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Coronavirus, Diocesi Trento dona 100mila euro, 100mila Cacciatori, e 500mila Melinda e La Trentina

In un solo giorno donati ben 700mila euro all’Azienda Sanitaria del Trentino

Trento – In un solo giorno donati ben 700mila euro alla sanità del Trentino. Di questi 700mila euro: 500mila euro sono stati devoluti da Melinda (400mila euro) e La Trentina (100mila euro).

L’ Associazione Cacciatori trentini si è impegnata con altri 100mila euro per sostenere la lotta contro il Coronavirus.

Stessa somma di 100mila euro donata dalla Chiesa trentina – attraverso Caritas diocesana – all’ Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari.

La donazione della Diocesi di Trento

L’importante somma è stata donata dalla Chiesa trentina – attraverso Caritas diocesana – all’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, come contributo per far fronte all’emergenza Coronavirus.

L’Arcidiocesi trentina invita a versare sullo stesso conto corrente dell’Azienda Sanitaria (IBAN: IT 96 J 02008 01802 0001024 16554 – causale Coronavirus) o appoggiandosi ad altre iniziative analoghe (come indicato dalla stessa Azienda) eventuali fondi solidali raccolti tra i fedeli, nelle comunità parrocchiali o in altri contesti ecclesiali e laici, per dare una mano concreta a tutto il comparto sanitario, messo a durissima prova in queste drammatiche giornate.

Rimangono attive 24 ore su 24 le strutture e i servizi di accoglienza per le fasce più deboli, gestiti da Caritas e Fondazione Comunità Solidale. In particolare, a Trento: “Bonomelli” in Lung’Adige San Nicolò (con 55 posti letto) e “Casa Santa Maria” in via S. Croce (24 posti); a Rovereto “Il Portico” (38 posti).

Complessivamente, 117 posti letto. Le strutture, solitamente aperte per la notte, hanno esteso l’ospitalità anche alle ore diurne, per consentire agli ospiti di rimanere al loro interno, rispettando le limitazioni di uscita imposte nell’emergenza. A tal scopo, gli ambienti sono stati riadattati per adeguarli al rispetto delle norme basilari di sicurezza sanitaria, a cominciare ad esempio dalla distanza minima tra un letto e l’altro. L’attività prosegue con i soli operatori e senza il coinvolgimento in via precauzionale dei volontari.

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