L’alluvione del 1966 e quella di quest’anno: due eventi simili ma molto diversi. Ecco l’analisi nel dettaglio degli eventi
di Ervino Filippi Gilli
NordEst – Ho sentito più volte in questi giorni, paragonare quello che è successo lunedì 29 ottobre con la ormai leggendaria alluvione del 4 novembre 1966 di cui solo due anni fa ricorreva il cinquantennale. Sono sempre stato convinto che due alluvioni, anche a distanza ravvicinata come quelle di cui sto scrivendo, siano difficilmente paragonabili in quanto le cosiddette “condizioni al contorno”, non sono mai le stesse.
Credo che sia importante, a questo punto, analizzare i dati per poter trarre delle conclusioni non dettate dall’emozione del momento ma dalla ragionevolezza dei numeri. Due fatti (o cose, o eventi, ecc.) sono paragonabili solo quando si trovano nelle stesse condizioni di partenza; un esempio per tutti: versare un metro cubo d’acqua in un lago non è la stessa cosa che versarlo in un bicchiere. Il volume versato è lo stesso, il metro cubo, ma il recipiente è diverso e l’effetto finale è di conseguenza differente.
Ma vediamo le condizioni di partenza che possono aver influenzato la risposta dei bacini idrografici all’intensa precipitazione che ha generato le due piene. Credo che tra i tanti, si debbano tener presenti almeno gli aspetti che riassumo in tabella successiva.
numero eventi |
Durata giorni |
30 giorni prima |
Bosco |
Mezzi presenti |
Briglie |
|
1966 |
2 |
2 |
più |
meno |
Meno |
meno |
2018 |
1 |
3 |
meno |
più |
Più |
più |
Per cominciare è bene precisare che le grandi alluvioni (1767, 1882-1885-1889, 1966) non sono eventi isolati ma avvengono con due o più pulsioni e per rimanere al 1966 ricordo che già in agosto c’era stata una alluvione importante che aveva certamente sconquassato sia la rete idrografica che il territorio minandone la stabilità e favorendo quello che poi sarebbe successo in novembre. Ricordo bene questa alluvione ferragostana: la portata del Cismon, all’occhio di in bambino di otto anni, era simile se non maggiore di quella di lunedì.
Il bosco
Un secondo aspetto è la presenza del bosco: certamente le superfici boscate nel 1966 erano molto minori e, nel contempo, erano più vaste quelle prative. Oltre a ciò il bosco era sicuramente di qualità inferiore (meno massa, struttura diversa) e pertanto aveva una capacità inferiore nel trattenere/regimare le acque.
Mezzi in azione
Sia i Corpi dei Vigili del fuoco (a cui non saremo mai abbastanza grati per come si sono prodigati in questi giorni assieme a tutti gli altri Corpi e persone che sono intervenuti) che le imprese locali hanno mezzi meccanici inimmaginabili.
Nel 1966 quando un paio di “Campagnole” e qualche pala cingolata erano tutte le macchine disponibili sul territorio. E’ altresì indubbio che in quest’ultimi cinquanta anni i “Bacini Montani” abbiano lavorato intensamente (e bene) sui corsi d’acqua.
In molti anni di lavoro, sono state realizzate una miriade di opere che hanno salvato in gran parte il territorio dalle esondazioni/erosioni dei torrenti.
I dati meteo
Veniamo ai dati di pioggia considerando prima di tutto quello che è successo nei trenta giorni prima dell’alluvione.
Stazione meteo |
1966 |
2018 |
E’ immediatamente evidente che nel 1966 il terreno era saturo d’acqua mentre l’ottobre di quest’anno era stato siccitoso e pertanto la quota di infiltrazione è stata diversa. |
Caoria |
276,8 |
22,4 |
|
Canal San Bovo |
292,9 |
26,0 |
|
San Martino di Castrozza |
209,4 |
22,4 |
|
Tonadico |
250,0 |
27,8 |
|
Passo Cereda |
286,0 |
33,2 |
Un secondo aspetto è che la piena del 1966 avviene a seguito di due giorni di pioggia intensa e continua mentre in questa del 2018 la pioggia è durata tre giorni e, per fortuna, c’è stata una pausa di alcune ore che ha favorito il parziale sgrondo delle acque.
Quanto è piovuto?
1966 |
2018 |
Ho evidenziato i valori di Tonadico in quanto il dato che compare è solo stimato causa la distruzione della stazione meteo durante la piena. Tutti i valori sono tratti dall’archivio di Meteotrentino | |
Caoria |
310,4 |
353,8 |
|
Canal San Bovo |
307,3 |
339,2 |
|
San Martino di Castrozza |
228,6 |
362,2 |
|
Tonadico |
230,0 |
379,4 |
|
Passo Cereda |
491,6 |
606,0 |
Sicuramente questa volta è piovuto di più ma, come ricordato in precedenza, quest’anno è piovuto un giorno in più.
Il Vento (con la V maiuscola)
Quello che ha caratterizzato questo evento più che la pioggia è sicuramente il vento che ha devastato gran parte del bacino del Cismon e del Vanoi. E’ sotto l’occhio di tutti il Monte Bedolè che guardato dal fondovalle non è più riconoscibile. Analogo discorso vale per la Val Canali che da Villa Welsperg verso monte vede il bosco abbattuto su vaste plaghe. E la valle del Vanoi non se la passa sicuramente meglio. Quantificare i volumi abbattuti non è possibile al momento: se nel 1966 i soli boschi pubblici avevano avuto quasi 95.000 metri cubi di legname schiantato, credo che questa volta il quantitativo sia da moltiplicare almeno per tre se non di più.
In definitiva se i valori pluviometrici possono essere stati maggiori di quelli del 1966, la risposta del reticolo idrografico questa volta è stata senza ombra di dubbio molto più contenuta e ciò grazie alle condizioni al contorno diverse: lo stesso si può dire delle frane che ci sono state ma, se guardiamo una qualsiasi delle foto del 1966, vediamo che nel complesso quest’anno non sono poi state così tante (ed anche il sifonamento del muro di sponda a San Silvestro che ha di fatto reso impraticabile lo Schener – bravi coloro che in un paio di giorni hanno risolto il problema – a ben vedere è niente in confronto ai lunghi tratti di strada asportati nel 1966).
Discorso diverso deve essere fatto per il vento che ha inciso decisamente in misura maggiore rispetto a quanto fece nel 1966 e che è il fattore per cui questa alluvione deve essere ricordata. Concludendo non è possibile dire se una piena sia stata più importante dell’altra: entrambe hanno devastato il territorio ma in modo diverso. E se per cicatrizzare i danni di quella del 1966 ci sono voluti quasi cinquanta anni, questa per come si è sviluppata lascerà il segno per un periodo molto più lungo.
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Bravo, ma non è una novità!
Bellissimo articolo, complimenti