Kazakistan, Tagikistan, Iran e Dubai, pedalando tra mille ostacoli quotidiani, ma con la gioia di incontrare e scoprire un mondo che non ti aspetti. Ecco il lungo racconto e le emozioni della primierotta, Valentina Brunet. L’avevamo lasciata proprio in Kazakistan…
di Liliana Cerqueni
Dubai – Ti abbiamo lasciata in Kazakistan, tra gente cordiale e accogliente, felice di poterti immergere in paesaggi fantastici. Vuoi parlarci del Tagikistan, il Paese successivo del tuo straordinario viaggio?
Il Paese successivo è stato il Kirghisistan. Ricordo ancora l’agitazione prima della partenza, consapevole che i giochi avrebbero iniziato a farsi più duri; le incredibili sensazioni che ho provato immergendomi tra le montagne, cime altissime tutt’intorno ed i primi passi ad oltre 3000mt. Gli incontri con altri cicloviaggiatori hanno iniziato a farsi piú frequenti avvicinandoci alle montagne del Pamir, meta molto popolare. Del Paese successivo, il Tajikistan, ricordo molti inviti a bere il the, ricordo strade impervie, passi ad oltre 4000mt dove si fa fatica a respirare (4655mt il più alto, l’Ak Baital), ricordo i militari armati al confine con l’Afghanistan presso il fiume Panj. Ricordo i monumenti eretti prontamente poche settimane dopo lo sconvolgente episodio dei 4 ciclisti uccisi da un gruppo di terroristi: uno nel centro abitato sulla strada dell’incidente, Kalaikhum, l’altro, proseguendo verso Dushanbe (capitale). Sul luogo dell’incidente ricordo di essere scoppiata in lacrime perché avrebbe potuto succedere a chiunque, perché colpire pacifici ciclisti è un gesto crudele, perché le famiglie delle vittime non potranno celebrare il loro rientro a casa. Vengono ricordati con la silhouette di una bici, con tanti nastrini lasciati dalla gente di passaggio, le foto dei cicloviaggiatori e i fiori. Ho trovato un gesto importante da ricordare.
E dopo il Tagikistan?
Arriva la volta dell’Uzbekistan, dove le strade e i paesaggi non sono stati memorabili (per lo più pianeggianti, noiose, accompagnate da giornate grigie e fredde), ma l’ospitalità della gente e gli edifici storici hanno sicuramente un che di straordinario! Arrivare nell’iconica Samarcanda, non è stato cosí emozionante come mi sarei aspettata. Qui ho anche avuto un problema con il visto e ritornare indietro, in attesa do poter rientrare in Uzbekistan dopo due giorni. Da lí ho proseguito alla volta di Bukhara e verso il Turkmenistan, Paese che non ha ancora completamente aperto le porte ai visitatori, ma che rilascia costosi visti di transito (cinque giorni), secondo parametri sconosciuti. Al di lá di questo, ho avuto la rara occasione di essere ospitata a Turkmenabat, la prima cittá dopo il confine.
Passeggiare per il mercato con una persona del posto è stata un’esperienza bellissima. Abbiamo cucinato insieme, ho conosciuto la sua famiglia, mi hanno letto i fondi del caffè, ho indossato i vestiti di questa donna dal cuore grande, la nonna mi ha offerto un massaggio di tutto il corpo con un olio speciale, che ha magicamente bloccato un raffreddore sul nascere. Uno di quei vestiti lo porto con me ed è quanto di più prezioso io abbia nelle mie borse.
Ho quindi preso il treno notturno che è sorprendentemente economico, molto pulito, con gente educata, lenzuola fresche immacolate e materassi comodi, al prezzo di meno di due euro per 600 km. Appariscenti e sfarzosi edifici di marmo bianco, statue e memorial a testimoniare un finto benessere del Paese, foto del Presidente incorniciate da cornici d’oro. In Turkmenistan si puó finire in guai seri soltanto a scattare la foto sbagliata (ad esempio ad edifici del governo). Internet è cosí severamente controllato che ci si può scordare dei social media, ma anche whatsapp e la stragrande maggioranza dei siti internet non funzionano.
Com’è stato il tuo ingresso in Iran, la tappa successiva del viaggio?
Se nei Paesi dell’ex Unione sovietica mi facevo capire con qualche parola in russo, in Iran il contatto con la lingua è stato difficile. Qui ho subito appreso che Edoardo, che mi avrebbe dovuta accompagnare per il Paese, aveva avuto un incidente e mi sarei ritrovata sola in una cultura diversa, non pronta all’emancipazione femminile.
