di Annalisa Borghese
Dentro di noi la felicità c’è. Ma siamo proprio sicuri che vogliamo essere felici? Perché anche quando lo sosteniamo e pensiamo di crederci, facciamo poi cose che non ci rendono felici.
Istruzioni ne abbiamo a iosa, ma metterle in pratica non è immediato. Non siamo abituati a provare felicità. Certo, l’imprinting ha il suo peso, la cosiddetta felicità costituzionale e la cultura del “prima il dovere e poi il piacere”, ma non è tutto.
Molto dipende dalle scelte che facciamo, dal giudizio che abbiamo su noi stessi, dall’inflessibilità con cui conduciamo la nostra esistenza. E anche dal contesto. Tuttavia le circostanze della vita sembra influiscano meno delle scelte personali. In altre parole, prima ancora di cercarla, bisogna credere nella felicità per poterla sentire.
Immaginiamo di poter guardare il nostro Pianeta dall’altro, non vi sembra una follia quello che sta succedendo? Devastazione ovunque, violenza di ogni genere, privazioni, degrado. Ed essere infelici è la norma tanto che le persone felici danno fastidio. E sono comunque una minoranza. E poi come poter essere felici con tutta la sofferenza che c’è al mondo?! E via con i sensi di colpa dimenticando che cercando la nostra felicità non la sottraiamo agli altri. Anzi, una persona felice in più, è una luce in più in questa epoca di tenebre. Vi sembra poco?
Ripescando nelle cosiddette istruzioni: stop alle lamentele, non prendersi troppo sul serio, sorridere ogni tanto in modo da allentare la tensione del volto e un pausa di due minuti di respiro, consapevoli che stiamo respirando.
Questo è l’abc. Il resto potete scoprirlo riempiendo la parola “felicità” di quello che più vi piace. E, se vi interessa, provate ad ascoltare che cosa racconta in proposito la sociologa Daniela Di Ciaccio, magari sorseggiando una tisana della felicità. Tra gli ingredienti, basilico, cannella e luppolo che sembra favoriscano il buonumore.
“La felicità è una competenza che possiamo allenare”