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Giornata dell’Autonomia in Trentino Alto Adige: “Strumento di tutela e sviluppo”

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Giornata dell’Autonomia: gli appuntamenti per lunedì 5 settembre in Trentino. Gli eventi in Alto Adige

Trento/Bolzano – Trentino e Alto Adige celebrano il cinquantesimo anniversario del Secondo Statuto di autonomia. Mezzo secolo è un traguardo importante e significativo, un tempo che ha permesso a questi territori di costruire un modello di autonomia dinamica e di successo.

Al Kurhaus di Merano si è svolta una cerimonia, alla presenza dei presidenti delle due Province autonome. Secondo il presidente della Provincia di Trento, l’autonomia rappresenta un formidabile fattore di sviluppo: ha dato la possibilità alle realtà territoriali di sviluppare relazioni, di collocarsi adeguatamente all’interno di reti, scenari e prospettive di livello europeo.

Proprio per questo l’Euregio ha dimostrato come la collaborazione aiuti ad affrontare momenti difficili come i mesi più duri del Covid-19. L’autonomia è stato infatti un formidabile fattore di sviluppo e, nel contempo, ha dato la possibilità ai nostri territori di sviluppare relazioni, di collocarsi adeguatamente all’interno di reti, scenari e prospettive di livello europeo. Il presidente della Provincia autonoma di Bolzano ha ricordato come gli strumenti di tutela previsti dal Secondo Statuto, come la parificazione delle lingue, la proporzionale o l’insegnamento nella madrelingua, abbiano avuto un impatto efficace negli ultimi 50 anni.

In occasione del 5 settembre, ricordando proprio il significato dell’Accordo di Parigi del 1946 e pensando al complesso processo che ne è seguito, è possibile riconoscere che la positiva soluzione della questione sudtirolese ha oggettivamente aperto una nuova strada anche per il Trentino e per i trentini. Il presidente della Provincia autonoma di Trento ha ricordano come oggi le classi dirigenti del Trentino abbiano accompagnato e condiviso, specie a livello parlamentare, la ricerca di soluzioni che permettessero all’autonomia di realizzarsi compiutamente, nel pieno riconoscimento delle legittime aspirazioni alla tutela delle minoranze.

Il presidente della Provincia autonoma di Trento ha dunque evidenziato come possiamo essere orgogliosi della nostra storia e dei risultati ottenuti, ma anche e soprattutto fiduciosi per il futuro che Trento e Bolzano costruiranno insieme. Un futuro basato sul rafforzamento dell’autonomia, il riconoscimento del valore centrale della convivenza e del rispetto reciproco, lo sviluppo e il potenziamento della cooperazione transfrontaliera.

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Persone del Trentino Alto Adige

 

Le minoranze linguistiche, il fare da sé: una storia secolare a cavallo fra mondo italiano e tedesco. Lo Statuto di Autonomia del Trentino Alto Adige rappresenta dunque in primo luogo una conquista dei popoli trentino e altoatesino -sudtirolese, uniti da molteplici legami storici e culturali. Proprio la secolare abitudine al contatto e al confronto fra genti diverse – dovuto al collocamento di questa terra, posta lungo l’asse del Brennero, primaria via di comunicazione fra mondo italiano e tedesco –  ha fatto sì che l’Autonomia avesse il suo fondamento nel rispetto e nella valorizzazione delle minoranze, nella consapevolezza che la varietà delle culture rappresenta una ricchezza irrinunciabile. Per quanto riguarda il Trentino, ciò significa quindi in primo luogo tutela della minoranza Ladina (che abita gran parte dell’area dolomitica) e delle piccole comunità germanofone (i Mocheni che abitano la valle del Fersina e i Cimbri dell’altopiano di Luserna).

Il secondo pilastro su cui si fonda l’Autonomia del Trentino è quello della partecipazione: l’Autonomia non appartiene alla politica o al governo provinciale, ma a tutti, dai singoli alle comunità territoriali, dalle categorie economiche alle associazioni, dalle parrocchie al mondo della cultura, dell’università e della ricerca scientifica. Tutti sono chiamati a contribuire alla sua gestione, alla condivisione delle responsabilità che essa comporta.

