NordEst

Catasto verso la riforma

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Via i vani, arrivano i metri quadrati. Il cantiere ‘casa’ non e’ ancora chiuso e il governo punta ora alla riforma Catasto. Questa volta, pero’, non per fare cassa. L’obiettivo sara’ quello di aggiornare i dati dell’immenso archivio edilizio italiano, adeguandoli alla realta’ e ai valori di mercato, ora 3,73 volte piu’ alti. Ma la riforma, che servira’ anche a riequilibrare gli estimi delle grandi citta’ sperequati tra centro e periferia – sara’ a costo zero: l’adeguamento della base imponibile – spiegano fonti di governo – non potra’ che essere accompagnata da una riduzione delle aliquote. Il governo prova cosi’ a mettere ordine nella giungla del catasto italiano.
 
L’ultimo tentativo era stato fatto nel 2006, quando l’allora governo Prodi presento’ un collegato alla Finanziaria per mettere mano in modo organico al catasto, di fatto ancora strutturato con il sistema di categorie e classi introdotto alla sua nascita, con rendite rivalutate l’ultima volta nel 1990, con riferimento al biennio precedente. Ma, la fine anticipata della legislatura, fece cadere il progetto. Il nuovo provvedimento potrebbe adesso arrivare velocemente, proprio per evitare la tagliola di fine legislatura.

I contenuti sono gia’ tracciati in un documento elaborato dal ministero dell’Economia, che fissa cinque criteri che saranno utilizzati, ma anche i tempi per l’articolato legislativo non sarebbero lunghi. ‘E’ noto – e’ scritto nel documento – che le attuali rendite catastali, su cui si basa in larga parte la tassazione immobiliare, non sono piu’ congrue rispetto ai valori di mercato’.

 
L’ultimo rapporto dell’Agenzia del Territorio indica in particolare che per le abitazioni il valore corrente di mercato e’ pari, in media a 3,73 volte la base imponibile ai fini Ici. Se si guarda all’Irpef, invece, lo stesso rapporto oscilla tra il 3,59 della abitazioni principali e il 3,85% delle seconde case. I canoni di locazione, poi, sono superiori di 6,46 volte a quelli delle rendite catastali. Il nuovo catasto – ed e’ il primo criterio fissato dal ministero dell’Economia – dovra’ contemplare ‘assieme alla rendita, ovvero al reddito medio ordinariamente ritraibile al netto delle spese di manutenzione e gestione del bene, il valore patrimoniale del bene, al fine di assicurare una base imponibile adeguata da utilizzare per le diverse tipologie di tassazione’.
 
Ci sara’ quindi una ‘rideterminazione della classificazione dei beni immobiliari’. Oggi, ad esempio, per le sole ‘abitazioni’ sono previste 11 classi: dalla Casa signorile ai castelli (A9), passando per abitazioni di tipo economico (A3), popolare (A4)e ultrapopolare (A5) che spesso, con i cambiamenti avvenuti nel corso degli anni, non rispettano piu’ la realta’.

Il documento del ministero fa espressamento un esempio: ‘Tipicamente – e’ scritto – abitazione classate come popolari (A4) lo sono rimaste nel tempo, anche se oggi, pur essendo ubicate in zone centrali, il loro valore e’ di fatto piu’ elevato di edifici di ‘civile abitazione’ (A2) ubicati in zone semicentrali o, addirittura, periferiche’. La riforma – e’ il terzo criterio – prevedera’ poi il superamento del sistema vigente per categorie e classi in relazione agli immobili ordinari.

Sara’ invece introdotto un sitema di funzioni statistiche che correleranno il valore del bene o il reddito alla localizzazione e alle caratteristiche edilizie. Per gli immobili speciali, invece, e’ prevista una riqualificazione dei metodi di stima diretta. Infine, e’ previsto il superamento – per le abitazioni e gli uffici, del ‘vano’ come unita’ di misura della consistenza ai fini fiscali: sara’ sostituito con il criterio di ‘superficie’ che verra’ espresso in metri quadrati.

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