Milano e Parigi sono da sempre le capitali della moda. In queste città, nel ‘fashion’, ha lavorato per oltre settant’anni pure Sergio Sanfilippo. Decano dell’ambiente, Sanfilippo ha conosciuto per motivi professionali molte persone, fra cui anche Maria Chenu Moutet, titolare dell’azienda di moda “Maria Carine” operante negli anni Cinquanta in Francia. Sanfilippo ha raccontato alla redazione de “LaVocedelNordEst”, l’incontro con l’amica Maria, conosciuta proprio a Primiero, con il grazioso appellativo di “Contessa”, nel settore del prêt-à-porter una vera antesignana
di Sergio Sanfilippo
e GianAngelo Pistoia
NordEst – «Sono passati più di quindici mesi dalla scomparsa di Maria e desidero ora dedicarle alcune riflessioni in ricordo di una donna di grande valore sia in ambito professionale che in quello umano. Maria ha vissuto una lunga vita, piena di eventi pubblici e privati e sempre ha dimostrato coraggio, ingegno innovativo unito ai valori fondanti della vita. Io scrivo di Maria avvalendomi del suo nome di battesimo. Lo faccio perché sono sicuro che anche a lei avrebbe fatto piacere. Nei rapporti che ho avuto con Maria, anche se improntati a una vera amicizia e simpatia, ci siamo sempre dati del Lei e naturalmente in francese del Voi. Altri tempi, non se migliori o peggiori: io ho 93 anni.
Ho conosciuto Maria nel 1957 quando fui incaricato dal concessionario italiano della maison “Lanvin”, di organizzare la produzione e la distribuzione in Italia di alcuni articoli di abbigliamento femminile. Maria era uno dei miei contatti di lavoro a Parigi. Maria capì che il benessere crescente del dopoguerra in Europa e negli Stati Uniti avrebbe coinvolto anche molte donne, desiderose di vestirsi bene e di dedicarsi a lavori appaganti. Però solo pochissime, le più ricche, potevano acquistare abiti di alta moda. Maria intuì – per prima al mondo – che gli abiti di alta sartoria, ideati e creati da grandi “couturiers”, prodotti seppur artigianalmente e con un’ottima qualità dei tessuti ma in serie, in congrue quantità e con prezzi abbordabili potevano soddisfare le esigenze di una pluralità di donne benestanti. Con Maria nacque “il prêt-à-porter” moderno.
Maria, agli inizi degli anni Cinquanta fondò nel comune di Neuilly-sur-Seine, poco distante da Parigi, l’azienda “Maria Carine”, specializzata agli esordi nella produzione di capi di prêt-à-porter griffati per Jacques Heim a cui si aggiunsero poco dopo la quasi totalità delle maison transalpine di alta moda: da Lanvin-Castillo a Jean Desses, Guy Laroche, Maggy Rouf, Madeleine de Rauch, Grès, Carven e Michel Goma solo per citarne alcune.
Maria Chenu Moutet è stata nel settore del prêt-à-porter una antesignana. I suoi abiti, sebbene di fascia intermedia, avevano le cuciture ancora rifinite a mano nella tradizione dell’alta moda. Concluse le consuete sfilate semestrali ogni stilista consegnava a Maria gli schizzi preparatori dei capi di alta moda portati in passerella affinché realizzasse i prototipi degli abiti da destinare al mercato del prêt-à-porter. Ciascun modello veniva tagliato a mano nei laboratori parigini di “Maria Carine” utilizzando i medesimi tessuti del capo originale e dopo aver ottenuto l’assenso dei “couturiers” i modelli venivano consegnati a delle abili sarte per la confezione dei capi da immettere sui mercati internazionali a prezzi calmierati.
All’apogeo della produzione erano oltre cinquecento le sarte che anche a domicilio collaboravano con Maria Chenu Moutet. L’innovativa idea di Maria riscosse un inatteso e grande successo in Francia, in Europa ma soprattutto negli Stati Uniti dove all’apice della produzione riuscì a vendere oltre 10.000 abiti di prêt-à-porter all’anno. Grazie ai miei precedenti rapporti di rappresentanza per la maison “Lanvin”, Maria mi affidò l’incarico di distribuire i suoi abiti in Italia e quindi organizzai per lei delle sfilate al “Principe di Savoia” di Milano che ottennero un discreto successo, nonostante che i prezzi dei capi, sebbene di prêt-à-porter, almeno per il mercato italiano fossero abbastanza elevati.
Allora come adesso la moda segue delle fasi cicliche e ricorrenti. Fatto sta che un’azienda tessile francese, la Mendès – creata nel 1902 dall’omonimo sarto – dopo aver collaborato per quasi un decennio con “Maria Carine” nel 1967 la acquisì. Nonostante questo triste epilogo della propria azienda, Maria non si scoraggiò. Alcuni anni dopo lanciò, avvalendosi anche della mia collaborazione, una nuova linea di abiti prodotta in Italia con il nome però di “182, Faubourg Saint Honoré”, via dove nel frattempo aveva aperto una sua boutique a Parigi.
Queste vicissitudini rafforzarono la nostra intesa professionale. Tant’è che nel 1973 Maria mi ospitò nella sua casa di New York. Mi fece da guida nella scoperta della metropoli americana e mi presentò – quale suo fidato sodale – ai responsabili degli acquisti dei grandi store newyorchesi specializzati in moda. Nel 1977 fui invitato da Maria a trascorrere, con mia moglie Angela una breve vacanza nella “baita” che aveva a Primiero. Maria amava molto la montagna, era un’ottima scalatrice e per questa ragione volle appunto acquistare una villetta nelle Dolomiti.
Sono in contatto ancora oggi con delle persone che hanno avuto modo di conoscere Maria anche al di fuori dell’ambito lavorativo. Mi hanno raccontato di come Maria li abbia sostenuti, in circostanze di particolare bisogno non solo materiale ma anche morale e si sia adoperata per dare loro un concreto aiuto.
Ho avuto altre occasioni di incontrare Maria a Milano ma a un certo punto ci siamo persi di vista. Così è la vita! Per questo non sapevo che Maria avesse scelto la valle di Primiero quale suo “buen retiro”. Fossi stato a conoscenza prima di questa sua scelta esistenziale forse l’avrei ricontattata. Sono sicuro che lei mi avrebbe invitato nuovamente in val Canali a Primiero, per rammentare assieme le nostre esperienze lavorative passate. Questi ricordi sono inseriti anche in un mio libro autobiografico dal titolo “Una lunga vita” che ho pubblicato nell’aprile del 2022. Ho appreso della sua morte solo alcuni giorni fa navigando sul web in cerca di amici che avevano condiviso con me la loro vita professionale. Mi è spiaciuto molto.
Ciao Maria. Con commozione e amicizia, Sergio».
Sono la figlia di Maria Moutet. Mi ha molto commossa leggere questo articolo, perche era fatto con tanta gentilezza…Vivo negli Stati Uniti, però abbiamo sempre la casa della mamma ai Piereni, in cui ha vissuto per quasi 60 anni. Saluti