Autonomia significa quindi per noi abitudine a fare da sé, anziché delegare ad altri il soddisfacimento delle necessità e dei bisogni della comunità, nei campi più diversi: dalla scuola alla sanità, dalle politiche dello sviluppo economico e socio-sanitario alla gestione delle fonti energetiche e alla pianificazione urbanistica, dalla promozione turistica fino alla cooperazione allo sviluppo e alla gestione di alcuni poteri e funzioni propri della dimensione internazionale della politica. Letta in questo senso, l’Autonomia diventa, oltre che efficace strumento di autogoverno, una formidabile formula pedagogica, che non cessa di produrre i suoi frutti, anche nei confronti delle nuove generazioni. 


Immagine illustrativa della convivenza, della pace e dello sviluppo

 

Un’Autonomia al servizio della convivenza, della pace, dello sviluppo. Un’autonomia così concepita non può che essere di aiuto alla causa della convivenza, della pace, di uno sviluppo sostenibile e rispettoso degli equilibri ambientali.
Grazie all’Autonomia una terra un tempo povera e da cui si emigrava (ci sono comunità trentine in ognuno dei cinque continenti!) è diventata una terra ormai stabilmente ai primi posti fra le regioni europee sia per ricchezza pro-capite sia soprattutto per qualità della vita.

Ma l’Autonomia è anche scuola di solidarietà; la nostra esperienza ci ha portato infatti a capire che se i popoli non si sostengono gli uni con gli altri nei momenti difficili, se perseguono i loro obiettivi isolatamente, badando solo al proprio interesse particolare, più difficilmente sanno far fronte alle sorti avverse, e la loro prosperità, quand’anche potesse sembrare acquisita una volta per sempre, è più fragile.

Per questo il Trentino è sempre corso in aiuto delle altre regioni e degli altri popoli nei momenti difficili (ad esempio con la sua Protezione civile, o con centinaia di associazioni di volontariato attive anche fuori dal Trentino, specie nel Terzo Mondo). Per questo inoltre il Trentino dell’Autonomia da sempre onora i suoi impegni con lo Stato italiano, anche quelli riguardanti l’andamento dell’economia e dei conti pubblici (Patto di stabilità  ecc.). L’Autonomia del Trentino, quindi, non è una scuola di egoismo, ma di responsabilità.

A partire dalla gestione delle risorse, che sono i 9/10 del gettito tributario e fiscale prodotto dal territorio (con l’Accordo di Milano del dicembre 2009 è venuta a cadere anche la quota variabile prima negoziata con lo Stato). Con queste risorse il Trentino gestisce tutte le sue competenze, cioé praticamente tutto ciò che altrove viene gestito dallo Stato italiano. Le ultime competenze, derivanti dal già citato Accordo di Milano, riguardano l’Università e gli ammortizzatori sociali; ma esse si aggiungono ad una lista già molto lunga che riguarda sanità e istruzone, industria e agricoltura, cultura, trasporti e quant’altro.


Rappresentazione settecentesca di Piazza del Duomo

 

Dal Principato vescovile alla Grande Guerra. Il percorso che ha portato il Trentino ad ottenere uno Statuto di Autonomia così fatto è stato un percorso lungo, a volte tortuoso, caratterizzato da momenti anche drammatici. La sua origine può essere fatta risalire al particolare status che questo territorio – già colonizzato dai Romani, che fondarono l’antica Tridentum, oggi Trento – assunse in epoca medioevale: quello di un Principato Vescovile sottoposto all’autorità imperiale e tuttavia dotato di capacità politico-amministrative proprie, oggetto queste ultime di continue rinegoziazioni fra la Chiesa locale e l’Impero asburgico.

