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Da ex chiesa a moschea: è polemica alla Biennale di Venezia per la provocazione religiosa. La nota del Patriarcato

L’opera, destinata a far discutere, è iniziativa del padiglione Islanda

Venezia – L’antica chiesa cattolica di Santa Maria della Misericordia, a Venezia, trasformata, solo visivamente, in una moschea, per la durata della Biennale. La particolare opera di Christian Buechel, semplicemente intitolata ‘The Mosque’ e iniziativa del padiglione Islanda per la Biennale di Venezia, è destinata a far discutere già prima dell’apertura della 56ma manifestazione, in programma da sabato prossimo al 22 novembre. ‘The Mosque’ è un progetto artistico ambizioso perché non è mai stato concesso alla comunità musulmana della città di costruire una vera moschea pubblica nella città dei Dogi.

La struttura di origini bizantine, già rifatta in stile gotico nel XII secolo e restaurata nel 1864, non è più utilizzata per funzioni di culto da oltre quarant’anni, perché acquistata da privati. Buechel, sposatosi con una donna islandese, ha ricostruito in ogni dettaglio gli interni, divenuti del tutto simili a una moschea. L’artista, già vincitore dell”Hugo Boss Prize’ per l’arte contemporanea, è noto per lavori dal carattere politico-sociale che affrontavano i temi della guerra, dell’immigrazione, della povertà, criticando il consumismo, l’egemonia statunitense e la globalizzazione. Consegnare una moschea a Venezia, in pieno centro storico, è la sua ennesima provocazione.

La comunità musulmana della città lagunare, dall’alto tasso di residenti musulmani, è da anni ‘costretta’ a ritrovarsi nella vicina sede religiosa di Marghera, già al centro di episodi d’intolleranza a novembre 2014, in relazione ai muri vandalizzati con insulti, slogan contro l’Isis, svastiche e l’immagine stilizzata di un maiale. Buechel sfida così le diffidenze dei più e varie tensioni sotterranee, in un momento storico delicato, tra l’attentato alla sede del settimanale ‘Charlie Hebdo’ a Parigi, la costante minaccia di nuovi assalti terroristici da parte del Califfato e i confini porosi di un’Europa incapace di arginare i flussi migratori provenienti dal Mediterraneo.

La nota del Patriarcato sul caso

In riferimento alla vicenda della chiesa veneziana di S. Maria della Misericordia e all’allestimento lì predisposto dal padiglione islandese nell’ambito della nuova edizione della Biennale d’Arte, si precisa quanto segue.  L’edificio in questione, chiuso al culto, non appartiene più a realtà ecclesiastiche ma è proprietà di privati dal 1973. Per ogni utilizzo diverso dal culto cristiano cattolico va richiesta autorizzazione all’autorità ecclesiastica indipendentemente da chi, al momento, ne sia proprietario; tale autorizzazione, per questo specifico sito, non è mai stata richiesta né concessa.

Nello scorso mese di febbraio, inoltre, era stata richiesta al Patriarcato di Venezia la concessione di altri edifici sacri situati in città da mettere a disposizione per questa stessa installazione artistica; tale concessione non fu accordata per le stesse motivazioni che oggi vengono qui confermate.

La singolarità dell’intervento proposto – ora realizzato nella chiesa di S. Maria della Misericordia – comportava, infatti, maggiore attenzione e richiedeva il coinvolgimento delle comunità religiose interessate e non solo la valutazione dell’intervento artistico e l’eventuale autorizzazione all’uso di uno spazio, a chiunque esso appartenga.

La scelta di usare una chiesa chiusa al culto – e di proprietà non più ecclesiastica – non risolve questo aspetto, ma lo ignora. L’intervento così attuato ricade su componenti della città che avrebbero dovuto essere maggiormente coinvolte per meglio condividere un’esperienza che ha risvolti sociali, culturali e religiosi, anche nella prospettiva di accrescere le relazioni cordiali e la serena convivenza tra quanti vivono e frequentano Venezia, per eccellenza città dell’incontro tra culture e fedi differenti.

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