A spingere per l’accordo è stata la consapevolezza dell’escalation nel surriscaldamento del pianeta
NordEst – A spingere l’accordo è stata la consapevolezza dell’escalation in atto nel surriscaldamento del pianeta con Il primo quadrimestre 2015 che è stato il più caldo di sempre a livello mondiale facendo registrare una temperatura media registrata sulla superficie della terra e degli oceani, addirittura superiore di 0,80 gradi celsius rispetto alla media del ventesimo secolo. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in riferimento all’accordo sul clima fra i sette leader del G7 di Elmau che prevede di mantenere l’aumento della temperatura globale entro il limite di 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali.
Il primo quadrimestre 2015 è stato il piu’ bollente dal 1880 ma è solo l’ultimo della serie di record che conferma la tendenza al surriscaldamento del pianeta secondo l’analisi della Coldiretti su dati Noaa, il National Climatic Data Centre. Infatti tra i 10 anni più caldi, da quanto sono iniziate le rilevazioni nel 1880, ben nove – sottolinea la Coldiretti – sono successivi al 2000. Il 2014 è in testa alla classifica degli anni piu’ bollenti davanti al 2010 che – continua la Coldiretti – è seguito dal 2005 e dal 1998 e poi a pari merito dal 2013 e dal 2003 e a seguire il 2002, il 2006 e il 2009.
La tendenza al cambiamento climatico è evidente anche in Italia dove il 2014 si è classificato come l’anno più caldo della storia, da quando esistono i rilevamenti climatici nel 1880, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr. L’anno scorso – sottolinea la Coldiretti – si è registrata una temperatura superiore di 1,45 gradi rispetto alla media ma che l’Italia abbia la febbre è confermato che anche nella Penisola ben nove dei dieci anni più caldi che sono successivi al 2000. Dopo il 2014 – precisa la Coldiretti – ci sono il 2003, 2007, 2012, 2001, poi il 1994, 2009, 2011, 2000, 2008.
Bisogna affrontare – sostiene la Coldiretti – i drammatici effetti dei cambiamenti climatici che si manifestano anche con il moltiplicarsi di eventi estremi, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi ed anche l’aumento dell’incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti che colpiscono l’agricoltura. Nel lungo periodo sono numerosi gli effetti dei cambiamenti climatici sull’agroalimentare nazionale. Secondo una analisi della Coldiretti il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni, ma si è verificato nel tempo – secondo la Coldiretti – anche un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo che è arrivato quasi a ridosso delle Alpi. Nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee. Un effetto che si estende in realtà a tutti i prodotti tipici.
Il riscaldamento provoca infatti anche – precisa la Coldiretti – il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto – conclude la Coldiretti – mette a rischio di estinzione il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani