La ‘diagnosi’ è dei ricercatori dell’Università di Milano, che dal 2007 stanno monitorando la situazione dai ghiacciai del gruppo montuoso Dosdè-Piazzi, in Alta Valtellina, e che per il 2013 puntano a realizzare il nuovo catasto di tutti i ghiacciai italiani.
Da 8 a 3 chilometri quadrati in 60 anni: a tanto ammonta il ritiro dei ghiacciai del Dosdè-Piazzi, ‘che dagli anni Cinquanta ad oggi hanno perso più della metà della loro superficie, proprio come sta accadendo anche agli altri ghiacciai alpini’, spiega Claudio Smiraglia, glaciologo dell’ateneo milanese.
‘I dati che più ci preoccupano – prosegue l’esperto – riguardano la riduzione dello spessore dei ghiacci, che ha fatto registrare una brusca accelerazione proprio in questi ultimi anni’. Smiraglia rileva che ‘se negli anni Novanta i ghiacciai del Dosdè-Piazzi perdevano circa un metro di spessore ogni anno, in questo ultimo decennio siamo arrivati a 1,5 metri. Nel corso del 2012 abbiamo registrato addirittura una perdita di spessore di 2,5 metri a una quota di ben 2.700 metri’.
Numeri preoccupanti se si pensa che il ghiacciaio Dosde’ ha una profondità di circa 60 metri: ‘se perde più di un metro l’anno – commenta Smiraglia – il suo destino è facilmente calcolabile’. La stessa sorte potrebbe toccare a tutti gli altri ghiacciai italiani, ‘caratterizzati da uno spessore ridotto di poche decine di metri’.
Difficile trovare soluzioni che possano mitigare gli effetti dello scioglimento dei ghiacci. ‘La copertura con teli di polipropilene e materiali biologici che riflettono la luce solare si è dimostrata abbastanza efficace – spiega Smiraglia – ma si tratta di interventi molto costosi che non possono essere usati su vaste superfici: al massimo è possibile usare qualcuno di questi ‘cerotti’ per proteggere solo le aree più critiche di un ghiacciaio a rischio di frattura’.
Una fotografia più dettagliata della situazione potrà venire dal nuovo catasto dei ghiacciai italiani, che l’università di Milano condurrà in collaborazione con il Comitato Ev-K2-Cnr e con il patrocinio del Comitato Glaciologico Italiano, grazie al contributo del Gruppo Sanpellegrino. Dal confronto con i precedenti censimenti, realizzati negli anni Sessanta e Ottanta, sarà possibile valutare lo stato di conservazione del patrimonio ‘freddo’ delle nostre montagne.