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Diga del Vanoi, la Provincia di Belluno sollecita analisi accurate di fabbisogni e sprechi idrici

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Padrin e Bortoluzzi: «Definire obiettivi a lungo termine piuttosto del nuovo bacino. La siccità non è un evento episodico»


 

Belluno – «Credo che i tempi siano maturi per condividere – montagna e pianura insieme – la necessità di una gestione attenta e parsimoniosa della risorsa idrica. Sappiamo tutti quali sono le esigenze dell’agricoltura, e quanto sia urgente arginare gli effetti climatici sulla disponibilità idrica. Ma non serve creare opere faraoniche e irrispettose degli ecosistemi e delle popolazioni che li abitano per realizzare gli obiettivi di conservazione dell’acqua. In tal senso, ribadisco la netta contrarietà della Provincia alla diga del Vanoi. Montagna e pianura devono essere alleate e non vedersi l’un l’altra come competitor su un tema – quello della risorsa idrica – che riguarda tutti, nella stessa misura». Lo dice il presidente della Provincia di Belluno Roberto Padrin, dopo il primo evento di dibattito pubblico per il progetto di costruzione della diga del Vanoi.

La Provincia di Belluno infatti propone – lo aveva già inserito nelle premesse delle due delibere di consiglio con cui si oppone alla creazione del nuovo invaso – almeno due linee di intervento: da una parte l’ammodernamento delle opere irrigue, ancora troppo spesso basate su sistemi a scorrimento, con grande spreco della risorsa idrica; dall’altra la riconversione delle colture in base alle mutate condizioni climatiche. Perché non è solo la carenza d’acqua a incidere ma ci sono anche l’aumento delle temperature che arroventano i terreni e l’evaporazione. Non solo in pianura, ma ormai anche in montagna.

Dalla prima tappa del dibattito pubblico, giovedì pomeriggio, è emerso che la soluzione progettuale più semplice sarebbe quella di realizzare un invaso da circa 20 milioni di metri cubi d’acqua, il più piccolo tra quelli inseriti come alternative di progetto. «Una quantità d’acqua importante, ma non imponente. Sicuramente superabile con adeguate misure di risparmio idrico, nel momento in cui si riesca a intervenire puntualmente sulla riconversione delle infrastrutture irrigue» sottolinea il consigliere provinciale delegato al demanio idrico, Massimo Bortoluzzi. «Il primissimo passaggio da effettuare, di cui non ho sentito cenno ieri nel corso della presentazione del progetto, è l’analisi degli attuali sistemi irrigui e della loro efficienza rispetto al fabbisogno idrico delle singole colture. Si sa, infatti, che ciò che la pianta non è in grado di assorbire, si disperde.  Seguono immediatamente la modifica e l’ammodernamento dei sistemi di irrigazione. A questo proposito mi chiedo anche come mai il Consorzio di Bonifica non abbia considerato quanto il Commissario per l’emergenza idrica sta elaborando a livello nazionale, di concerto con i soggetti istituzionalmente preposti quali le Autorità di Bacino distrettuali, e abbia inteso perseguire un approccio così poco attento alle indicazioni stesse del Pnrr, in particolare al principio “Do No Significant Harm” (Dnsh) in base al quale gli interventi previsti dai Piani ripresa e resilienza nazionali non devono arrecare alcun danno significativo all’ambiente. Nel caso Vanoi si cancella un intero corpo idrico, tanto per dire».