Venendo a epoche a noi più vicine, dopo la definitiva soppressione del Principato, avvenuta nel 1813, in seguito agli sconvolgimenti portati in questa terra dalle guerre napoleoniche ed alla successiva restaurazione imperiale, il Trentino divenne parte della Contea austriaca del Tirolo, che si estendeva a nord fino al confine bavarese, e a sud fino all’imbocco della pianura padana.

La successiva stagione dei nazionalismi portò – in particolare con lo scoppio della Prima guerra mondiale – grandissime lacerazioni e sofferenze sia fra i militari che fra la popolazione civile, amplificate dal fatto che su queste montagne correva la linea del fronte che separava l’Italia dall’Austria e che i trentini si trovarono a combattere chi fra le fila dei Kaiserjäger fedeli a Vienna chi tra quelle dell’esercito italiano. A partire dalla seconda metà dell’800, inoltre, era cominciata la stagione dell’emigrazione: per sfuggire alla povertà, migliaia di trentini partirono per paesi vicini e lontani (in particolare le Americhe) dando vita ad un secondo “Trentino fuori dal Trentino”.


Il 5 settembre 1946 a Parigi viene stipulato l'accordo Degasperi-Gruber

 

Dal fascismo al Degasperi-Gruber. Alla fine della Grande Guerra, con il trattato di Saint Germain, il Tirolo storico venne nuovamente diviso, e il Trentino, assieme all’Alto Adige-Südtirol, venne incorporato nello Stato italiano, il problema dell’autonomia tornò prepotentemente al centro del dibattito. Bisognava ora infatti concedere ai sudtirolesi il diritto di conservare la lingua tedesca, assieme naturalmente al complesso delle proprie tradizioni; e al tempo stesso bisognava rivitalizzare la tradizione di autogoverno che questi territori di confine gelosamente conservavano.

Sembrò inizialmente che l’Italia non fosse insensibile a queste esigenze; ma l’avvento della dittatura fascista cancellò per oltre vent’anni le nostre speranze autonomistiche, ed insieme ad esse qualsiasi possibilità per le minoranze etnico-linguistiche di vedersi riconosciuti i propri diritti. Di autonomia, dunque, si è potuto tornare a parlare solo alla fine della Seconda guerra mondiale. Atto fondamentale della rinascita dello spirito autonomista è la firma, il 5 settembre del 1946, dell’Accordo di Parigi, fra il trentino Alcide Degasperi, il maggiore statista che la nostra terra abbia espresso, il quale era nel frattempo divenuto capo del Governo italiano, e il ministro degli esteri austriaco Karl Gruber.

L’accordo, nato anche grazie alla pressione esercitata dalla società civile, riconosceva la completa uguaglianza di diritti tra cittadini di lingua italiana e tedesca e concedeva ampie autonomie legislative ed esecutive al Trentino e all’Alto Adige, all’interno di un contesto  che attribuiva però maggiori poteri alla Regione anziché alle due Province autonome.


La consegna del testo del 'pacchetto' da parte dell'avvocato Bertorelle al Presidente della P.A.T. Guido Raffaelli

 

Dal Primo al Secondo Statuto di Autonomia. Il primo Statuto di Autonomia, approvato nel 1948, rappresentò senza dubbio un grande passo in avanti rispetto al passato; tuttavia esso non dava piena soddisfazione alle richieste di autogoverno avanzate dai due territori. Si aprì quindi una nuova stagione di rivendicazioni, che conobbe anche momenti drammatici. Si dovette aspettare fino al 1972 per assistere, al termine di una nuova stagione di intense trattative, alla nascita del Secondo Statuto di Autonomia, il quale finalmente accoglieva le richieste delle due Province ed avviava una nuova stagione di rapporti pacifici e proficui fra il Trentino, l’Alto Adige, e il governo centrale di Roma.

Più di recente, nel venire progressivamente meno le ragioni che sostengono lo Stato nazionale come unica forma possibile di organizzazione civile e politica, soprattutto a seguito del processo di costruzione dell’Unione europea, è risultato sempre più chiaro che il cammino sin qui percorso, e più ancora quello che ci sta dinanzi, rappresentano una ricchezza che travalicano i limiti geografici del Trentino.



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