Per fortuna un cicloviaggiatore iraniano che passava per Mashad, diretto nella mia stessa direzione mi ha garantito protezione e aiuto, permettendomi di avvicinarmi a molte generose persone, alle loro occupazioni e mestieri, di cui parlavano entusiasti e, purtroppo, alla povertà economica del Paese che ha subìto un crollo a seguito delle sanzioni stabilite dagli Stati Uniti. Ho incontrato gente meravigliosa, ma il fatto di dover essere affiancata da qualcuno mi creava disagio, tanto quanto l’obbligo di indossare l’hijia. Ma comunque ero preparata ed ero entusiasta di poter dimostrare il mio rispetto per le tradizioni di questo Paese. Mi sono anche resa conto di come le nuove generazioni vivano con criticità queste condizioni. E’ un Paese ricco di storia che merita essere visitato ma sono rare le donne che viaggiano da sole a non aver subìto una qualche forma di violenza. Sono grata a chi mi ha invitata in famiglia, chi a un matrimonio, chi mi ha aperto il suo piccolo mondo con semplicità e disponibilità.
Racconta il tuo arrivo negli Emirati Arabi. Com’è stato il contatto con quel Paese e la sua gente? Cosa ti ha colpito di Dubai, metropoli globale, in contrasto con gli ambienti naturali selvaggi e integri che ti sei lasciata alle spalle?
Sono stata accolta a Dubai da ospitanti meravigliosi e dopo tanto tempo ho dormito in un letto vero. Tutto intorno a me è pulito, ordinato, profumato. Tramite un amico ho avuto occasione di visitare palazzi e ristoranti di lusso. Per la prima volta durante questo viaggio ho messo in discussione le mie scelte di vita semplice. E’ stato un impatto emozionale molto più forte di quello che avrei razionalmente permesso. Mi ci è voluto del tempo per capire cosa mi stava succedendo. L’invito al consumismo è potente e palese, viene ricordato da tutti i centri commerciali in città. Quella giungla di palazzi e auto di prestigio, mi ha colpita profondamente dopo tutti quei mesi tra Paesi più umili, dove le mie scelte, i miei vestiti lisi ed il mio viaggio sembravano calzare meglio. Il traffico veloce non accoglie volentieri i ciclisti, relegati a pedalare in appositi circuiti. Sono stata coccolata e cullata dal comfort.
Incontrare gente del posto non è così scontato, ciò nonostante ho avuto un’ occasione speciale per incontrare parecchie persone: un festival dove venivano celebrate le tradizioni e dove i padri insegnavano ai figli come cavalcare cammelli, sparare, come uccidere, scuoiare e cucinare le capre. Sono stata accolta come una sorella, nonostante fossi stata l’unica donna presente. Nessuno mi ha mai fatta sentire fuori luogo, ho anzi avuto l’onore di iniziare il banchetto. Sono stata invitata a questo evento direttamente dallo Sceicco Awad, organizzatore del Travellers festival che si svolge a Dubai e a Milano, e che nutre un genuino interesse verso viaggiatori intraprendenti.
Prossima mèta?
Sarà l’Oman, che mi affascina molto dopo aver ricevuto opinioni molto positive da parte di altri cicloviaggiatori, e di cui vi racconterò nella prossima puntata!
Cosa significa essere un’insolita viaggiatrice solitaria e passare attraverso realtà geografiche e culturali spesso completamente diverse tra loro?
Come me ci sono moltissimi altri viaggiatori e viaggiatrici, in bicicletta e non. Per me personalmente significa liberarmi dai pregiudizi ed aprire il cuore a nuove culture, lasciandomi influenzare da esperienze personali e dirette. Significa vivere la morfologia del territorio, con le sue difficoltà e gioie. La curiosità e le continue scoperte mantengono ardente la passione per questo viaggio.
Come ti senti dopo un periodo così lungo lontana dall’Italia e da casa? Come sono cambiate le percezioni, i pensieri e i progetti che avevi prima? Com’è cambiata la tua filosofia di vita?
Sono passati quasi due anni da quando ho lasciato l’Italia ed il Primiero per questo viaggio che non sapevo dove mi avrebbe portata. Sono sempre travolta da coincidenze e sorprese che mi tengono col fiato sospeso e non c’è posto per la nostalgia di casa. Ho forse imparato a vivere di più il presente, a produrre pensieri positivi, aprendomi a nuove culture ed avvenimenti.In quanto a progetti, mi trovo a lavorare ora al mio più grande progetto di vita, inteso come esplorare il mondo e le sue meraviglie a cavallo di una bicicletta, senza avidità, con calma, affrontando le difficoltà nel migliore dei modi, e senza lasciarmi sfuggire alcuna occasione. La mia filosofia di vita è basata su uno stile di vita semplice, umile, essenziale, che si concentra più sull’essere che sull’apparire.
Un grazie speciale a tutte quelle persone che mi hanno supportata in questo viaggio… con ospitalità, donazioni, sponsor. Un grazie di cuore a chi come Elisa Tavernaro, anche lei di Primiero, mi ha messa in contatto col fratello Filippo che vive a Dubai da diversi anni e che mi ha aiutata nel migliore dei modi. Grazie a Giorgio Gobber, che è riuscito a venirmi incontro nei miei imprevisti. Valentina