In secondo ordine, la Provincia riporta all’attenzione il tema dello sghiaiamento dei bacini. «Che è un altro aspetto rilevante, peraltro già inserito nel piano anti-siccità del Commissario straordinario» sottolinea il consigliere delegato Bortoluzzi. «La pulizia degli invasi dai sedimenti è la base per ripristinare la loro capacità iniziale, compromessa nel tempo dal naturale trasporto solido dei corsi d’acqua ma anche, e questo riguarda la difesa del suolo, per ripristinare la completa funzionalità degli organi di manovra degli sbarramenti. Prima sarebbe necessario, però, avere un’idea sui siti di deposito di questi sedimenti poiché pare poco realistico pensare alla sola fluitazione lungo le aste di torrenti e fiumi. Già questo accenno, da solo, dovrebbe far capire come la gestione della risorsa idrica sia un affare estremamente complesso, con ripercussioni in numerosi altri settori, che devono essere affrontate prima di intervenire, non dopo. Mi pare che questa analisi sia assolutamente assente in quanto è stato presentato. Mi pare che si parta dalla fine, cioè dal bacino di accumulo, non dall’inizio, cioè da una razionalizzazione dell’irrigazione e delle coltivazioni. Quanto agli altri effetti benefici del supposto bacino, si utilizzi al meglio il lago del Corlo o il lago del Senaiga per laminare le piene e si permetta alle falde di ricaricarsi naturalmente lasciando scorrere l’acqua nei fiumi e nei torrenti».

La prima presa di posizione dopo l’incontro online

«Confermato che la diga del Vanoi per noi non si deve fare – si legge in una nota diffusa dalla Provincia di Belluno -, ci auguriamo che le prossime tappe del dibattito pubblico siano un vero e proprio dibattito, con contraddittorio. Al momento infatti siamo alla perdita di tempo». Lo dice il consigliere provinciale delegato al demanio idrico Massimo Bortoluzzi, che ha partecipato giovedì pomeriggio, con la struttura tecnica della Provincia al primo evento di dibattito pubblico – in modalità webinar – relativo al progetto del bacino del Vanoi.

«Le premesse fatte dai tecnici di questo evento – si legge – sono inquietanti: è stato detto che la parte dibattimentale non sarà decisoria ma rappresenta l’esercizio del diritto di partecipazione. Di fatto, non c’è stata possibilità di contraddittorio. E poi i progettisti hanno già detto che la soluzione zero da parte loro è esclusa, perché non realizzare l’opera significa non raggiungere gli obiettivi previsti dalla realizzazione dell’opera. Al di là del carattere lapalissiano della considerazione – tutta a favore dei proponenti – non è stata neppure considerata l’alternativa alle esigenze messe in evidenza, che sono quelle di immagazzinare acqua a uso irriguo».

La provincia di Belluno, precisa ancora: «Non è stata considerata l’alternativa di migliorare le infrastrutture di irrigazione e neppure il cambio delle colture, con un’agricoltura più adatta alle mutate condizioni ambientali e climatiche. La Provincia ha già deliberato due volte – all’unanimità – la sua contrarietà al bacino del Vanoi: presenteremo un sistema di osservazioni tecniche per ribadire il concetto. Nella speranza che le prossime tappe del dibattito consentano davvero di affrontare la questione in maniera seria, valuteremo se partecipare all’evento in presenza a Canal San Bovo, dato che alla luce di quanto visto oggi pare proprio che questi incontri siano inutili, un’apertura solo formale e non incisiva sulla decisione finale, e pertanto non diano valore alla voce del territorio. Un territorio – conclude la nota – che un anno fa ha ricordato il Vajont a 60 anni di distanza dalla tragedia».

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One Reply to “Diga del Vanoi, la Provincia di Belluno sollecita analisi accurate di fabbisogni e sprechi idrici

  1. A prescindere dell’opportunità o meno di realizzare l’opera trovo menzionare il Vajont quantomeno discutibile ed a parer mio fa crollare la credibilità di chi ha fatto questo intervento. Cosa devo intuire da questo riferimento, che la diga potrebbe crollare o potrebbe venire giù la montagna? Se c’è una cosa che quella tragedia ha insegnato è un approccio molto diverso alla realizzazione di quel tipo di opere che è stato assorbito a livello normativo. Non fare nulla perché c’è un precedente del genere è pazzesco, una dichiarazione di resa da parte della politica ed in prospettiva, visto che non esiste attivita umana che non abbia pericolosità anche minima, significa tornare all’età della pietra

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