Nel ricordo di Chiara Lubich e la sua grande comunità
di Oreste Paliotti
Primiero (Trento) – Luigi Negrelli (1799-1858), trentino di Fiera di Primiero, fu ingegnere civile con la passione di avvicinare popoli e nazioni, noto soprattutto per il suo progetto del Canale di Suez. E proprio in una sala a lui dedicata nella sua città natale – e poi nella vicina Tonadico – ha preso il via, il 16 luglio scorso, un affollato evento celebrativo del 75° anniversario di un originale “patto di unità” stretto il 16 luglio 1949 tra Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, e lo scrittore e politico Igino Giordani: un patto spirituale, ma foriero di impensati sviluppi un po’ in tutto il mondo, tra la giovane trentina e il tiburtino deputato al Parlamento italiano (aveva quasi il doppio dell’età di lei), due cristiani convinti che il Vangelo e la santità sono accessibili ad ogni categoria di persone.
E proprio per sigillare questo anelito, raggiunta Chiara a Tonadico, dove con alcune delle prime compagne stava riposandosi da un lungo periodo di fatiche apostoliche a Roma, Giordani chiese di poterle fare un voto di obbedienza, così come i seguaci di Caterina alla santa senese. Chiara, tuttavia, non ritenendo che un simile voto esprimesse al meglio la sua vocazione all’unità, gli propose a sua volta un “patto di unità” sulla base del Vangelo in Gesù Eucaristia, da ricevere l’indomani alla comunione nella chiesa dei cappuccini a Primiero. Fu per la Lubich e per Giordani, grazie alla condivisione con lei, l’inizio di un’esperienza mistica che, in una sequenza di visioni intellettuali, portò entrambi a intuire quale fosse il divenire della storia umana (tutte le cose tendono all’amore tra loro e all’unità) e la stessa fisionomia che il Movimento sorto a Trento fra le rovine dell’ultima guerra avrebbe avuto nel disegno di Dio.
In questi ultimi anni – come ha ricordato il prof. Alberto Lo Presti, uno dei relatori dell’incontro di Primiero, il Centro studi dei Focolari, la “Scuola Abbà”, sta portando alla luce e approfondendo tale patrimonio, insieme ad altri interlocutori di ogni fede religiosa, di ogni cultura, che attingono a queste pagine per interpretare il mondo di oggi. Ed ecco perché possiamo farne anche un’esperienza da cui anche tante discipline scientifiche attingono, per capire come l’avanguardia della nostra civilizzazione oggi si misuri con i temi più importanti che indicano il ruolo dello spirito dell’uomo in un mondo ipertecnologizzato».
Non sta a me entrare in merito a questa esperienza illuminativa che ricorda quella di altri mistici. Non vorrei tralasciare, tuttavia, qualche riflessione al riguardo di Piero Coda, teologo e anche lui tra i relatori: «Se il discepolo vive la fede in un cammino prevalentemente individuale, certamente è già in Cristo risorto, ma difficilmente – se non per una grazia particolare e in qualche momento della vita soltanto – gli è dato di sperimentarlo quaggiù. Se invece vive l’unità con i fratelli in Gesù, allora la realtà del Cielo in cui il Signore ci ha già portati con sé diventa in certa misura sperimentabile nella quotidianità della vita».
Del resto, la stessa Chiara ha sempre indicato in tre “comunioni” caratterizzanti quel periodo di luce le condizioni necessarie per partecipare alla “grazia del ’49”, in modo che essa sia una realtà costante della propria vita di cristiani chiamati alla santità: la comunione con Gesù Eucaristia, con la Parola di Dio e con il fratello. Grazie ad esse, se ben vissute, si rende possibile – assicurava lei – l’unità in Cristo. Tre comunioni che sono state e continuano ad essere radice di ogni ulteriore sviluppo di quest’opera di Dio e oltre, al di la delle previsioni e le forze umane.