Sulla vicenda il presidente Caveri ha commentato, irato, che "il traforo del Monte Bianco stia diventando una specie di organismo estraneo alla Valle d'Aosta, e lo è perché la maggior parte dei dirigenti del traforo del Monte Bianco sono dei dipendenti romani, che sono in una bella palazzina, a Roma, come per il Belgio quando il Congo era una sua colonia".
"Oggi non è una questione di numeri – ha aggiunto Caveri – fissare quel tetto è stata per noi una logica di buon senso e invece scopriamo che oggi esiste una logica rapace e liberalizzatrice che noi ovviamente non condividiamo e che apre una luce molto chiara sulla questione eventuale del raddoppio del traforo del Monte Bianco".
La polemica ha viaggiato velocemente ed è arrivata anche alle orecchie del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Alfonso Pecoraro Scanio che, nel considerare negativa l’iniziativa del Consiglio d'Amministrazione della Società Traforo Monte Bianco spa, ha dichiarato come "La decisione del Consiglio regionale della Valle d'Aosta, che aveva fissato un limite, per altro già elevato, al transito dei veicoli pesanti nel traforo va rispettata".
"Il Monte Bianco– ha aggiunto – è un patrimonio nazionale che il Ministero dell'Ambiente ha già proposto, in via preliminare, per l'iscrizione nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Umanità e che va preservato e tutelato con forza ed in tutte le sedi".
Sulla polemica è poi intervenuta anche la stessa Società italiana per il traforo del Monte Bianco che in una nota ha evidenziato che "Il limite di 1.600 transiti di veicoli pesanti fissati dalla delibera regionale appare sostanzialmente arbitrario, soprattutto se assunto in modo rigido e non inteso come un limite dinamico, suscettibile di variazioni in funzione dei futuri accertamenti relativi alla qualità, e non solo alla quantità, dei veicoli in transito internazionale".
"Ne consegue – continua la nota – che la delibera in oggetto viene ad assumere i connotati del 'fatto pregiudizievole' per la società concessionaria del Traforo, fatto che coinvolge la responsabilità degli amministratori qualora non agiscano per 'impedirne il compimento e eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose". L’iniziativa del CdA della SITMB vuole verificare l'eventuale sussistenza di profili di impugnabilità della delibera stessa "anche alla luce della vigente Convenzione tra l'Italia e la Francia oltre che per le evidenti difficoltà di applicazione, senza per questo voler interferire con l'autonomia decisionale della Regione".
Infine per Alexandre Glarey, rappresentante delle associazioni ambientaliste nel Comitato regionale trasporti, la scelta della Sitmb non rappresenta una sorpresa. "La loro filosofia è sempre stata di guadagnare quanti più soldi possibili, sacrificando l'ambiente, la salute e la sicurezza dei cittadini al profitto. Del resto, è questa la logica che ha portato alla tragedia del 1999" sostiene infatti in una nota "Lo strumentale richiamo al 'bau-bau' centralista – si legge ancora nella nota – è ridicolo: la società è infatti una SpA, che ha come fine il profitto e per questo è partecipata da imprenditori privati come la Società autostrade per l'Italia". "Piuttosto perché il Presidente della Regione – si chiede Glarey – non ha informato subito la comunità valdostana, le istituzioni competenti, tra cui il Comitato regionale trasporti, di quanto stava accadendo? Nel Cda ci sono, infatti, ben due rappresentanti della Regione, di cui uno di fresca nomina, in quota Stella Alpina. E perché tali rappresentanti non hanno votato contro, anziché astenersi? Il Monte Bianco e il diritto alla salute delle sue genti vanno tutelati con serietà e non strumentalizzati per fini elettorali".