono veicolate dal vento e, depositatesi sulle foglie dell’abete rosso, in opportune condizioni di umidità hanno la possibilità di germinare. Il fungo infetta le giovani foglie appena escono dal germoglio, per sviluppare poi tra agosto e settembre i caratteristici ecidi.
Un ecidio altro non è che un piccolo corpo fruttifero : gli ecidi sono globosi e dapprima chiusi, quindi si aprono a guisa di coppa, erompendo fuori dall’epidermide dell’organo (generalmente foglie) della pianta ospite. Essi portano sul fondo fitti rami di micelio alle cui estremità si formano lunghe catene di spore: ecidio spore il cui scopo è quello di riprodurre il fungo.
Questa infezione può dimostrarsi grave solo per le piante giovani (in alcuni casi può portarle alla morte) mentre per quelle adulte si ha una perdita di produttività in quanto viene ad essere ridotta la capacità foto sintetica degli aghi. Il ciclo di questo fungo sull’abete rosso termina quando, una volta liberate le spore funginee, gli aghi cadono: le spore, trasportate dal vento, vanno ad infettare nuovamente le foglie del rododendro ed il ciclo ricomincia.
Cosa fare per contrastare questi attacchi? Niente, in quanto il costo di un qualsiasi intervento sarebbe elevatissimo e non porterebbe a risultati significativi. In definitiva siamo di fronte ad un fenomeno naturale che è brutto da vedere ma non eccessivamente pericoloso per i boschi.
>La nota del Servizio Foreste della Provincia di Trento