Prima foto al mondo di un buco nero
NordEst – L’impresa, definita ‘lo scatto del secolo’ è dell’Event Horizon Telescope, un gruppo di otto radiotelescopi da terra che opera su scala planetaria. Questo incredibile risultato, cui l’Italia partecipa con Inaf e Infn, è stato presentato in una serie di sei articoli pubblicati in un numero speciale di The Astrophysical Journal Letters. L’immagine, spiega l’Inaf – che le due ricercatrici Elisabetta Liuzzo e Kazi Rygl nel team- rivela il buco nero al centro di Messier 87, un’enorme galassia situata nel vicino ammasso della Vergine.
L’Eht vede la partecipazione di centri di ricerca di tutto il mondo ed è nato grazie a una collaborazione internazionale e progettato con lo scopo di catturare le immagini di un buco nero. La foto è la prima prova visiva diretta di un buco nero e della sua ombra. Si tratta, dell’immagine dell’orizzonte degli eventi del buco nero supermassiccio, con una massa equivalente a 6,5 miliardi di masse solari, che si trova a 55 milioni di anni luce dalla Terra, al centro della galassia Messier 87. Eht è una rete distribuita su tutta la Terra, composta da un insieme di radiotelescopi che lavorano in modo coordinato così da costituire un unico strumento di dimensioni globali con sensibilità e risoluzione senza precedenti.
“Progettato proprio allo scopo di catturare l’immagine di un buco nero, il 10 aprile, la collaborazione Eht, presenta, quindi, il coronamento del suo principale obiettivo scientifico” scandisce l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che partecipa al progetto. L’Istituto Nazionale di Astrofisica, che è nel team di Eht, sottolinea dal suo sito istituzionale come l’Event Horizon Telescope sia “il risultato di anni di collaborazione internazionale e offre agli scienziati un nuovo modo di studiare gli oggetti più estremi dell’universo previsti dalla teoria della relatività generale di Einstein, proprio nell’anno del centenario dell’esperimento storico che per primo ha confermato questa teoria”.
DE LAURENTIS (INFN) – “Questo straordinario risultato non solo ci regala la prima immagine di un buco nero, ma ci fornisce anche una prova diretta della presenza di buchi neri supermassicci al centro delle galassie e del motore centrale dei nuclei galattici attivi”. A spiegarlo è l’astrofisica Mariafelicia De Laurentis, ricercatrice dell’Infn e professore all’Università Federico II di Napoli, che come membro della collaborazione Eht ha coordinato il gruppo di analisi teorica dell’esperimento che ha permesso di realizzare la prima foto di un buco nero.
“Queste osservazioni – prosegue la ricercatrice dell’Infn- vengono ora a costituire un nuovo strumento di indagine per esplorare la gravità nel suo limite estremo e su una scala di massa che finora non era stata accessibile”. La scienziata evidenzia infine che “dal punto di vista concettuale, il risultato rappresenterà uno strumento formidabile per studiare, confermare o escludere le varie teorie relativistiche della gravitazione formulate a partire dalla Relatività Generale di Albert Einstein”.
ZWIRNER (ERC) – “È un risultato entusiasmante ed è una grande soddisfazione che a renderlo possibile sia stato anche un cruciale finanziamento dell’Erc”. E’ Fabio Zwirner, ricercatore dell’Infn, professore all’Università di Padova e vicepresidente dell’European Research Council (Erc), a commentare così l’annuncio della prima foto di un buco nero realizzata dalla collaborazione Event Horizon Telescope. “Attraverso un Synergy Grant del valore di 14 milioni di euro, un ristretto gruppo di ricercatori, Heino Falcke, Michael Kramer e Luciano Rezzolla, ha potuto creare una solida e preparata squadra di scienziati che, nell’ambito del progetto BlackHoleCam, ha svolto un ruolo chiave nel raggiungimento di questo straordinario traguardo scientifico” sottolinea Zwirner.
DOELEMAN (HARVARD UNIVERSITY)– “Quello che stiamo facendo è dare all’umanità la possibilità di vedere per la prima volta un buco nero, una sorta di ‘uscita a senso unico’ dal nostro universo”. A rimarcarlo, in una dichiarazione riportata dal sito istituzionale Inaf, è il direttore del progetto Eht, Sheperd Doeleman, del Center for Astrophysics della Harvard University. “Questa è una pietra miliare nell’astronomia, un’impresa scientifica senza precedenti compiuta da un team di oltre 200 ricercatori” ha detto ancora lo scienziato.